CISS Torino |
L’uomo ha bisogno di verità |
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di Vito Piepoli
La questione antropologica, cioè la domanda sull’uomo o, con altra espressione, l’uomo come domanda, attraversa l’intera cultura contemporanea. <<Nessuna epoca – scrive Heidegger – ha avuto, come l’attuale, nozioni così numerose e svariate sull’uomo. Nessuna epoca è riuscita, come la nostra, a presentare il suo sapere intorno all’uomo in modo così efficace e affascinante, né a comunicarlo in modo tanto rapido e facile. È anche vero, però, che nessuna epoca ha saputo meno della nostra che cosa sia l’uomo. Mai l’uomo ha assunto un aspetto così problematico come ai nostri giorni>>. In quanto all’antropologia dei principi “non negoziabili” a cui fa riferimento Benedetto XVI e alla “verità sull’uomo”, iscritta nella comune natura umana, è proposta come normativa per tutti e riconoscibile da ciascun uomo. A questa “verità” vengono ricondotti i diritti e i valori propri della persona, che un tempo si chiamavano “indisponibili” e che ora, con nuova formulazione, vengono definiti non “negoziabili”, a partire dalla Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, della Congregazione per la Dottrina della Fede, del novembre 2002. <<Non si tratta di per sé – precisa la Nota – di “valori confessionali”, poiché tali esigenze etiche sono radicate nell’essere umano e appartengono alla legge morale naturale>> (n. 5). La stessa laicità, ancora secondo la Nota, <<indica in primo luogo l’atteggiamento di chi rispetta le verità che scaturiscono dalla conoscenza naturale sull’uomo che vive in società…>> (n. 6). A questa “verità” viene richiamato l’agire politico dei cattolici. Nel discorso al convegno ecclesiale di Verona, Benedetto XVI ha sostenuto che occorre fronteggiare con la stessa determinazione con la quale vengono affrontate le grandi sfide dell’umanità, <<il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, a alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell’ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale>>. Questa posizione del magistero pontificio solleva molti interrogativi e suscita non poche riserve non soltanto di carattere pastorale ma anche e innanzitutto, in sede filosofica e teologica. Ma “La Verità cristiana non si impone come un potere” ma come oggettività e come tale “purifica la ragione”. L’Occidente è in crisi perché “rassegnato a considerare l’uomo incapace di verità”, ha riferito Benedetto XVI a Mariazell in Austria. Ma “abbiamo bisogno di verità”, altrimenti non distinguiamo più il bene dal male. Inoltre il cristianesimo non è in ultima analisi una morale filosofica e teologica difficile ed incompresa che è in difficoltà perché deve giustificare un elenco di <<no>> imposti all’uomo. “E’ di più e qualcosa di diverso da un sistema morale” è “amicizia con una persona”, Gesù. E’ da questa amicizia che nascono i comandamenti del decalogo, che sono un <<sì>> alla vita, alla verità, alla famiglia, all’amore responsabile, alla solidarietà e quindi al “bene comune” da non confondere con il “bene pubblico”. Mentre il bene pubblico è il bene della società, il bene comune è il bene delle persone costituite in società. La differenza è sostanziale. L’uomo di cui parla Rosmini non è <<un cotal uomo astratto, o se così vogliamo chiamarlo, l’uomo della filosofia>>, ma <<un ente concreto e reale>> che insegue non la bontà o la felicità ma cerca di essere <<buono e felice>>. Il bene che la politica è in grado di perseguire è parziale rispetto all’intero bene dell’uomo ma, se orientato al bene totale, è “vero bene umano” e contribuisce a realizzarlo. Ma, la parzialità di quello che si pensa possa essere il “bene realizzato” può non essere riduttivo della totalità, come l’azione relativa della politica non compromette l’assolutezza dei principi che la ispirano, ma questo non è assolutamente scontato! Perché il bene pubblico tiene conto dei bisogni del corpo sociale e si risolve nel bene di alcuni o della maggioranza, mentre il bene comune tiene conto di ciascuna persona in quanto membro del corpo sociale. Dunque il “vero bene umano” è il bene di tutto l’uomo, alla cui realizzazione concorre anche la politica. E la democrazia? Don Luigi Giussani riferisce che “punto di partenza per una vera democrazia è l’esigenza naturale umana che la convivenza aiuti l’affermazione della persona, che i rapporti <<sociali>> non ostacolino la personalità nella sua crescita” . Non è quindi né una imposizione di sé o di un proprio gruppo né una rinuncia per “voler creare a tutti i costi una omogeneità <<lasciando da parte ciò che ci divide>>. “Nel suo spirito la democrazia non è innanzitutto una tecnica sociale, un determinato meccanismo di rapporti esterni; la tentazione è quella di ridurre la convivenza democratica a puro fatto di ordine esteriore o di maniera. In tale caso il rispetto per l’altro tende a coincidere con una fondamentale indifferenza per lui.” E’ necessario ed indispensabile invece che il criterio della convivenza umana sia l’affermazione dell’uomo <<in quanto è>>: allora l’ideale concreto della società sarà l’affermazione di una <<comunione>> tra le diverse libertà individuali o di gruppo, impegnate. Il cristiano è particolarmente disposto e sensibile a questo valore. Devo rispettare attivamente l’altro perché così come è, appartiene al mistero del Regno di Dio che è un mistero di bene. “Senza questo fondamento l’affermazione della persona come ultimo vero criterio di socialità non può essere sostenuta ed alimentata, ma tutto crolla e ridiventa sottilmente e violentemente ambiguo. Per questo Pio XI disse una volta:<<La democrazia sarà cristiana, o non sarà>>. (Giussani, Appunti di metodo cristiano) Allora l’ideale sarà il pluralismo, l’affermazione di tutte le libere ed autentiche esperienze particolari sociali. Ma la mentalità di oggi tende a identificare come <<democratico>> il relativista e come antidemocratico chiunque affermi una certezza per l’uomo. Questa è una falsa democrazia che tende anzi a svuotare l’essenza della sua missione e che può portare a perseguire sotto il fine di un <<bene pubblico>> (o meglio quello che si pensi possa essere un <<bene>>) un fattore invece di dissolvimento dell’uomo e della società. Per il cristiano la democrazia è convivenza, è dialogo. Questo è proposta all’altro di quello che io vivo e attenzione a quello che vive l’altro, che non implica affatto un dubbio di me o un compromesso. Ma affinché possa stare <<bene>> io e l’altro, la convivenza, il dialogo, in definitiva la democrazia che perciò non può essere fondata interiormente su una quantità ideologica comune ma sulla carità, devono avere come fine il riconoscimento della Verità. In pratica il riconoscimento di ciò che convenientemente fa bene all’uomo o sconvenientemente fa male, da rifuggire, affinché ne possa avere un vantaggio concreto ed essere più <<buono e felice>>. La “verità” di questo bene umano consiste nell’essere bene morale, cioè, bene dell’uomo in quanto “volontà intelligente” e, perciò, persona. Solo il bene morale è bene personale: bene oggettivo e ordinato, non solo perché è voluto in conformità all’ordine dell’essere ma anche perché diventa criterio perfettivo di ordinazione gerarchica dei beni. Infine, il bene morale, voluto come giusto riconoscimento dell’essere nel suo ordine, perfeziona la volontà di giustizia. Sicché l’uomo è “buono” nella misura in cui diventa “giusto”. E allora? ”La verità vale più della democrazia” è il titolo di un recente articolo del vescovo Alessandro Maggiolini, democrazia come metodo per giungere alla Verità che può non essere quella fissata dalla maggioranza dei <<pareri>> delle persone che compongono una società. Non basta la maggioranza per affermare il giusto, ma le ragioni. La quantità delle opinioni non misura la verità di queste. Se in uno Stato si decidesse di far morire un uomo innocente anche se malato gravemente, è una ingiustizia disumana. Questo vuol dire che deve esistere una salutare verità più forte del voto della maggioranza, anzi una verità oggettiva e naturale che non può essere sottoposta ai voti: il valore della vita a tutti i costi! La democrazia attuale risente molto del relativismo e dello scetticismo per cui è sempre meno strumento di riconoscimento della Verità e non solo. Eppure, gli Stati democratici moderni, devono la loro costituzione al riconoscimento di una Verità naturale dell’uomo. Ma purtroppo ora come ha scritto Maggiolini, “Se non si è più che attenti la democrazia si orienta a diventare la <<dittatura del relativismo>>”. E come si esprime Benedetto XVI : la democrazia sta diventando sempre più la forma moderna della Torre di Babele, il simbolo della umanità che si sgancia dal riferimento all’autorità che proviene da Dio, per affermare brutalmente che <<il potere appartiene al popolo>>, dimenticando la “carità cristiana” che si deve all’uomo e più che l“umiltà” che non è rinuncia a se stessi, una intelligente e coraggiosa apertura all’altro. Coraggiosa perché incondizionata per un servizio da rendere alla Verità, affinché possa riemergere per il bene dell’umanità tutta. Quindi, da una parte sta la possibilità di una democrazia strumento della Verità, bene per l’uomo e dall’altra di una democrazia che strumento del Relativo, si sostituisce in virtù di una maggioranza, alla Verità. Pertanto è doveroso concludere con il richiamo espresso dal Vescovo Maggiolini: “L’impegno per gli uomini di buona volontà – e aggiungerei di buona convinzione – si profila chiaro”.
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CISS Torino: «L’uomo ha bisogno di verità» di Vito Piepoli, Roma Rinascimento Popolare n.3 2008-02-24 |