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di Vito
Piepoli,
Responsabile Centro Internazionale Studi Sturzo -
Torino
E’
stato pubblicato un nuovo libro su Luigi
Sturzo
dalla casa editrice Rubbettino, dal titolo “La
libertà: i suoi amici e i suoi nemici ”.
E’ una
raccolta di brevi brani dalla lettura facile, data anche
l’attualità delle sue idee, tratti dall’Opera Omnia,
suddivisi per concetti che descrivono il suo profilo
ideologico, in maniera sintetica e completa.
Luigi
Sturzo (Caltagirone 1871 – Roma 1959) viene ordinato
sacerdote nel 1894 e consegue nel 1895 la laurea in teologia
e filosofia all’Università Gregoriana. Dal 1905 al 1920
è pro-sindaco di Caltagirone . Nel 1919 è tra i fondatori
del Partito Popolare. Strenuo oppositore del fascismo, fu
costretto all’esilio. Tornato in patria nel 1946, fu
nominato senatore a vita da Luigi Einaudi il 17 dicembre
1952. Si può ritenere un esponente di spicco nel
cattolicesimo liberale.
Tutti i mali che affliggevano negli anni cinquanta la
politica italiana e che a suo avviso avrebbero arrecato, con
il passare del tempo, danni sempre più rilevanti in campo
morale, politico ed economico avevano per il sacerdote
siciliano la loro radice nella negazione, nella violazione e
nella limitazione della libertà.
Per Sturzo “La
libertà è valore dello spirito: la libertà fa assumere le
responsabilità individuali e sociali ; la libertà fa
correre i rischi ; la libertà forma il cittadino, fortifica
il cristiano”.
La libertà, egli scrive, “non è un punto di arrivo”,
in quanto va difesa ogni giorno, va conquistata da ogni
generazione. “Liberi non si nasce , ma si diventa”. Essa
è il fondamento della democrazia, l’humus di ogni
sviluppo, in quanto i popoli non possono né vivere né
prosperare senza libertà.
Essa “dà veste morale all’autorità” e deve sempre
essere legata alla responsabilità e al senso dei doveri.
Inoltre, e questo è il punto di centrale importanza, “la
libertà è totale o non è libertà”.
Fedele
al famoso “grido” di Leone XIII (Tutti
proprietari, non tutti proletari), egli si schierò
subito a favore dell’iniziativa privata e contro
l’invadenza dello Stato “tuttofare”. Lo fece non solo
per motivi di efficienza economica, ma anche e soprattutto
per motivi morali. Capì che il senso di responsabilità e
il senso di autodisciplina, necessari per gestire bene il
dono della libertà, non potevano svilupparsi in presenza di
uno Stato padrone o in un sistema dove non circolava la
stimolante aria della libera concorrenza. Era convinto che
l’invasione di campo della politica nell’economia
avrebbe creato disavanzi e corruzione. Egli, prima di Luigi
Einaudi, ebbe l’opportunità di applicare sin da giovane
le sue buone idee sul terreno concreto dell’azione
politica ed amministrativa. E si accorse che funzionavano.
Di qui la sua “grinta”, spesso polemica, la sua
perseveranza, la sua intransigenza contro ogni compromesso (“la
politica non è l’arte del possibile, ma l’arte di
prevedere bene per provvedere bene”), la sua coerenza
durata tutta la vita intorno a valori e principi, che egli
considerava derivanti da leggi naturali piuttosto che da
leggi economiche.
Tra
politica, morale e libertà vi è per Sturzo un legame
inscindibile e, per di più, tale legame non è estrinseco,
ma intrinseco. A suo avviso, affermare la moralità della
politica equivale a sostenere che la politica è e deve
essere al servizio degli interessi di tutti e non già di
pochi o di uno solo. “Più il vantaggio cercato – egli
scrive – è d’interesse generale e più la
politica diventa morale; più questo vantaggio si restringe
ad un piccolo numero, e più la politica diventa
immorale”. Per chi si dedica o si dedicherà alla vita
politica, l’auspicio è che questo pensiero possa servire
da sua costante bussola. L’Italia ne ha un gran bisogno.
Il libro che ha 134 pagine. Se non fosse possibile trovarlo
in libreria telefonate al Centro Internazionale Studi Sturzo,
che risponde allo 3472293761.
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