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Conferenza
con il dr. Palladino, presidente del Centro Internazionale
Studi Sturzo, presso il Real
Collegio di Moncalieri (Torino) del 25 ottobre 2001
Padre
Bianchi
Porgo il benvenuto al dr. Palladino, presidente del Centro
Internazionale Studi Sturzo, al sindaco, al dr. Piepoli
responsabile del CISS di Torino e a tutti voi miei carissimi
amici, che ringrazio per essere intervenuti numerosi ad
incontrare questa sera una bella, anche se poco conosciuta:
la dottrina sociale della chiesa !!
Dal
momento che una delle ragioni di esistenza del centro, che
in questo luogo è nato tre anni or sono, è di mantenere
vive le linee, le motivazioni, qui da sempre coltivate, da
cui può sgorgare una vita più cristiana e più umana nei
suoi aspetti personali e sociali, ci è parso opportuno
dedicare l’incontro di questa sera alla dottrina sociale
della chiesa, per il fatto che un certo uomo, assieme a un
drappello di seguaci, ha passato la vita operando il bene, -
secondo quanto ci hanno testimoniato i vangeli – rendendo
gli ambienti dove esercitava, più vivibili, cosa di cui
c’è tanto bisogno anche oggi stando ai tragici eventi di
questi mesi.
Vi
confesso che una delle cose che più mi ha affascinato nella
vita e aiutato a cambiare i rapporti con la gente, è stata
la scoperta del valore assoluto della persona; per cui
scorgo in ogni uomo non un essere sperduto e gettato sulla
terra chissà come e chissà da chi, ma un essere – fosse
il più dotato o anche il più povero – con cui il mistero
è entrato in rapporto e si disvela; un essere umano libero,
dove la dignità dell’uomo, la maestà della persona vige
sempre, viva, inattaccabile, perché creata “a immagine e
somiglianza di Dio”.
Da
notare che a questa realtà espressa nel concetto e nella
parola di “persona”, il pensiero umano è giunto
attraverso il cristianesimo; verità riconosciuta anche da
laici, come il filosofo Roger Garaudy che ha scritto:
“il
cristianesimo ha creato una nuova dimensione dell’uomo,
quella della persona. Nozione estranea al razionalismo
classico. Infatti i padri greci non erano in grado di
trovare nella filosofia greca le categorie e le parole di
questa nuova realtà. Il pensiero greco non era capace di
concepire che l’infinito potesse esprimersi in una
persona”.
E’
questo un pilastro per ogni umano rapporto, da cui tutte le
encicliche dipendono, nelle loro tematiche più varie, dalla
“Rerum Novarum” di Leone XIII alle ultime di Giovanni
Paolo II.
Ce
ne parlerà il presidente Giovanni Palladino, che ci verrà
ora presentato dal dr. Piepoli, responsabile del CISS di
Torino.
Ing.
Piepoli
Vorrei
cominciare con una citazione. Ce ne saranno un po’ nel mio
intervento breve ed introduttivo, per cercare di sollecitare
una riflessione. Una scrittrice inglese convertitasi al
cattolicesimo, ha osservato che “Gli uomini raramente
apprendono ciò che credono già di sapere”. Perché
questa citazione ?
Ma,
perché, e mi ci metto anch’io prima che incontrassi il
CISS, per esempio sulla Dottrina sociale della chiesa, sul
termine sociale e sulle conseguenze logiche intuitive
forzate da luoghi comuni, si è voluto leggere o peggio non
leggendo completamente, si è voluto interpretare a modo
proprio le encicliche e tutti gli insegnamenti della chiesa.
Per cui magari il sociale ci fa pensare esclusivamente,
(ed è qui il problema) al socialismo, al comunismo, alla
distribuzione della ricchezza, ai poveri, alla bontà che
uno deve avere nei confronti di questi, alla colpa magari
esistenziale che ti porta a voler emergere e ad avere di
più di qualcun altro, all’inconciliabilità di alcune
cose, alla pesantezza che il termine sociale ha, alla
severità del termine dottrina, alle encicliche dal titolo
in latino per cui sembrano che siano per addetti ai lavori,
belle esposizioni dottrinali, belle lezioni come quella che
potrebbe esserci stasera, lontane in ultima analisi dalle
nostre giornate, dalle nostre cose.
E’
questo il rischio che c’è nell’approssimarsi a questo
tema sia da parte vostra che da parte nostra. Se c’è
questo rischio anche stasera, ribaltiamo il tutto, e diciamo
pure a gran voce NON C’E’ NIENTE CHE NON CI INTERESSI
SE NON PERCHE’ CI RIGUARDA PERSONALMENTE, la chiesa
non fa la sua dottrina sociale per fare un partito da
imporre né tantomeno noi la leggiamo o ne parliamo questa
sera per portare acqua ad un ipotetico mulino. In realtà
niente è più vicino a noi e confacente alla nostra natura
che la dottrina sociale della chiesa.
La
dottrina sociale della chiesa parte da un sano realismo. Ho
voluto rileggere "Il senso religioso" di Giussani e seguire un
incontro pubblico con Cesana, perché sono due grossi
conoscitori della realtà, due grossi personaggi del nostro
tempo, con cui non si può non confrontarsi. Il Giussani
dice ne “Il Senso Religioso” a riguardo del realismo.
“Intendo con questo riferirmi all’urgenza di non
privilegiare uno schema che si abbia già presente nella
mente rispetto alla osservazione intera, appassionata,
insistente del fatto, dell’avvenimento reale.” Si
intende qui ciò che ci succede, la nostra esperienza
elementare che sostanzialmente è uguale per tutti. Ed
ancora dice “L’esigenza della bontà, della giustizia,
del vero, della felicità, ed io aggiungerei del bello,
costituiscono il volto ultimo, l’energia profonda con cui
gli uomini di tutti i tempi e di tutte le razze accostano
tutto”. Di qui il carattere globale e sociale del
cristianesimo che ha la pretesa di poter dire su tutto
qualcosa, perché una verità non può essere valida per
alcune cose e per altre no, altrimenti sarebbe un illusione.
Ed ancora : “In realtà……. Di norma tutto viene
affrontato secondo una mentalità comune, sostenuta e
propagandata da chi nella società detiene il potere
e………questa provoca una grande incrostazione che altera
l’evidenza di quei significati primi, di quei criteri che
sono propri dei nostri bisogni originali, con cui dobbiamo
paragonare tutto."
Ecco
ma come si fa a fare questo lavoro, cioè a togliere
l’incrostazione e
paragonare tutto. E’ indispensabile per questo vivere in
una comunità viva. Che non ci faccia accontentare del poco
o peggio del nulla. Una comunità che ci aiuti a chiedere
di più, a desiderare di più. Come diceva Cesana
qualche giorno fa al Colosseo. Ed ancora: <<Abbiamo
ridotto l’amore a sesso, la giustizia a convenienza,….
La realtà non ci dice più nulla.>> Ecco con una
comunità viva e con gli strumenti e gli insegnamenti che la
Chiesa ci dà, le encicliche e non starò a fare qui un
elenco, abbiamo fotocopiato una copertina di RINASCIMENTO
POPOLARE, un numero speciale del 97, che ne raccoglie le
più importanti, ma ricordiamoci che si parte dal Vangelo.
Per
questo il CISS si propone di diffondere la dottrina sociale
della chiesa. Ed ancora con gli esempi e le testimonianze di
quei nostri fratelli nella fede che sono diventati santi o
che starebbero
per diventarlo nella misura in cui hanno voluto dare
spazio a questa dottrina, vivendola anche in tempi diversi.
La storia di Torino è piena di questi esempi, non stiamo
qui a ricordarli tutti, fermiamoci alle circostanze. La
prima è quella che ricorre domani 26 ottobre. Il 26 ottobre
del 1828 nasceva a Torino un grande amante della libertà,
grande educatore e grande operatore sociale, San Leonardo
Murialdo. Di questo grande santo, in un recente articolo,
comparso sul MONVISO, riguardo al fatto educativo, suo
principale ambito vocazionale ho riportato le sue parole
quanto mai attuali, che cito anche ora:<<Mentre il
governo secolarizza le scuole pubbliche e colpisce in tutti
i modi l’insegnamento libero e cattolico, riducendo con
continui capziosi decreti o sopprimendo gli stabilimenti
educativi degli ordini religiosi, è un opera santa e
patriottica porgere aiuti e mezzi alle nuove scuole
cattoliche che sorgono per l’attività di uomini di
talento e di coraggio……la gioventù deve essere educata
secondo la volontà dei genitori e non secondo quella
dei governanti, perché i figli sono dei genitori e non
dello stato>>. Egli soleva dire:<<Gesù
Cristo è la via delle opere dell’uomo>> e lui
davvero ne ha fatte tante.
La
seconda circostanza è questa. Si stanno per concludere le
celebrazioni per il centenario del Beato Piergiorgio
Frassati. Questa sera mentre noi siamo qui, nella parrocchia
della Crocetta della Beata Vergine si tiene un incontro
dal titolo “Chi è Piergiorgio Frassati”.
Ed è giusto ricordare anche lui. Fa parte di un epoca più
recente. Don Primo Soldi attuale parroco di Santa Giulia ha
scritto su di lui un libro: Verso L’assoluto. Dice di lui
<<Si può dire che Frassati si è impegnato in
politica per la realizzazione di un solo ideale:
l’edificazione del regno di Cristo sulla terra>>.
Ed ancora: <<……di fronte ad
un’immagine di Chiesa che proclama gli immutabili principi
del cristianesimo senza trarne le conseguenze sul piano
concreto, sta la scelta di Pier Giorgio di compromettersi
nel lavoro sociale e politico. Ed ancora nel sito
internet di Pier
Giorgio Frassati si legge: <<Ha coscienza
che l’azione caritativa non basta, che bisogna risolvere i
problemi sul piano dell’ordinamento sociale. Vede nel
partito popolare italiano, fondato da don Sturzo nel 1919,
lo strumento adatto per perseguire i suoi ideali. Dopo un
periodo di “quarantena”, per la parentela con il
Frassati notissimo liberale, la sua domanda di iscrizione
viene accolta.>>
Ed
arriviamo ad un altro grande, non ancora beato: don Luigi
Sturzo, forse quello che più ha rischiato a livello
sociale, tanto da poter sembrare più politico che
sacerdote. “Ho avuto la vocazione di portare Dio nella
Politica” diceva Sturzo come ricorda Monsignor
Giuliani, postulatore della sua causa di beatificazione, nel
numero speciale della nostra rivista RINASCIMENTO POPOLARE
dell’agosto 97, nella richiesta di canonizzazione, tanto
attesa ed auspicata, giunta finalmente con la
presidenza del qui presente dott. Palladino che, facendomi
portavoce, penso, anche vostro,
mi pregio per questo di onorare. Ed ancora Sturzo
diceva:<<Devo tutto al Vangelo ed alla Rerum
Novarum>>. Ma diamo la parola al dottor Palladino
che di sicuro potrà parlarci approfondendo di più il tema
della serata arricchito dalla testimonianza di don Sturzo.
Grazie.
Dott.
Palladino
Grazie
padre Bianchi, grazie Vito, buonasera a tutti. Il titolo
può sembrare un po’ aggressivo, un po’ pessimista
questo di definire la dottrina sociale della chiesa come una
illustre sconosciuta ma è qualcosa che ho vissuto
personalmente, perché io fino a pochi anni fa, fino a al
‘95 ero fra quelli che onestamente dovevano dire, “si è
una illustre sconosciuta per me”, perché io fino ad
allora, non mi ero mai addentrato nelle pagine scritte da
tanti papi, in circa 2 secoli, pur essendo stato educato in
una scuola cattolica a Roma, l’Istituto “San
Giuseppe”, pur avendo vissuto in una famiglia praticante
religiosa e pur avendo frequentato tante parrocchie.
Se non
fosse stato per mio padre e
alla sua vicinanza con don Sturzo, - è stato il suo
esecutore testamentario, il collaboratore più stretto negli
ultimi anni di vita del sacerdote di Caltagirone - ecco io
forse non avrei mai sentito questa necessità, però mio
padre non mi ha mai imposto nulla non mi ha mai spinto a
leggere. Io leggevo i suoi scritti su don Sturzo. Infatti,
dopo la morte di Sturzo mio padre è stato quello che ha
portato la fiaccola, la testimonianza di Sturzo per tutta
Italia, purtroppo invano perché erano anni, decenni, mio
padre è morto nel 94, in cui la parola di Sturzo era
ritenuta antica, quasi giurassica. “E’ l’uomo
dell’altro secolo”, si diceva, quindi mio padre ha
lottato contro una società e anche contro un partito, cioè
la democrazia cristiana, che aveva accantonato Sturzo come
un uomo del passato, un uomo che non aveva capito il
moderno, per cui non poteva essere ripreso, non poteva
essere celebrato. Ebbene io ho incominciato a leggere le
prime pagine di Sturzo e della dottrina sociale della chiesa
dal ‘95 in poi. Perché morto mio padre mi sono sentito in
dovere di continuare il suo lavoro, che non è stato inutile
e sono rimasto sconvolto da quello che mi ero perso nel non
avere iniziato ad approfondire certi problemi prima, e devo
dire ho provato un grande senso di frustrazione perché come
cristiano praticante avevo una miniera vicino, a portata di
mano, una miniera non di teorie, non di parole vane ma di
concetti concreti, che hanno una importanza fondamentale per
la nostra vita.
Ed ho iniziato anche accanto alla
frustrazione a inorgoglirmi di appartenere, di far parte, di
credere in una fede che ha potuto produrre nel tempo dei
documenti così importanti, oserei dire così moderni anche
se scritti più di 150 anni fa. Pensavo che la Dottrina
Sociale della Chiesa partisse con Leone XIII in realtà
parte con Pio IX con l’enciclica “Quanta cura” del
1864 e dal vangelo. La dottrina sociale della chiesa non è
che la proiezione del vangelo, dell’insegnamento
evangelico nella nostra congiuntura dei tempi. E’ un farsi
parte attiva, un farsi interprete dell’evoluzione della
società, è un
dare alla società, al nostro mondo civile, degli
elementi, degli orientamenti, dei consigli pratici non
teorici per rendere la nostra vita più piena. Poco prima
diceva padre Bianchi giustamente, l’importantissimo
concetto della dignità della persona “ Noi siamo fatti,
secondo la nostra fede,
ad immagine e somiglianza di Dio”. Ecco, Dio chi è
innanzitutto. Dio è creatore, quindi se noi siamo fatti ad
immagine e somiglianza sua, noi dovremmo essere cocreatori e
penso che la dignità della persona, venga rispettata, venga
esaltata, soprattutto quando questa è capace di creare, di
fare, di realizzare, di realizzarsi nel realizzare, per sé
e per gli altri. La soddisfazione più grande per un uomo è
produrre qualcosa di utile per sé e per gli altri. Non di
essere un muscolo, semplicemente un muscolo: il vero muscolo
sappiamo
non è quello del braccio, ma è del cervello, il
vero muscolo, quello che nobilita l’uomo.
Se voi ci
pensate, lo sviluppo della società, in senso più civile è
partito dal momento in cui l’uomo ha abbandonato il
muscolo, quello del braccio ed ha sempre più dedicato tempo
a formare il suo cervello, la sua mente, la sua capacità di
creazione positiva, per sé e per gli altri. Ora io sono
rimasto sconvolto perché pur avendo operato per decenni nel
mondo dell’economia e della finanza e avendo vissuto anni
molto duri di grandi conflitti,
specialmente in Italia, tra capitale e lavoro -
l’Italia sapete è stato il paese più
danneggiato da questa stupida guerra tra capitale e
lavoro ed io ero abbastanza allarmato, soprattutto negli
anni ’70, per il mio stesso lavoro che dipendeva molto invece
dall’armonia tra questi due fattori della produzione - io
nelle pagine della “Rerum Novarum” ho trovato delle idee
modernissime che mi sono chiesto come mai non sono state
recepite, ma non da chi credeva nel marxismo, in perfetta
buona fede.
Pertanto io
non me la prendo con costoro, ma con chi doveva
portare il patrimonio della Dottrina Sociale della Chiesa
nella realtà del nostro paese e di altri, cioè me la
prendo soprattutto con il partito che ha avuto l’ardire,
contro il parere di don Sturzo, di chiamarsi cristiano.
Don
Sturzo non voleva assolutamente associare il nome di Cristo
ad un partito. Diceva,
se facciamo bene, benissimo, onore, ma se facciamo
male corriamo un rischio gravissimo, quello di coinvolgere
una persona assoluta, Gesù Cristo, Dio, che nulla ha a che
veder con l’attività di un partito. Quindi Partito
Popolare Italiano, era questo il nome dato al partito da lui
fondato. Ebbene la Democrazia Cristiana
stranamente, non ha saputo sfruttare una miniera. Io
vi voglio leggere due passi della “Rerum Novarum”, che
mi hanno subito colpito quando ho iniziato a leggerla,
ripeto dal ’95 in poi, colpa gravissima.
Ma ho fatto parte di una società dove ad iniziare
dalla Chiesa, purtroppo,
dalla parrocchia, dalla scuola cattolica, non si è
curato questo insegnamento. I papi
scrivevano ma poi ci si
perdeva nelle pieghe della vita che non consentiva certi
approfondimenti, non c’era la voglia di andare a fondo. Vi
leggo due passi di Leone XIII, ma potrei leggervene anche di
Pio IX di vent’anni prima, che sono abbastanza simili.
“Nella presente questione sociale lo sconcio maggiore -
sconcio, una parola forte per un papa - è questo, supporre
l’una classe sociale
nemica naturalmente dell’altra, quasi che i ricchi
e i
proletari gli abbia fatti natura lottare con duello
implacabile fra loro, cosa tanto contraria alla ragione e
alla verità che invece è verissimo che siccome il corpo
umano le varie membra si accordano insieme e formano
l’armonico temperamento che chiamasi simmetria
così volle la natura che nel civile
consorzio armonizzassero fra loro
quelle due classi
e ne risultasse l’equilibrio, l’una ha bisogno
assoluto dell’altra, né il capitale può stare senza il
lavoro né il lavoro può stare senza il capitale.
La
concordia
fa la bellezza e l’ordine delle cose mentre un
perpetuo conflitto
non può dare che confusione e barbarie.”
Pensate
quanta confusione e quanta barbarie
nel tempo, perché l’uomo
non ha capito l’importanza di questa verità. Cioè
due classi che dovevano unirsi
e non dividersi in guerra come Carlo Marx
aveva detto. In fin dei conti la “Rerum Novarum”
era la risposta al Capitale di Carlo Marx che predicava
appunto la guerra per poi soppiantare il capitale da parte
della classe lavoratrice e dare allo stato un potere molto
importante nell’economia. Il papa dice no, non ci deve
essere guerra. Marx ha ragione a lamentarsi, eravamo in un
periodo in cui i bambini morivano in fabbrica e c’era una
violenza del capitalismo di quel tempo veramente scandalosa
e Marx ha urlato, ma purtroppo quell’urlo non aveva dietro
di sé una soluzione, una ricetta valida, per risolvere quel
problema.
Il papa dice il problema si risolve
nell’armonia, nel mettersi insieme, non nella guerra.
Quindi colpa sia del capitale che del lavoro
non aver capito questa verità e Don Sturzo vi
ricordo che quando diventò sindaco di Caltagirone nel 1905
per ben 15 anni, fu uno dei primi ad applicare questa
ricetta, a creare subito un ambiente armonico fra questi due
fattori della produzione. Mise insieme i latifondisti con i
contadini.
Incominciò a dividere le proprietà, -
d’accordo ovviamente con i latifondisti di cui uno era suo
padre, lui era un barone, - e incominciò a coinvolgere il
lavoro nel capitale, creò una banca per combattere
l’usura, creò cooperative di lavoratori, di consumatori,
creò delle scuole di formazione professionale e così via.
Cioè lui dice io non ho fatto nulla di straordinario, non
ho altro che applicato delle idee che ho ricevuto dalla
Rerum Novarum. E la sua intransigenza negli anni successivi,
derivava dal fatto che lui notava che tutte queste idee
funzionavano, producevano
effetti nella società, effetti positivi. Quindi per
quindici anni lui ha fatto il sindaco del suo paese creando
la rivoluzione del paese, non solo a Caltagirone ma anche in
altri paesi della Sicilia, anche a livello nazionale le sue
idee cominciavano a prendere piede
e concludo questa prima parte sturziana ricordandovi
che nel 1920 Sturzo fu il primo a livello mondiale - neanche
in America avevano pensato ad un provvedimento di legge di
questo tipo - a portare in parlamento,
tramite il partito popolare, un disegno di legge per
l’ azionariato operaio.
Voleva cioè
coinvolgere il lavoro nel capitale, farlo partecipare
agli utili del capitale, idea che Giolitti bocciò purtroppo
perché era ancora legato ad un certo tipo di capitalismo
dei pochi, che non ammetteva ancora una democrazia economica
come poi nel tempo si è realizzata in molti paesi. Oggi sul
foglio ho letto una rubrica in cui c’è questo passo,
“25 ottobre 1951 dall’Osservatore Romano, consigli del
Papa Pio XII
sull’uso dei soldi”. Pio XII coglie l’occasione
di un congresso del Credito per far sapere la sua. Il
pontefice se la prende con gli egoisti e gaudenti che
sperperano nel lusso e nel godimento ed indica l’antidoto
in un impiego giudizioso e profittevole dei capitali,
trasformando in azionisti d’imprese utili coloro che
depositano il loro denaro in fondi senza profitto o lo
sperperano
in sciocchezze o in qualcosa che non crea sviluppo.
Cioè Pio XII in pratica riprende il disegno sturziano
dell’azionariato
diffuso nel 1920.
Vi leggo un altro passo della Rerum
Novarum incredibile perché scritto in un anno, il 1891 in
cui soltanto l’8 % degli italiani pagava le tasse. Ma non
perché il 92 % le evadesse, ma perché quel 92 % non aveva
un reddito imponibile e quindi le tasse erano pagate da
pochi, perché non dimentichiamoci che il mondo per secoli,
per millenni è andato avanti con i pochi che dominavano e
sfruttavano i molti . Non dimentichiamoci che questa è la
storia del mondo, e solo dal 1800 è iniziata l’apertura,
il cuneo che ha aperto lo sviluppo, ma noi fino a 150 anni
fa vivevamo in un mondo che era sempre lo stesso, lo 0,1 %
dominava il 99,9 %. Infatti, la Rerum Novarum nel 1350 o nel
1700 era inconcepibile. Non c’era speranza, chi nasceva
povero moriva povero, chi nasceva ricco moriva ricco, era
questa la storia del mondo e non c’era modo per cambiarla,
era questa la realtà. Per fortuna noi viviamo in un epoca
storica in cui abbiamo visto che non
è giusto questo, perché se l’uomo è fatto ad
immagine e somiglianza di Dio deve essere capace di
migliorarsi e migliorare, di passare dal muscolo del braccio
al muscolo del cervello ed essere creatore di sviluppo.
Ecco, ma sentite quello che viene detto in queste righe che
sono impressionanti e che riguardano le tasse. Leone XIII
dice in pratica che i vantaggi della proprietà privata sono
tanti e li elenca per rispondere a Carlo Marx che invece
voleva abolire la proprietà privata, però attenzione,
questi vantaggi dipendono dalla seguente condizione, che la
proprietà privata non venga stremata da imposte eccessive,
pensate diceva questo con l’8 % di contribuenti. Ci
verrebbe da dire ma questo è matto, vuole difendere l’8%
. No, ebbene lui guardava avanti, il suo messaggio era :
“Non tutti proletari, tutti proprietari” . Bisognava
creare le condizioni nel tempo, ovviamente non in tre anni ,
ma nel lungo termine, bisognava diffondere la proprietà.
Questa diffusione sarà tanto più facile effettuarla quanto
più lo stato riuscirà ad essere stato e non imprenditore,
banchiere, assicuratore, factotum. Cioè lui diceva che le
tasse diventano eccessive quando lo stato svolge troppi
compiti che non gli competono e quando fa questo deve poi
esigere imposte, deve pagarsi i suoi passaggi nella
società.
Lo stato invece ha dei compiti ben precisi, non
deve travalicarli, deve fare l’arbitro
e non il giocatore.
Se fa il giocatore attenzione che poi il sistema diventa
iniquo, perché si sprecano i soldi …cioè, tutte cose che
noi poi abbiamo visto nella nostra realtà italiana, ma non
nel 1891, ma nel 1960, ‘70, ’80, ed ecco quindi la mia
frustrazione nel leggere queste cose.
Ma, mi chiedo sempre
il perché non abbiamo capito in tempo che lo statalismo poi
conduce a questo tipo di problemi……. e poi abbiamo la
fuga di capitali, abbiamo quello
che evade le imposte perché dice che è impossibile
pagare certe aliquote e si sente la coscienza a posto, “la
colpa è dello stato”. Ebbene sì, quante giustificazioni
abbiamo sentito noi in Italia in questi ultimi quaranta,
cinquant’anni perché le tasse erano troppo alte e quindi
l’evasore era quasi da premiare. Tutti problemi questi che
il papa aveva cento e più anni fa affrontato e chi avrebbe
dovuto avere il compito di divulgare queste idee, non l’ha
fatto. Ripeto non i socialisti, i comunisti che avevano la
loro dottrina e in perfetta buonafede credevano che fosse
quella giusta, no, noi siamo stati quelli che hanno mancato
nel portare avanti certi messaggi.
Invece
Sturzo per tutta la sua vita, prima come sindaco, poi
come esule successivamente per ventidue anni e poi come
spina nel fianco della dc negli anni ‘50, sperava di poter
incidere e di far capire che certi valori, certi principi
vanno rispettati. Sono valori e principi che si abbeverano
guarda caso alla Dottrina Sociale della Chiesa, la quale non
vuole governare. Cioè il papa nello scrivere l’enciclica
non vuole fare il governatore della banca d’Italia o il
primo ministro o l’imprenditore, vuole semplicemente
dare dei buoni consigli.
In fin dei conti io dico
sempre, nel vangelo più che comandamenti ci sono consigli.
Infatti ci viene detto: voi siete liberi ( libero arbitrio),
io vi ho creato liberi, di sbagliare e di fare le cose
giuste, io non vi ho obbligato a fare le cose giuste, vi do
dei consigli per evitare di sbagliare. "Io sono la via, la
verità e la vita". Ecco, io penso che tutto si racchiuda
in questa affermazione, purtroppo pochi di noi hanno
approfondito questa frase. Se sei la via vediamo quale via
ci indichi, se sei la verità, vediamo quale verità, se sei
la vita vediamo quale vita.
Quindi non abbiamo approfondito
innanzitutto la fonte della nostra fede, che è il vangelo e
dal vangelo tutto ciò che è seguito, soprattutto con le
encicliche sociali. Guardate che questo rimprovero lo faccio
a me, lo faccio ai miei amici cristiani, lo faccio alla
Chiesa, la quale nonostante queste encicliche, questi
consigli continui, non ha fatto un buon lavoro nel far
passare dal vertice alla base questi principi. Ecco perché
dico illustre sconosciuta, illustre perché si sa qualcosa,
ma poi sconosciuta perché non si è letta o capita, e non
si è insegnata.
Pensate che nei seminari italiani, io so di
molti seminari, non si parla di Dottrina Sociale della
Chiesa. E questo è uno scandalo, si, certo in alcuni
seminari c’è molta attenzione, ma in altri, io ne conosco
tanti, non si parla di Dottrina Sociale della Chiesa. Non lo
so il perché, sinceramente io non mi so dare una risposta,
quasi ci fosse un pudore, non so, non
so che cosa, ma certo se la si legge tutta, se si
leggono le encicliche più importanti, ci sono delle verità
inconfutabili, poi soprattutto oggi che abbiamo visto tante
falsità, scontrarsi contro il muro della realtà. Queste,
non hanno potuto reggere alla storia, ma ciò si poteva
cogliere già con Pio IX sin dal 1864 con “Quanta cura”,
per poi non parlare degli altri papi. Quindi ripeto, una
miniera non utilizzata.
Noi come C.I.S.S., ci proponiamo
invece di svuotarla questa miniera, di aprirla, di far
capire ai nostri soci, ai nostri ascoltatori, ai nostri
amici, quanto sia importante invece andare a scavare. E noi
facciamo pubblicazioni in continuazione e stasera
evidentemente in mezz’ora non si può fare molto, però
abbiamo portato le nostre pubblicazioni, abbiamo portato la
nostra rivista, abbiamo portato la nostra voglia davanti
a voi, per stimolarvi a capire l’importanza di
questo patrimonio. Patrimonio di cui noi cristiani, dobbiamo
andare orgogliosi, perché è la verità. Poi la realtà
storica ci dimostra che era la verità quella che ci
indicavano tanti pontefici.
Non vorrei andare avanti oltre
perché preferisco che ci sia un dibattito, voglio passare
la parola al sindaco, voglio solo chiudere, ricordandovi un
altro fatto clamoroso che pochi conoscono.
Oggi si parla tanto, sapete, di sussidiarietà, cioè
dell’importanza della famiglia, del comune, della regione,
prima ancora che dello stato. Orbene questo principio che la
comunità europea ha recepito nel trattato di Maastricht, è
un principio di Dottrina Sociale della Chiesa. 1931,
“Quadragesimo anno”, Pio XI nel celebrare il
quarantesimo anniversario della “Rerum Novarum”, parla
di sussidiarietà. Per questo Don Sturzo nel fare il
sindaco, avendo il prefetto di Roma come suo nemico più
acerrimo, non il partito di opposizione, perché Roma voleva
controllare tutto, faceva notare che Roma non poteva
conoscere bene i problemi di Caltagirone come lo stesso
comune. E quindi da qui il municipalismo sturziano, cioè
l’importanza di un federalismo intelligente, di una
maggiore responsabilità data a livello locale, da chi sta
al centro, lontano, spesso distratto, spesso ignorante.
Questo è un principio fondamentale che Pio XI ha poi
recepito nella sua enciclica. Quindi ripeto, come cristiani
dobbiamo essere orgogliosi di questa intelligenza pratica,
non
teorica, non astratta, ma fatta di cose concrete :
tasse, capitale, lavoro, impresa. Vi ricordo che Leone XIII
chiamava gli imprenditori padroni, Pio XI datori di lavoro,
Giovanni Paolo II imprenditori. Vedete c’è anche nelle
parole una evoluzione. Padroni perché effettivamente erano
padroni e con la p maiuscola un tempo e che padroni !
Tremendi, durissimi, poi datori di lavoro, poi imprenditori,
perché ? Perché non sono più tre, non sono più dieci,
sono milioni, creatori di lavoro, innanzitutto, creatori di
bene comune, poi certo, c’è sempre il ladro, quello che
sfrutta, la pecora nera, ma in generale prima di tutto,
l’importanza della impresa come fatto sociale,
dell’imprenditore come ruolo sociale ancora prima che
economico nel paese. E quindi l’importanza di curare a che
l’imprenditore non sia bastonato, che non venga
sempre additato come sfruttatore, cosa che in questo
paese purtroppo fino a poco tempo fa era lo sport nazionale,
perché prevaleva questo stupido conflitto tra il lavoro ed
il capitale, nonostante che decenni prima già i papi
avevano detto è una pazzia. Ecco io mi fermo, non voglio
più andare avanti, vi invito alla lettura di quello che
abbiamo preparato,
abbiamo lasciato nel banco fuori e spero che da
questa serata vi siate incuriositi e spero che se cristiani
inorgogliti di una miniera che abbiamo a disposizione e che
possiamo portare nella società a profitto, a benessere di
tutti.
SINDACO
ARCH. NOVARINO
Io
credo che la relazione qui svolta abbia molti elementi di
riflessione. Tra l’altro penso di essere venuto qui per
ascoltare, pur tuttavia c’è una riflessione di base che
voglio fare e la traggo da un libro, che è uscito da poco,
Enrico Rusconi, “Come se dio non ci fosse”. E’ un
libro che a me è parso di grande interesse perché
in qualche modo dà un po’ i termini del ruolo che
ciascuno di noi portatori di valori, ha all’interno di un
sistema di democrazia. ……… Non vorrei farla lunga, se
lo trovo lo leggo subito. Ovviamente quando uno lo cerca non
lo trova…..non mi ero preparato….. cercherò di
spiegarlo con le mie parole, partendo un momento da lontano.
Io credo che oggi ci sia certamente riconoscibile nel
sistema, diciamo di governo, una forte decadenza di tensione
ideale. Mi accorgo che nell’ambiente in cui sono ad
operare vi è una forte caduta di obiettivi, di valori, di
pulsioni. Credo tuttavia, anche per le cose che sono state
dette, che ci sia una ricchezza straordinaria del passato
nel don Sturzo citato, che devono diventare delle proposte,
degli arricchimenti all’interno di un sistema democratico
in cui ognuno porta i propri elementi di convincimento e
cerca di costruire le soluzioni ai problemi. Mi sembra
interessante il riferimento che faceva il dottore prima su
alcuni punti che possono essere o non essere alla base di
qualunque azione di carattere amministrativo. Don Sturzo ha
fatto il sindaco e quindi ha anticipato di circa un secolo
l’esperienza che sto vivendo e credo che vi siano alcuni
punti che abbiano un significato importantissimo. E’ stato
citato che il centro dell’azione, il centro della vita è
la persona. Questo vuol dire che all’interno della persona
sono impliciti dei valori che non possono essere conculcati
ma che devono trovare lo spazio per potersi esprimere.
Diciamo così, proviamo a tradurlo in opzioni di carattere
politico amministrativo locale, cioè bisogna garantire a
tutti l’esercizio delle opportunità. Bisogna depotenziare
un sistema di coercizioni che possono impedire alla dignità
della persona di essere un valore. Lo traduco ancora in
concetti che vi sono oggi all’interno del dibattito
amministrativo politico. Aldo Bonomi che credo molti abbiano
sentito è uno, come dire, straordinario personaggio che
riflette ed ha riflettuto anche sugli elementi dello
sviluppo delle comunità. Parla di un elemento forte, come
elemento dello sviluppo della comunità che è la coesione
sociale. Allora, non può esistere coesione sociale se
c’è disparità in eccesso. Ribaltando il concetto, non
può esserci coesione sociale se non c’è un livello
diffuso di benessere sociale. Se partiamo da questo, mi
sembra che molti dei ragionamenti che sono impliciti
nell’insegnamento di don Sturzo li importiamo pari pari
oggi, qualunque sia l’atteggiamento col quale ci
accostiamo alle politiche di governo di un sistema
compresso. Ne cito un altro: conflitto eterno o autonomia ?
Ma guardate, le situazioni di conflitto sono tutte
situazioni dalle quali non esistono che teorie per uscire,
bisognerebbe parlare dando il senso dell’oggi, di
concertazione, di condivisione dei progetti. Allora io credo
che il conflitto sia un elemento di disvalore, qualunque
esso sia all’interno del sistema locale, mentre la
condivisione dei progetti sia un grande valore. E’ stata
citata anche la sussidiarietà. E’ un argomento attorno al
quale si lavora da tempo, sempre più arricchito da
riflessioni e direi che come è stata qui presentata è
estremamente attuale. Cerchiamo di tradurlo ancora. La
sussidiarietà è certamente la necessità di non
individuare livelli diversi che intervengono sullo stesso
problema. Ribaltiamo il tutto: si deve essere in grado a
livello più basso di poter risolvere il problema.
Ribaltiamo ancora: non hanno ragione d’essere diversi
livelli di governo ciascuno dei quali ha la stessa
competenza su una parte del problema. Se è così e se
devono essere gli elementi di governo locale in grado di
risolvere i problemi, questi devono essere posti in
condizioni di essere più vicini agli enti, agli organismi,
alle persone che esprimono quei problemi, cioè deve esserci
un federalismo intelligente. Nella
breve esperienza di vent’anni invece noi abbiamo
assistito mediamente alla creazione di livelli di governo
via via più complessi
e giammai ad una soluzione con uno stato più
leggero, molto più decentrato e molto più vicino alle
realtà locali. Cioè abbiamo sempre più articolato questo
sistema rendendo difficile il principio della sussidiarietà,
ma anche qualunque forma di federalismo. Io credo che uno
stato leggero, che faccia da arbitro, che definisca le
regole e poi osservi che quelle regole siano rispettate sia
un obiettivo condiviso e condivisibile. Allora è chiaro che
bisogna sfrondare, trasferire ove possibile il più basso
possibile i livelli di decisione. Concludo. I termini
complessivamente di don Sturzo sono straordinariamente
attuali e pongono un arricchimento al dibattito complesso e
forniscono anche una iniezione di idealità in un mondo
politico, il mio, che è scarsamente legato a questa.
DIBATTITO
Domanda
Io
mi sento cattolica, almeno cerco di esserlo, e mi chiedo
mentre noi siamo qui che parliamo in teoria di queste cose
giuste, della partecipazione del cittadino a livello più
basso, in regione si sta discutendo dei buoni scuola. Si
parlava di don Murialdo che promuoveva la scuola cattolica.
Adesso io mi chiedo, possibile che i cattolici che sono la
maggioranza di questa regione non riescano a smuovere questi
buoni scuola in modo
che ci sia uguaglianza tra i ragazzi che vanno alla
scuola statale e quelli che vanno alla scuola non statale.
Noi cattolici mentre siamo qui, che cosa facciamo oltre a
dirci delle buone cose. Perché non possiamo prendere una
iniziativa questa sera, scrivere al vescovo ed ai vescovi
del Piemonte che scuotano questi loro rappresentanti,
perché avranno pure votato qualcuno,
vuol dire che se sono di destra stimoleranno quelli
della destra, se sono di sinistra cosa che assolutamente non
è improbabile,
stimoleranno i loro rappresentanti. Insomma siamo
cattolici ed è vergognoso che le scuole, questo patrimonio
che noi abbiamo venga demolito. Un altro problema gravissimo
che si sta trattando in questo momento è la legge 194, che
è la legge sull’aborto. Il governo di destra cerca di
portare la relazione più corretta tra maternità ed
infanzia e sembra che il comune di Torino vi possa destinare
11 miliardi in più, però questi vengono di nuovo dispersi.
E noi cattolici cosa facciamo, è una cosa che io veramente
trovo insopportabile, addirittura andare in chiesa farci
delle belle prediche e non prendere delle iniziative.
Perché a questo punto i cattolici devono essere
rivoluzionari perché altrimenti devono per lo meno cambiare
religione. Sarei contenta che questa sera si prendesse una
iniziativa pratica, ad esempio che tutti i ragazzi delle
scuole cattoliche mandassero una lettera al loro vescovo di
ogni provincia, di ogni diocesi, per chiedergli una
riparazione rispetto ai ragazzi che vanno alle scuole
statali.
Risposta
Palladino
So
che in sala ci sono alcuni rappresentanti di Comunione e
Liberazione, della Compagnia delle Opere che ha fatto molto
in questo senso, ha fatto una raccolta di firme che mi
sembra sia arrivata a circa un milione, se non sbaglio.
Questa che è stata portata a Roma un anno fa, ha smosso
sicuramente il parlamento. Un po’ in tutte le regioni dove
oggi c’è il governo di centro destra ormai l’argomento
è di grande attualità e si spera in un provvedimento. Nel
Lazio e in Lombardia siamo vicini ormai, in Lombardia mi
sembra che sia
già stato attuato. Comunque guardi, io sono il
teorico dei passi misurati e non precipitosi. Non si può in
breve tempo scalfire una realtà che per decenni ha visto lo
stato monopolista. Sturzo era un teorico della parità
scolastica, lui ammirava moltissimo la Maria Montessori. Si
incontrarono a Londra durante il suo esilio, Sturzo
amareggiato le disse che lei stava girando il mondo mettendo
su delle scuole con il suo metodo, in tutti i paesi
praticamente più sviluppati tranne che in Italia, perché
qui si era sotto il fascismo e la scuola doveva essere di
stato. Purtroppo poi abbiamo continuato anche dopo il
fascismo ed oggi siamo arrivati mi sembra all’8 % dei
ragazzi italiani che vanno in scuole private, non cattoliche
tra le quali ovviamente queste sono in prevalenza. Sturzo
faceva notare che l’italiano non sarà pienamente libero
fin quando ci sarà il monopolio, perché non vi sarà una
sana concorrenza.
Lui non voleva eliminare la scuola
pubblica e diceva che questa avrebbe tratto grandi benefici
dalla presenza di una forte scuola privata, e a vicenda si
stimoleranno
per migliorarsi. E ha scritto fior di pagine su
questo argomento senza essere ascoltato da nessuno, né in
quel periodo né successivamente. Adesso da qualche anno
incomincia a sentirsi di nuovo una voce concreta per portare
avanti questo discorso. Direi che ormai siamo arrivati però
a stalla quasi vuota, i buoi sono quasi tutti fuori però
questo non vuol dire che non bisogna riprendere e portare
avanti il discorso, anche se sappiamo che l’opposizione è
fortissima, perché queste idee porterebbero quasi un
attentato allo stato insegnante, cosa che invece non è
affatto vera. Ripeto il problema è difficile, c’è la
costituzione in cui è scritta una certa cosa, comunque che
si può benissimo superare e io sono abbastanza ottimista,
ci arriveremo. Ripeto lo sforzo è già stato fatto a
livello individuale, mi riferisco a questo lavoro di
Comunione e Liberazione che è stato formidabile, hanno
mosso mezzo mondo affinché Roma sentisse questa voce.
Quindi io non credo che dalle nostre firme questa sera possa
arrivare chissà cosa,
c’è già un movimento che va verso il buono
scuola. Poi vedremo, speriamo di essere bravi a dimostrare
che l’idea è valida, perché poi ci vogliono anche i
bravi applicatori. Ed io confido che vi siano questi bravi
operatori poi, che dimostreranno allo stato che il
provvedimento funziona, che non vi
è una spesa sprecata, ma tutt’altro.
Domanda
Mi
interessava avere qualche indicazione
relativa agli spazi che attualmente ha la dottrina
sociale della chiesa. Stiamo vivendo una rinascita di questi
temi, ci sono delle speranze concrete che questi temi
entrino dalla porta principale del dibattito politico e
diventino terreno di attività e scelte concrete ?
Risposta
Palladino
Ma
sì nel nostro piccolo, stiamo incidendo in qualcosa.
Innanzitutto stiamo parlando anche nelle unioni industriali
dove è importante che certi concetti calino e si capiscano,
si comprendano e che non vi sia il timore che il sociale
voglia dire assalto al privato. Quando si parla di Dottrina
Sociale della Chiesa il privato confindustriale sempre rizza
le orecchie pensando di essere assalito. Ecco abbiamo fatto
capire questo che è già importante, cioè che quando si
parla di “sociale” nessuno ha il monopolio. Sociale
siamo noi, è la società, non è il partito rosso bianco o
verde . Quindi questi concetti cominciano ad entrare e poi
sopratutto molti si sorprendono che tanti anni fa, vi
possano essere state menti di fior di professori di
economia, penso al Toniolo per esempio che è stato uno
degli ispiratori di Leone XIII, professore di economia
all’università di Pisa, se non sbaglio, fino ad arrivare
a
Michael Novak con Giovanni Paolo II per la Centesimus
Annus. Michael Novak che è il più grande economista
cattolico degli Stati Uniti, ci ha fatto capire
l’importanza dell’impresa come fattore sociale più che
economico, e tanti altri personaggi del mondo della cultura
che sono riusciti a far passare certe idee, innanzitutto in
Vaticano, sempre con la cartina di tornasole del vangelo,
perché e ripeto, non ci può essere nulla della Dottrina
Sociale della Chiesa che possa contrastarlo, quindi tutto si
rifà al libro base. Nel vangelo ci sono tanti passi di
economia. Io ho un amico sacerdote, don Alfio Spampinato che
ha intenzione di scrivere l’economia del vangelo o
l’economia nel vangelo. Perché spesso si pensa al vangelo
in termini un po’ di aiuto ai poveri, di assistenza, di
bontà, di carità ed invece c’è un altro vangelo che
impegna, che stimola alla responsabilità, alla creatività,
all’iniziativa privata, al fare. Non dimentichiamoci che
non si può assistere, essere generosi se non si crea a
monte una ricchezza, che ovviamente non va accumulata come
oggi fanno gli zar d’Arabia ed i principi Feisal e
compagni che in cinquant’anni di dollari che sono arrivati
da quelle parti, hanno preso il 90 % per poi dare le
briciole al popolo, ma è una ricchezza che stimola altra
ricchezza. La Dottrina Sociale della Chiesa non vuole
affatto stimolare il pigro o assistere la persona che non ha
alcun diritto ad essere assistita che potrebbe invece far da
sola e mettersi in moto, ma
responsabilizza. Ci sono tanti passi in cui si punta
alla responsabilizzazione. La stessa previdenza sociale,
Sturzo, tramite la dottrina sociale, la vedeva per i veri
deboli, mentre stimolava
la previdenza privata per i liberi
e forti, come lui li chiamava. Cioè lui diceva che
lo stato
deve essere attento a chi è veramente debole e bisogna
stimolare la responsabilità personale invece per integrare
chi può farlo, con una previdenza privata e tanti altri
concetti.
Lei dice, ma c’è concretezza in tutto questo?
C’è possibilità di attuazione? Io penso di si, vedo dei
segnali, certo che ci vorrà ancora del tempo, ne abbiamo
perso già tanto in passato ma io penso che il mondo
diventerà sempre più trasparente sotto questo profilo.
Ecco, la Dottrina Sociale della Chiesa è un fattore di
trasparenza, un fattore che stimola all’azione morale
nell’economia. Sturzo diceva che l’economia senza etica
è diseconomia. In pratica il vangelo dice che invano i
costruttori lavorano se edificano sulla sabbia e la sabbia
è l’immoralità, il comportamento del furbo, è il
comportamento di chi pensa di fregare il prossimo, tanto poi
alla fine se ne esce vincitori. Quindi l’economia in
prospettiva deve diventare sempre più trasparente e sempre
più morale anche se questo molti lo ritengono utopistico.
Ma concludo dicendo che Oscar Wilde scrisse un giorno che le
utopie sono poi quelle che danno il passo al progresso.
Cioè cose ritenute utopiche un tempo poi il cervello
dell’uomo nella sua grandezza, perché noi abbiamo un
grande cervello proprio come cocreatori, le realizza. Ecco,
quindi io sono fiducioso, ci vorrà del tempo probabilmente
moltissimi anni, però il comportamento dell’operatore
economico sarà sempre più obbediente ad una certa etica
della responsabilità.
Poi spetta alla responsabilità
personale, dal buon uso che ne faremo di questo successo, il
benessere materiale. Può anche essere facile farlo, abbiamo
visto che molti facilmente lo hanno fatto, altri meno
facilmente, ma in genere il benessere si realizza se ci si
impegna. Ma il problema poi è gestirlo questo benessere,
saperlo gestire per non cadere nel malessere, cioè nel
cattivo uso del benessere. Ecco questo sarà l’altro
fattore importantissimo. Noi siamo in una grande fase di
transizione, veniamo da secoli in cui l’uomo non era
responsabilizzato perché non era soggetto dell’economia,
era oggetto e andiamo verso un epoca, un’ era in cui sarà
sempre più un soggetto e
dovrà sempre più essere responsabile se vuole
gestire bene questa ricchezza.
Domanda
Abbiamo
detto che la dottrina sociale nasce nei vangeli, a mio
avviso nasce nella bibbia, anche perché senza la bibbia i
vangeli non ci sarebbero stati. Poi s’è parlato di tasse,
ma il problema non è solo delle tasse, è la spesa
pubblica, perché le tasse
possono essere anche il male, per esempio, ma se i
soldi spesi sono spesi bene, ritornano aumentati delle tasse
dei cittadini, mentre invece si parla tradizionalmente
sempre di tasse e non di controllo della spesa pubblica dove
ci sono sempre tanti sperperi. Si è detto, mi sembra di
aver capito, che conflitto è un elemento negativo, per me
invece è estremamente positivo nel rispetto della dignità
dell’avversario o del nemico, non disprezziamo il nemico
che a volte lo si apprezza molto di più dell’amico
perché la vita non è soltanto un "et et" è anche un
"aut aut"
e la socialità ha un valore se c’è una extra socialità,
non la socialità delle formiche tutti bravi, uguali davanti
al principe.
Risposta
Palladino
Il
conflitto nel 1891 era guerra, quindi Leone XIII risponde ad
un atto di guerra. Qui si parlava di sostituire una classe
con l’altra, annientare una classe a vantaggio
dell’altra. Quindi lui reagiva più che al conflitto, alla
guerra e diceva di mettersi d’accordo. Sturzo credeva nel
conflitto, conflitto di cui parla lei, conflitto
costruttivo, tra persone diciamo ragionevoli. Quindi quando
io parlavo di conflitto mi riferivo più a quello drammatico
e tragico, quello stupido conflitto di un tempo, cosa che
oggi per fortuna non vediamo più. I papi hanno avuto delle
visioni profetiche, io nel leggere le encicliche spesso ho
detto “ma guarda ha visto in anticipo, qui non c’è
senno di poi di cui sono piene le fosse, c’è senno di
prima”. Questo è che a me è piaciuto in tante encicliche
e da qui il mio dispiacere perché
la politica non è riuscita a capire soprattutto in
Italia, il valore di un patrimonio come quello che ci davano
questi papi e lo stesso don Sturzo, il quale è stato un
bravo operatore nella società. Lui in fin dei conti negli
anni ‘50 era contro Mattei non perché costui avesse
ambizioni di portare l’ENI a battere le sette sorelle e
quindi a dare all’Italia una certa indipendenza nel
confronto con queste, ciò
sarebbe stata forse un utopia probabilmente, ma
perché vedeva lo stato impegnato in un settore economico
dove era meglio invece vedere il conflitto in senso positivo
tra i concorrenti. Cioè io sono convinto di una cosa, noi
oggi pagheremmo la benzina molto di meno, come avviene in
molti altri paesi, se avessimo dato non il monopolio del
petrolio ad una azienda statale ma se avessimo concesso
l’apertura del mercato a tutti, in regime di concorrenza
non di prezzo controllato dallo stato. Perché lo stato
monopolista del petrolio e quindi del prezzo, ha fatto il
comodo suo e spesso ha coperto tante sue spese inutili,
spese fatte male, con le tasse sulla benzina. Se avessero
dominato il mercato le aziende private, lo stato ci avrebbe
pensato due volte, prima di fare certe rapine, perché i
concorrenti sul mercato avrebbero protestato a voce alta. E
poi, inoltre Mattei fu il primo tangentista italiano. Da lì
partì la pratica del pagamento a destra e a sinistra. E
Sturzo vedeva con grande preoccupazione questo ruolo dello
stato imprenditore. Abbiamo scritto molto su don Sturzo
rigido su certi principi, perché riteniamo che sia
importante far capire che in economia certe regole vanno
rispettate. Due più due fa quattro e non fa cinque, chi
pensa che faccia cinque poi alla fine avrà tre, come spesso
accade. Quindi ripeto, Sturzo economista è poco conosciuto,
Sturzo che conosceva bene i meccanismi dell’economia.
Pensi che era accusato da La Pira di essere rimbambito.
“Dagli Stati Uniti è tornato rimbambito” disse La Pira,
perché Sturzo, secondo lui, andava parlando ancora
di principi liberali. La Pira invece voleva una
economia sempre più in mano allo stato. Infatti tra i due
vi fu una grossa polemica,
tra due santi uomini ovviamente, senza mai scadere,
una grossa polemica ideale. Ecco tutte cose che oggi
rilette, fanno capire che occasione perduta, che
opportunità perduta, è stata quella italiana nel non aver
seguito certe idee sturziane ed avere invece seguito altre
idee stataliste espresse da persone in buona fede che
ritenevano che fosse quello il moderno e non quello che
andava predicando
Sturzo, anche con la sua azione di giornalista.
Domanda
E’
vero noi abbiamo la teologia e l’uso della ragione che
spiega la fede, la nostra non è la religione islamica che
è una difesa apologetica….. il corano non si discute.
C’era Giulio Andreotti questa estate che presentava un
libro su Pio XII e accennava ad una sua notte tragica,
passata insonne, prima della conferma della legge 194. Vengo
alla domanda. Ma che cos’è la morale cristiana nella vita
politica, dove c’è il compromesso, il conflitto?
Risposta
Palladino
Sturzo
diceva che è morale ciò che è razionale, ed è immorale
ciò che è irrazionale. Ora il problema è che cosa è la
razionalità. La razionalità è il seguire la retta
ragione, ma per molti la retta ragione può essere ad
esempio fumare hashish, per altri no . Quindi vede, è tutto
molto sindacabile, è tutto molto personale, però la morale
cristiana è una, non c’è dubbio. Ci sono dei principi e
dei valori che non possono essere calpestati. Quindi la
retta ragione secondo un cristiano è quella legata a questi
principi. Vi sono
tanti esempi in cui possiamo vedere se è retto o non
è retto quello che si fa. La risposta per un vero cristiano
per l’hashish è che non è retto . Non è retta ragione
fumare hashish e così in tanti altri esempi pratici. La
morale cristiana è legata a questa frase: <<Io sono
la via, la verità e la vita>>. Se crediamo in questa
magnifica, fantastica frase di Gesù Cristo, dobbiamo
crederci e dobbiamo capire, leggere meglio il vangelo,
capire meglio le sue parole che non sono parole di un
romanziere, non sono fiction e quindi essere un po’ più
attenti . Io vi dico sinceramente, ogni domenica vado a
messa con piacere, soprattutto per il vangelo, perché vado
di nuovo ad istruirmi. Per me il momento del vangelo è il
momento più importante della messa a parte l’eucaristia
ovviamente. Ma io ogni domenica mi arricchisco perché
effettivamente
mi abbevero sempre di cose nuove e sempre di una
validità ed attualità incredibile. Tutte le domeniche
c’è un riferimento ad un fatto dell’ oggi, pensate, un
qualcosa detto 2000 anni fa. Quindi la morale cristiana
esiste e deve esistere anche in politica, per un cristiano.
Capisco che Andreotti abbia passato la notte insonne. Certo
per un cristiano quella legge non poteva essere considerata
razionale, anche se per molte donne è razionale, l’aborto
è razionale. Per un cristiano è irrazionale, non c’è
dubbio.
Lei dice la politica è compromesso, Sturzo diceva
no,
la politica non deve essere compromesso perché poi
si inciampa, prima o poi un compromesso porta a un qualcosa
di negativo, e prima o poi questo emerge. Lui combatté
contro il concordato perché vedeva in questo un grande
compromesso che prima o poi avrebbe creato dei problemi. Due
anni dopo, infatti, nel 1931 i problemi sono esplosi:
attacco all’azione cattolica e altre cose. Sturzo le aveva
previste ammonendo di
stare
attenti perché si avrebbe fatto un favore ad un
regime che non avrebbe rispettato poi il concordato. Certo
alla fine i compromessi si realizzano, però prima o poi si
inciampa. Comunque la sua domanda è molto difficile, molto
acuta, però la nostra coscienza deve rispondere. Ciascuno
di noi nella sua coscienza ha la risposta, la mia è questa.
Domanda
Per
Sturzo cosa significa sussidiarietà, parola molto usata
oggi ma mai spiegata fino in fondo. Chi sussidiario a che
cosa, voglio dire o è lo stato che è sussidiario al
bisogno di qualcuno, il popolo, o è qualcuno del popolo che
fa volontariato che è sussidiario ad una legge dello stato.
Risposta
Palladino
Sturzo
era un paladino della responsabilità personale. Lui diceva
che se vogliamo innanzitutto creare progresso nella società
ci deve essere un impegno personale, ci deve essere uno
sforzo personale. Prima i doveri e poi i diritti. Noi
diciamo sempre, diritti e doveri quasi in ordine alfabetico.
Sturzo diceva prima i doveri, quindi ci responsabilizziamo e
poi maturiamo i diritti. Allora sussidiarietà innanzitutto
in noi stessi, cioè cerchiamo di costruire in noi stessi la
forza necessaria per essere quanto più responsabili ed
indipendenti, liberi e forti. Tutto ciò che deve fare chi
è sopra di noi, lo deve fare perché obbiettivamente noi
nel nostro piccolo non possiamo arrivare a certi livelli.
Come sindaco lui ha dato la dimostrazione. In quindici anni
come sindaco di Caltagirone ha creato un oasi di sviluppo in
quel paese, applicando molto il principio della
responsabilità personale. Faceva osservare che il comune si
chiama così perché è di tutti e
non è di cinque famiglie. Però poi bisognava come
cittadini, responsabilizzarsi e impegnarsi per dimostrare
che effettivamente il comune era di tutti. Quindi
sussidiarietà innanzitutto intesa come prima di tutto
“dobbiamo essere noi a
impegnarci personalmente”.
Domanda
Si
è parlato dello stato come arbitro, che non interviene
nell’economia, però nella storia e parlo della crisi del
‘29, pare che si sia reso necessario un intervento dello
stato in economia.
Risposta
Palladino
Sturzo
ammetteva come Leone XIII, un intervento temporaneo dello
stato, in
momenti di difficoltà. Oggi
Bush passa da un
bilancio strepitoso in surplus a un disavanzo che ci sarà
tra pochi mesi. Intelligentemente sta usando lo stato in un
ruolo molto più attivo, ma non nel senso che fa i panettoni
e la benzina ed altre cose. Ma di uno stato che aiuta il
settore privato ad uscire da una crisi che è fortissima in
questo momento.
Come ? Riducendo le imposte, stimolando gli
incentivi fiscali, gli investimenti e così via. Incassando
meno e spendendo di più ed in una maniera intelligente.
Quindi nel ‘29 vi fu una crisi del capitalismo eccessivo
come lo chiamava Sturzo, cioè del capitalismo dei pochi,
del capitalismo speculativo, di quello che pensa che i soldi
possono farsi con i soldi e quindi di arricchirsi senza
produrre nulla ma semplicemente speculando su valori di
borsa. Dei pochi, perché mi ricordo che nel ‘29 su 140
milioni di abitanti degli Stati Uniti solo un milione erano
azionisti. I 139 milioni restanti non avevano i risparmi
necessari per partecipare. L’economia americana nel ‘29
era una piccola economia, si era all’alba dello sviluppo.
Lo stato poi con Roosevelt, diede la svolta e dal ‘33 in
poi cominciò a diventare
più interventista. Ma, appena avviata la macchina lo
stato ne usciva fuori. Quindi Sturzo ammetteva questo
intervento. Sturzo infatti, fu nominato da De Gasperi
presidente di una commissione per dare l’avvio alla cassa
del mezzogiorno. Egli ammetteva quindi che lo stato italiano
facesse questi interventi, però non voleva una cassa del
mezzogiorno eterna. Pensava giusto che vi fosse solo un
avvio, ma che poi vi fosse il settore privato ad entrare in
piena attività ed a seguire le regole del mercato.
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