Centro
Internazionale
Studi Luigi
Sturzo

Il C.I.S.S. : << la Dottrina Sociale della Chiesa una miniera ancora da sfruttare>>

110° anniversario della enciclica
Rerum Novarum

Conferenza con il dr. Palladino, presidente del Centro Internazionale Studi Sturzo, presso il Real Collegio di Moncalieri (Torino) del 25 ottobre 2001



Padre Bianchi

Porgo il benvenuto al dr. Palladino, presidente del Centro Internazionale Studi Sturzo, al sindaco, al dr. Piepoli responsabile del CISS di Torino e a tutti voi miei carissimi amici, che ringrazio per essere intervenuti numerosi ad incontrare questa sera una bella, anche se poco conosciuta: la dottrina sociale della chiesa !!


Dal momento che una delle ragioni di esistenza del centro, che in questo luogo è nato tre anni or sono, è di mantenere vive le linee, le motivazioni, qui da sempre coltivate, da cui può sgorgare una vita più cristiana e più umana nei suoi aspetti personali e sociali, ci è parso opportuno dedicare l’incontro di questa sera alla dottrina sociale della chiesa, per il fatto che un certo uomo, assieme a un drappello di seguaci, ha passato la vita operando il bene, - secondo quanto ci hanno testimoniato i vangeli – rendendo gli ambienti dove esercitava, più vivibili, cosa di cui c’è tanto bisogno anche oggi stando ai tragici eventi di questi mesi.


Vi confesso che una delle cose che più mi ha affascinato nella vita e aiutato a cambiare i rapporti con la gente, è stata la scoperta del valore assoluto della persona; per cui scorgo in ogni uomo non un essere sperduto e gettato sulla terra chissà come e chissà da chi, ma un essere – fosse il più dotato o anche il più povero – con cui il mistero è entrato in rapporto e si disvela; un essere umano libero, dove la dignità dell’uomo, la maestà della persona vige sempre, viva, inattaccabile, perché creata “a immagine e somiglianza di Dio”.


Da notare che a questa realtà espressa nel concetto e nella parola di “persona”, il pensiero umano è giunto attraverso il cristianesimo; verità riconosciuta anche da laici, come il filosofo Roger Garaudy che ha scritto:
“il cristianesimo ha creato una nuova dimensione dell’uomo, quella della persona. Nozione estranea al razionalismo classico. Infatti i padri greci non erano in grado di trovare nella filosofia greca le categorie e le parole di questa nuova realtà. Il pensiero greco non era capace di concepire che l’infinito potesse esprimersi in una persona”.


E’ questo un pilastro per ogni umano rapporto, da cui tutte le encicliche dipendono, nelle loro tematiche più varie, dalla “Rerum Novarum” di Leone XIII alle ultime di Giovanni Paolo II.


Ce ne parlerà il presidente Giovanni Palladino, che ci verrà ora presentato dal dr. Piepoli, responsabile del CISS di Torino.



Ing. Piepoli

Vorrei cominciare con una citazione. Ce ne saranno un po’ nel mio intervento breve ed introduttivo, per cercare di sollecitare una riflessione. Una scrittrice inglese convertitasi al cattolicesimo, ha osservato che “Gli uomini raramente apprendono ciò che credono già di sapere”. Perché questa citazione ?  


Ma, perché, e mi ci metto anch’io prima che incontrassi il CISS, per esempio sulla Dottrina sociale della chiesa, sul termine sociale e sulle conseguenze logiche intuitive forzate da luoghi comuni, si è voluto leggere o peggio non leggendo completamente, si è voluto interpretare a modo proprio le encicliche e tutti gli insegnamenti della chiesa. Per cui magari il sociale ci fa pensare esclusivamente, (ed è qui il problema) al socialismo, al comunismo, alla distribuzione della ricchezza, ai poveri, alla bontà che uno deve avere nei confronti di questi, alla colpa magari esistenziale che ti porta a voler emergere e ad avere di più di qualcun altro, all’inconciliabilità di alcune cose, alla pesantezza che il termine sociale ha, alla severità del termine dottrina, alle encicliche dal titolo in latino per cui sembrano che siano per addetti ai lavori, belle esposizioni dottrinali, belle lezioni come quella che potrebbe esserci stasera, lontane in ultima analisi dalle nostre giornate, dalle nostre cose. 


E’ questo il rischio che c’è nell’approssimarsi a questo tema sia da parte vostra che da parte nostra. Se c’è questo rischio anche stasera, ribaltiamo il tutto, e diciamo pure a gran voce NON C’E’ NIENTE CHE NON CI INTERESSI SE NON PERCHE’ CI RIGUARDA PERSONALMENTE, la chiesa non fa la sua dottrina sociale per fare un partito da imporre né tantomeno noi la leggiamo o ne parliamo questa sera per portare acqua ad un ipotetico mulino. In realtà niente è più vicino a noi e confacente alla nostra natura che la dottrina sociale della chiesa.


La dottrina sociale della chiesa parte da un sano realismo. Ho voluto rileggere "Il senso religioso" di Giussani e seguire un incontro pubblico con Cesana, perché sono due grossi conoscitori della realtà, due grossi personaggi del nostro tempo, con cui non si può non confrontarsi. Il Giussani dice ne “Il Senso Religioso” a riguardo del
realismo. “Intendo con questo riferirmi all’urgenza di non privilegiare uno schema che si abbia già presente nella mente rispetto alla osservazione intera, appassionata, insistente del fatto, dell’avvenimento reale.” Si intende qui ciò che ci succede, la nostra esperienza elementare che sostanzialmente è uguale per tutti. Ed ancora dice “L’esigenza della bontà, della giustizia, del vero, della felicità, ed io aggiungerei del bello, costituiscono il volto ultimo, l’energia profonda con cui gli uomini di tutti i tempi e di tutte le razze accostano tutto”. Di qui il carattere globale e sociale del cristianesimo che ha la pretesa di poter dire su tutto qualcosa, perché una verità non può essere valida per alcune cose e per altre no, altrimenti sarebbe un illusione. Ed ancora : “In realtà……. Di norma tutto viene affrontato secondo una mentalità comune, sostenuta e propagandata da chi nella società detiene il potere e………questa provoca una grande incrostazione che altera l’evidenza di quei significati primi, di quei criteri che sono propri dei nostri bisogni originali, con cui dobbiamo paragonare tutto."


Ecco ma come si fa a fare questo lavoro, cioè a togliere l’incrostazione  e paragonare tutto. E’ indispensabile per questo vivere in una comunità viva. Che non ci faccia accontentare del poco o peggio del nulla. Una comunità che ci aiuti a chiedere di più, a desiderare di più. Come diceva Cesana qualche giorno fa al Colosseo. Ed ancora: <<Abbiamo ridotto l’amore a sesso, la giustizia a convenienza,…. La realtà non ci dice più nulla.>> Ecco con una comunità viva e con gli strumenti e gli insegnamenti che la Chiesa ci dà, le encicliche e non starò a fare qui un elenco, abbiamo fotocopiato una copertina di RINASCIMENTO POPOLARE, un numero speciale del 97, che ne raccoglie le più importanti, ma ricordiamoci che si parte dal Vangelo.


Per questo il CISS si propone di diffondere la dottrina sociale della chiesa. Ed ancora con gli esempi e le testimonianze di quei nostri fratelli nella fede che sono diventati santi o che starebbero  per diventarlo nella misura in cui hanno voluto dare spazio a questa dottrina, vivendola anche in tempi diversi. La storia di Torino è piena di questi esempi, non stiamo qui a ricordarli tutti, fermiamoci alle circostanze. La prima è quella che ricorre domani 26 ottobre. Il 26 ottobre del 1828 nasceva a Torino un grande amante della libertà, grande educatore e grande operatore sociale, San Leonardo Murialdo. Di questo grande santo, in un recente articolo, comparso sul MONVISO, riguardo al fatto educativo, suo principale ambito vocazionale ho riportato le sue parole quanto mai attuali, che cito anche ora:<<Mentre il governo secolarizza le scuole pubbliche e colpisce in tutti i modi l’insegnamento libero e cattolico, riducendo con continui capziosi decreti o sopprimendo gli stabilimenti educativi degli ordini religiosi, è un opera santa e patriottica porgere aiuti e mezzi alle nuove scuole cattoliche che sorgono per l’attività di uomini di talento e di coraggio……la gioventù deve essere educata  secondo la volontà dei genitori e non secondo quella dei governanti, perché i figli sono dei genitori e non dello stato>>. Egli soleva dire:<<Gesù Cristo è la via delle opere dell’uomo>> e lui davvero ne ha fatte tante.


La seconda circostanza è questa. Si stanno per concludere le celebrazioni per il centenario del Beato Piergiorgio Frassati. Questa sera mentre noi siamo qui, nella parrocchia della Crocetta della Beata Vergine si tiene un incontro  dal titolo “Chi è Piergiorgio Frassati”. Ed è giusto ricordare anche lui. Fa parte di un epoca più recente. Don Primo Soldi attuale parroco di Santa Giulia ha scritto su di lui un libro: Verso L’assoluto. Dice di lui <<Si può dire che Frassati si è impegnato in politica per la realizzazione di un solo ideale: l’edificazione del regno di Cristo sulla terra>>.  Ed ancora: <<……di fronte ad un’immagine di Chiesa che proclama gli immutabili principi del cristianesimo senza trarne le conseguenze sul piano concreto, sta la scelta di Pier Giorgio di compromettersi nel lavoro sociale e politico. Ed ancora nel sito internet di Pier  Giorgio Frassati si legge: <<Ha coscienza che l’azione caritativa non basta, che bisogna risolvere i problemi sul piano dell’ordinamento sociale. Vede nel partito popolare italiano, fondato da don Sturzo nel 1919, lo strumento adatto per perseguire i suoi ideali. Dopo un periodo di “quarantena”, per la parentela con il Frassati notissimo liberale, la sua domanda di iscrizione viene accolta.>>


Ed arriviamo ad un altro grande, non ancora beato: don Luigi Sturzo, forse quello che più ha rischiato a livello sociale, tanto da poter sembrare più politico che sacerdote. “Ho avuto la vocazione di portare Dio nella Politica” diceva Sturzo come ricorda Monsignor Giuliani, postulatore della sua causa di beatificazione, nel numero speciale della nostra rivista RINASCIMENTO POPOLARE dell’agosto 97, nella richiesta di canonizzazione, tanto attesa ed auspicata, giunta finalmente con  la presidenza del qui presente dott. Palladino che, facendomi portavoce, penso, anche vostro,  mi pregio per questo di onorare. Ed ancora Sturzo diceva:<<Devo tutto al Vangelo ed alla Rerum Novarum>>. Ma diamo la parola al dottor Palladino che di sicuro potrà parlarci approfondendo di più il tema della serata arricchito dalla testimonianza di don Sturzo. Grazie.



Dott. Palladino

Grazie padre Bianchi, grazie Vito, buonasera a tutti. Il titolo può sembrare un po’ aggressivo, un po’ pessimista questo di definire la dottrina sociale della chiesa come una illustre sconosciuta ma è qualcosa che ho vissuto personalmente, perché io fino a pochi anni fa, fino a al ‘95 ero fra quelli che onestamente dovevano dire, “si è una illustre sconosciuta per me”, perché io fino ad allora, non mi ero mai addentrato nelle pagine scritte da tanti papi, in circa 2 secoli, pur essendo stato educato in una scuola cattolica a Roma, l’Istituto “San Giuseppe”, pur avendo vissuto in una famiglia praticante religiosa e pur avendo frequentato tante parrocchie.


Se non fosse stato per mio padre e  alla sua vicinanza con don Sturzo, - è stato il suo esecutore testamentario, il collaboratore più stretto negli ultimi anni di vita del sacerdote di Caltagirone - ecco io forse non avrei mai sentito questa necessità, però mio padre non mi ha mai imposto nulla non mi ha mai spinto a leggere. Io leggevo i suoi scritti su don Sturzo. Infatti, dopo la morte di Sturzo mio padre è stato quello che ha portato la fiaccola, la testimonianza di Sturzo per tutta Italia, purtroppo invano perché erano anni, decenni, mio padre è morto nel 94, in cui la parola di Sturzo era ritenuta antica, quasi giurassica. “E’ l’uomo dell’altro secolo”, si diceva, quindi mio padre ha lottato contro una società e anche contro un partito, cioè la democrazia cristiana, che aveva accantonato Sturzo come un uomo del passato, un uomo che non aveva capito il moderno, per cui non poteva essere ripreso, non poteva essere celebrato. Ebbene io ho incominciato a leggere le prime pagine di Sturzo e della dottrina sociale della chiesa dal ‘95 in poi. Perché morto mio padre mi sono sentito in dovere di continuare il suo lavoro, che non è stato inutile e sono rimasto sconvolto da quello che mi ero perso nel non avere iniziato ad approfondire certi problemi prima, e devo dire ho provato un grande senso di frustrazione perché come cristiano praticante avevo una miniera vicino, a portata di mano, una miniera non di teorie, non di parole vane ma di concetti concreti, che hanno una importanza fondamentale per la nostra vita.


Ed ho iniziato anche accanto alla frustrazione a inorgoglirmi di appartenere, di far parte, di credere in una fede che ha potuto produrre nel tempo dei documenti così importanti, oserei dire così moderni anche se scritti più di 150 anni fa. Pensavo che la Dottrina Sociale della Chiesa partisse con Leone XIII in realtà parte con Pio IX con l’enciclica “Quanta cura” del 1864 e dal vangelo. La dottrina sociale della chiesa non è che la proiezione del vangelo, dell’insegnamento evangelico nella nostra congiuntura dei tempi. E’ un farsi parte attiva, un farsi interprete dell’evoluzione della società, è un  dare alla società, al nostro mondo civile, degli elementi, degli orientamenti, dei consigli pratici non teorici per rendere la nostra vita più piena. Poco prima diceva padre Bianchi giustamente, l’importantissimo concetto della dignità della persona “ Noi siamo fatti, secondo la nostra fede,  ad immagine e somiglianza di Dio”. Ecco, Dio chi è innanzitutto. Dio è creatore, quindi se noi siamo fatti ad immagine e somiglianza sua, noi dovremmo essere cocreatori e penso che la dignità della persona, venga rispettata, venga esaltata, soprattutto quando questa è capace di creare, di fare, di realizzare, di realizzarsi nel realizzare, per sé e per gli altri. La soddisfazione più grande per un uomo è produrre qualcosa di utile per sé e per gli altri. Non di essere un muscolo, semplicemente un muscolo: il vero muscolo sappiamo  non è quello del braccio, ma è del cervello, il vero muscolo, quello che nobilita l’uomo.


Se voi ci pensate, lo sviluppo della società, in senso più civile è partito dal momento in cui l’uomo ha abbandonato il muscolo, quello del braccio ed ha sempre più dedicato tempo a formare il suo cervello, la sua mente, la sua capacità di creazione positiva, per sé e per gli altri. Ora io sono rimasto sconvolto perché pur avendo operato per decenni nel mondo dell’economia e della finanza e avendo vissuto anni molto duri di grandi conflitti,  specialmente in Italia, tra capitale e lavoro - l’Italia sapete è stato il paese più  danneggiato da questa stupida guerra tra capitale e lavoro ed io ero abbastanza allarmato, soprattutto negli anni ’70, per il mio stesso lavoro che dipendeva molto invece dall’armonia tra questi due fattori della produzione - io nelle pagine della “Rerum Novarum” ho trovato delle idee modernissime che mi sono chiesto come mai non sono state recepite, ma non da chi credeva nel marxismo, in perfetta buona fede.  Pertanto io  non me la prendo con costoro, ma con chi doveva portare il patrimonio della Dottrina Sociale della Chiesa nella realtà del nostro paese e di altri, cioè me la prendo soprattutto con il partito che ha avuto l’ardire, contro il parere di don Sturzo, di chiamarsi cristiano.


Don Sturzo non voleva assolutamente associare il nome di Cristo ad un partito. Diceva,  se facciamo bene, benissimo, onore, ma se facciamo male corriamo un rischio gravissimo, quello di coinvolgere una persona assoluta, Gesù Cristo, Dio, che nulla ha a che veder con l’attività di un partito. Quindi
Partito Popolare Italiano, era questo il nome dato al partito da lui fondato. Ebbene la Democrazia Cristiana  stranamente, non ha saputo sfruttare una miniera. Io vi voglio leggere due passi della “Rerum Novarum”, che mi hanno subito colpito quando ho iniziato a leggerla, ripeto dal ’95 in poi, colpa gravissima.  Ma ho fatto parte di una società dove ad iniziare dalla Chiesa, purtroppo,  dalla parrocchia, dalla scuola cattolica, non si è curato questo insegnamento. I papi scrivevano ma poi ci si perdeva nelle pieghe della vita che non consentiva certi approfondimenti, non c’era la voglia di andare a fondo. Vi leggo due passi di Leone XIII, ma potrei leggervene anche di Pio IX di vent’anni prima, che sono abbastanza simili. “Nella presente questione sociale lo sconcio maggiore - sconcio, una parola forte per un papa - è questo, supporre l’una classe sociale    nemica naturalmente dell’altra, quasi che i ricchi e i  proletari gli abbia fatti natura lottare con duello implacabile fra loro, cosa tanto contraria alla ragione e alla verità che invece è verissimo che siccome il corpo umano le varie membra si accordano insieme e formano l’armonico temperamento che chiamasi simmetria  così volle la natura che nel civile  consorzio armonizzassero fra loro  quelle due classi  e ne risultasse l’equilibrio, l’una ha bisogno assoluto dell’altra, né il capitale può stare senza il lavoro né il lavoro può stare senza il capitale. La concordia  fa la bellezza e l’ordine delle cose mentre un perpetuo conflitto  non può dare che confusione e barbarie.” 


Pensate quanta confusione e quanta barbarie  nel tempo, perché l’uomo  non ha capito l’importanza di questa verità. Cioè due classi che dovevano unirsi  e non dividersi in guerra come Carlo Marx  aveva detto. In fin dei conti la “Rerum Novarum” era la risposta al Capitale di Carlo Marx che predicava appunto la guerra per poi soppiantare il capitale da parte della classe lavoratrice e dare allo stato un potere molto importante nell’economia. Il papa dice no, non ci deve essere guerra. Marx ha ragione a lamentarsi, eravamo in un periodo in cui i bambini morivano in fabbrica e c’era una violenza del capitalismo di quel tempo veramente scandalosa e Marx ha urlato, ma purtroppo quell’urlo non aveva dietro di sé una soluzione, una ricetta valida, per risolvere quel problema.


Il papa dice il problema si risolve nell’armonia, nel mettersi insieme, non nella guerra. Quindi colpa sia del capitale che del lavoro  non aver capito questa verità e Don Sturzo vi ricordo che quando diventò sindaco di Caltagirone nel 1905 per ben 15 anni, fu uno dei primi ad applicare questa ricetta, a creare subito un ambiente armonico fra questi due fattori della produzione.
Mise insieme i latifondisti con i contadini. Incominciò a dividere le proprietà, - d’accordo ovviamente con i latifondisti di cui uno era suo padre, lui era un barone, - e incominciò a coinvolgere il lavoro nel capitale, creò una banca per combattere l’usura, creò cooperative di lavoratori, di consumatori, creò delle scuole di formazione professionale e così via. Cioè lui dice io non ho fatto nulla di straordinario, non ho altro che applicato delle idee che ho ricevuto dalla Rerum Novarum. E la sua intransigenza negli anni successivi, derivava dal fatto che lui notava che tutte queste idee funzionavano, producevano  effetti nella società, effetti positivi. Quindi per quindici anni lui ha fatto il sindaco del suo paese creando la rivoluzione del paese, non solo a Caltagirone ma anche in altri paesi della Sicilia, anche a livello nazionale le sue idee cominciavano a prendere piede  e concludo questa prima parte sturziana ricordandovi che nel 1920 Sturzo fu il primo a livello mondiale - neanche in America avevano pensato ad un provvedimento di legge di questo tipo - a portare in parlamento,  tramite il partito popolare, un disegno di legge per l’ azionariato operaio.


Voleva cioè  coinvolgere il lavoro nel capitale, farlo partecipare agli utili del capitale, idea che Giolitti bocciò purtroppo perché era ancora legato ad un certo tipo di capitalismo dei pochi, che non ammetteva ancora una democrazia economica come poi nel tempo si è realizzata in molti paesi. Oggi sul foglio ho letto una rubrica in cui c’è questo passo, “25 ottobre 1951 dall’Osservatore Romano, consigli del Papa Pio XII  sull’uso dei soldi”. Pio XII coglie l’occasione di un congresso del Credito per far sapere la sua. Il pontefice se la prende con gli egoisti e gaudenti che sperperano nel lusso e nel godimento ed indica l’antidoto in un impiego giudizioso e profittevole dei capitali, trasformando in azionisti d’imprese utili coloro che depositano il loro denaro in fondi senza profitto o lo sperperano  in sciocchezze o in qualcosa che non crea sviluppo. Cioè Pio XII in pratica riprende il disegno sturziano dell’azionariato  diffuso nel 1920. 


Vi leggo un altro passo della Rerum Novarum incredibile perché scritto in un anno,
il 1891 in cui soltanto l’8 % degli italiani pagava le tasse. Ma non perché il 92 % le evadesse, ma perché quel 92 % non aveva un reddito imponibile e quindi le tasse erano pagate da pochi, perché non dimentichiamoci che il mondo per secoli, per millenni è andato avanti con i pochi che dominavano e sfruttavano i molti . Non dimentichiamoci che questa è la storia del mondo, e solo dal 1800 è iniziata l’apertura, il cuneo che ha aperto lo sviluppo, ma noi fino a 150 anni fa vivevamo in un mondo che era sempre lo stesso, lo 0,1 % dominava il 99,9 %. Infatti, la Rerum Novarum nel 1350 o nel 1700 era inconcepibile. Non c’era speranza, chi nasceva povero moriva povero, chi nasceva ricco moriva ricco, era questa la storia del mondo e non c’era modo per cambiarla, era questa la realtà. Per fortuna noi viviamo in un epoca storica in cui abbiamo visto che non  è giusto questo, perché se l’uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio deve essere capace di migliorarsi e migliorare, di passare dal muscolo del braccio al muscolo del cervello ed essere creatore di sviluppo. Ecco, ma sentite quello che viene detto in queste righe che sono impressionanti e che riguardano le tasse. Leone XIII dice in pratica che i vantaggi della proprietà privata sono tanti e li elenca per rispondere a Carlo Marx che invece voleva abolire la proprietà privata, però attenzione, questi vantaggi dipendono dalla seguente condizione, che la proprietà privata non venga stremata da imposte eccessive, pensate diceva questo con l’8 % di contribuenti. Ci verrebbe da dire ma questo è matto, vuole difendere l’8% . No, ebbene lui guardava avanti, il suo messaggio era : “Non tutti proletari, tutti proprietari” . Bisognava creare le condizioni nel tempo, ovviamente non in tre anni , ma nel lungo termine, bisognava diffondere la proprietà. Questa diffusione sarà tanto più facile effettuarla quanto più lo stato riuscirà ad essere stato e non imprenditore, banchiere, assicuratore, factotum. Cioè lui diceva che le tasse diventano eccessive quando lo stato svolge troppi compiti che non gli competono e quando fa questo deve poi esigere imposte, deve pagarsi i suoi passaggi nella società. 


Lo stato
invece ha dei compiti ben precisi, non deve travalicarli, deve fare l’arbitro e non il giocatore. Se fa il giocatore attenzione che poi il sistema diventa iniquo, perché si sprecano i soldi …cioè, tutte cose che noi poi abbiamo visto nella nostra realtà italiana, ma non nel 1891, ma nel 1960, ‘70, ’80, ed ecco quindi la mia frustrazione nel leggere queste cose.


Ma, mi chiedo sempre il perché non abbiamo capito in tempo che lo statalismo poi conduce a questo tipo di problemi……. e poi abbiamo la fuga di capitali, abbiamo quello  che evade le imposte perché dice che è impossibile pagare certe aliquote e si sente la coscienza a posto, “la colpa è dello stato”. Ebbene sì, quante giustificazioni abbiamo sentito noi in Italia in questi ultimi quaranta, cinquant’anni perché le tasse erano troppo alte e quindi l’evasore era quasi da premiare. Tutti problemi questi che il papa aveva cento e più anni fa affrontato e chi avrebbe dovuto avere il compito di divulgare queste idee, non l’ha fatto. Ripeto non i socialisti, i comunisti che avevano la loro dottrina e in perfetta buonafede credevano che fosse quella giusta, no, noi siamo stati quelli che hanno mancato nel portare avanti certi messaggi. 


Invece  Sturzo per tutta la sua vita, prima come sindaco, poi come esule successivamente per ventidue anni e poi come spina nel fianco della dc negli anni ‘50, sperava di poter incidere e di far capire che certi valori, certi principi vanno rispettati. Sono valori e principi che si abbeverano guarda caso alla Dottrina Sociale della Chiesa, la quale non vuole governare. Cioè
il papa nello scrivere l’enciclica non vuole fare il governatore della banca d’Italia o il primo ministro o l’imprenditore, vuole semplicemente  dare dei buoni consigli. 


In fin dei conti io dico sempre, nel vangelo più che comandamenti ci sono consigli. Infatti ci viene detto: voi siete liberi ( libero arbitrio), io vi ho creato liberi, di sbagliare e di fare le cose giuste, io non vi ho obbligato a fare le cose giuste, vi do dei consigli per evitare di sbagliare. "Io sono la via, la verità e la vita". Ecco, io penso che tutto si racchiuda in questa affermazione, purtroppo pochi di noi hanno approfondito questa frase. Se sei la via vediamo quale via ci indichi, se sei la verità, vediamo quale verità, se sei la vita vediamo quale vita. 


Quindi non abbiamo approfondito innanzitutto la fonte della nostra fede
, che è il vangelo e dal vangelo tutto ciò che è seguito, soprattutto con le encicliche sociali. Guardate che questo rimprovero lo faccio a me, lo faccio ai miei amici cristiani, lo faccio alla Chiesa, la quale nonostante queste encicliche, questi consigli continui, non ha fatto un buon lavoro nel far passare dal vertice alla base questi principi. Ecco perché dico illustre sconosciuta, illustre perché si sa qualcosa, ma poi sconosciuta perché non si è letta o capita, e non si è insegnata.


Pensate che nei seminari italiani, io so di molti seminari, non si parla di Dottrina Sociale della Chiesa. E questo è uno scandalo, si, certo in alcuni seminari c’è molta attenzione, ma in altri, io ne conosco tanti, non si parla di Dottrina Sociale della Chiesa. Non lo so il perché, sinceramente io non mi so dare una risposta, quasi ci fosse un pudore, non so, non  so che cosa, ma certo se la si legge tutta, se si leggono le encicliche più importanti, ci sono delle verità inconfutabili, poi soprattutto oggi che abbiamo visto tante falsità, scontrarsi contro il muro della realtà. Queste, non hanno potuto reggere alla storia, ma ciò si poteva cogliere già con Pio IX sin dal 1864 con “Quanta cura”, per poi non parlare degli altri papi. Quindi ripeto, una miniera non utilizzata. 


Noi come C.I.S.S., ci proponiamo invece di svuotarla questa miniera, di aprirla, di far capire ai nostri soci, ai nostri ascoltatori, ai nostri amici, quanto sia importante invece andare a scavare. E noi facciamo pubblicazioni in continuazione e stasera evidentemente in mezz’ora non si può fare molto, però abbiamo portato le nostre pubblicazioni, abbiamo portato la nostra rivista, abbiamo portato la nostra voglia davanti  a voi, per stimolarvi a capire l’importanza di questo patrimonio. Patrimonio di cui noi cristiani, dobbiamo andare orgogliosi, perché è la verità. Poi la realtà storica ci dimostra che era la verità quella che ci indicavano tanti pontefici. 


Non vorrei andare avanti oltre perché preferisco che ci sia un dibattito, voglio passare la parola al sindaco, voglio solo chiudere, ricordandovi un altro fatto clamoroso che pochi conoscono.  Oggi si parla tanto, sapete, di
sussidiarietà, cioè dell’importanza della famiglia, del comune, della regione, prima ancora che dello stato. Orbene questo principio che la comunità europea ha recepito nel trattato di Maastricht, è un principio di Dottrina Sociale della Chiesa. 1931,  “Quadragesimo anno”, Pio XI nel celebrare il quarantesimo anniversario della “Rerum Novarum”, parla di sussidiarietà. Per questo Don Sturzo nel fare il sindaco, avendo il prefetto di Roma come suo nemico più acerrimo, non il partito di opposizione, perché Roma voleva controllare tutto, faceva notare che Roma non poteva conoscere bene i problemi di Caltagirone come lo stesso comune. E quindi da qui il municipalismo sturziano, cioè l’importanza di un federalismo intelligente, di una maggiore responsabilità data a livello locale, da chi sta al centro, lontano, spesso distratto, spesso ignorante. Questo è un principio fondamentale che Pio XI ha poi recepito nella sua enciclica. Quindi ripeto, come cristiani dobbiamo essere orgogliosi di questa intelligenza pratica, non  teorica, non astratta, ma fatta di cose concrete : tasse, capitale, lavoro, impresa. Vi ricordo che Leone XIII chiamava gli imprenditori padroni, Pio XI datori di lavoro, Giovanni Paolo II imprenditori. Vedete c’è anche nelle parole una evoluzione. Padroni perché effettivamente erano padroni e con la p maiuscola un tempo e che padroni ! Tremendi, durissimi, poi datori di lavoro, poi imprenditori, perché ? Perché non sono più tre, non sono più dieci, sono milioni, creatori di lavoro, innanzitutto, creatori di bene comune, poi certo, c’è sempre il ladro, quello che sfrutta, la pecora nera, ma in generale prima di tutto, l’importanza della impresa come fatto sociale, dell’imprenditore come ruolo sociale ancora prima che economico nel paese. E quindi l’importanza di curare a che l’imprenditore non sia bastonato, che non venga  sempre additato come sfruttatore, cosa che in questo paese purtroppo fino a poco tempo fa era lo sport nazionale, perché prevaleva questo stupido conflitto tra il lavoro ed il capitale, nonostante che decenni prima già i papi avevano detto è una pazzia. Ecco io mi fermo, non voglio più andare avanti, vi invito alla lettura di quello che abbiamo preparato,  abbiamo lasciato nel banco fuori e spero che da questa serata vi siate incuriositi e spero che se cristiani inorgogliti di una miniera che abbiamo a disposizione e che possiamo portare nella società a profitto, a benessere di tutti.



SINDACO ARCH.  NOVARINO 

Io credo che la relazione qui svolta abbia molti elementi di riflessione. Tra l’altro penso di essere venuto qui per ascoltare, pur tuttavia c’è una riflessione di base che voglio fare e la traggo da un libro, che è uscito da poco, Enrico Rusconi, “Come se dio non ci fosse”. E’ un libro che a me è parso di grande interesse perché  in qualche modo dà un po’ i termini del ruolo che ciascuno di noi portatori di valori, ha all’interno di un sistema di democrazia. ……… Non vorrei farla lunga, se lo trovo lo leggo subito. Ovviamente quando uno lo cerca non lo trova…..non mi ero preparato….. cercherò di spiegarlo con le mie parole, partendo un momento da lontano. Io credo che oggi ci sia certamente riconoscibile nel sistema, diciamo di governo, una forte decadenza di tensione ideale. Mi accorgo che nell’ambiente in cui sono ad operare vi è una forte caduta di obiettivi, di valori, di pulsioni. Credo tuttavia, anche per le cose che sono state dette, che ci sia una ricchezza straordinaria del passato nel don Sturzo citato, che devono diventare delle proposte, degli arricchimenti all’interno di un sistema democratico in cui ognuno porta i propri elementi di convincimento e cerca di costruire le soluzioni ai problemi. Mi sembra interessante il riferimento che faceva il dottore prima su alcuni punti che possono essere o non essere alla base di qualunque azione di carattere amministrativo. Don Sturzo ha fatto il sindaco e quindi ha anticipato di circa un secolo l’esperienza che sto vivendo e credo che vi siano alcuni punti che abbiano un significato importantissimo. E’ stato citato che il centro dell’azione, il centro della vita è la persona. Questo vuol dire che all’interno della persona sono impliciti dei valori che non possono essere conculcati ma che devono trovare lo spazio per potersi esprimere. Diciamo così, proviamo a tradurlo in opzioni di carattere politico amministrativo locale, cioè bisogna garantire a tutti l’esercizio delle opportunità. Bisogna depotenziare un sistema di coercizioni che possono impedire alla dignità della persona di essere un valore. Lo traduco ancora in concetti che vi sono oggi all’interno del dibattito amministrativo politico. Aldo Bonomi che credo molti abbiano sentito è uno, come dire, straordinario personaggio che riflette ed ha riflettuto anche sugli elementi dello sviluppo delle comunità. Parla di un elemento forte, come elemento dello sviluppo della comunità che è la coesione sociale. Allora, non può esistere coesione sociale se c’è disparità in eccesso. Ribaltando il concetto, non può esserci coesione sociale se non c’è un livello diffuso di benessere sociale. Se partiamo da questo, mi sembra che molti dei ragionamenti che sono impliciti nell’insegnamento di don Sturzo li importiamo pari pari oggi, qualunque sia l’atteggiamento col quale ci accostiamo alle politiche di governo di un sistema compresso. Ne cito un altro: conflitto eterno o autonomia ? Ma guardate, le situazioni di conflitto sono tutte situazioni dalle quali non esistono che teorie per uscire, bisognerebbe parlare dando il senso dell’oggi, di concertazione, di condivisione dei progetti. Allora io credo che il conflitto sia un elemento di disvalore, qualunque esso sia all’interno del sistema locale, mentre la condivisione dei progetti sia un grande valore. E’ stata citata anche la sussidiarietà. E’ un argomento attorno al quale si lavora da tempo, sempre più arricchito da riflessioni e direi che come è stata qui presentata è estremamente attuale. Cerchiamo di tradurlo ancora. La sussidiarietà è certamente la necessità di non individuare livelli diversi che intervengono sullo stesso problema. Ribaltiamo il tutto: si deve essere in grado a livello più basso di poter risolvere il problema. Ribaltiamo ancora: non hanno ragione d’essere diversi livelli di governo ciascuno dei quali ha la stessa competenza su una parte del problema. Se è così e se devono essere gli elementi di governo locale in grado di risolvere i problemi, questi devono essere posti in condizioni di essere più vicini agli enti, agli organismi, alle persone che esprimono quei problemi, cioè deve esserci un federalismo intelligente. Nella  breve esperienza di vent’anni invece noi abbiamo assistito mediamente alla creazione di livelli di governo via via più complessi  e giammai ad una soluzione con uno stato più leggero, molto più decentrato e molto più vicino alle realtà locali. Cioè abbiamo sempre più articolato questo sistema rendendo difficile il principio della sussidiarietà, ma anche qualunque forma di federalismo. Io credo che uno stato leggero, che faccia da arbitro, che definisca le regole e poi osservi che quelle regole siano rispettate sia un obiettivo condiviso e condivisibile. Allora è chiaro che bisogna sfrondare, trasferire ove possibile il più basso possibile i livelli di decisione. Concludo. I termini complessivamente di don Sturzo sono straordinariamente attuali e pongono un arricchimento al dibattito complesso e forniscono anche una iniezione di idealità in un mondo politico, il mio, che è scarsamente legato a questa.



DIBATTITO

Domanda

Io mi sento cattolica, almeno cerco di esserlo, e mi chiedo mentre noi siamo qui che parliamo in teoria di queste cose giuste, della partecipazione del cittadino a livello più basso, in regione si sta discutendo dei buoni scuola. Si parlava di don Murialdo che promuoveva la scuola cattolica. Adesso io mi chiedo, possibile che i cattolici che sono la maggioranza di questa regione non riescano a smuovere questi buoni scuola in modo  che ci sia uguaglianza tra i ragazzi che vanno alla scuola statale e quelli che vanno alla scuola non statale. Noi cattolici mentre siamo qui, che cosa facciamo oltre a dirci delle buone cose. Perché non possiamo prendere una iniziativa questa sera, scrivere al vescovo ed ai vescovi del Piemonte che scuotano questi loro rappresentanti, perché avranno pure votato qualcuno,  vuol dire che se sono di destra stimoleranno quelli della destra, se sono di sinistra cosa che assolutamente non è improbabile,  stimoleranno i loro rappresentanti. Insomma siamo cattolici ed è vergognoso che le scuole, questo patrimonio che noi abbiamo venga demolito. Un altro problema gravissimo che si sta trattando in questo momento è la legge 194, che è la legge sull’aborto. Il governo di destra cerca di portare la relazione più corretta tra maternità ed infanzia e sembra che il comune di Torino vi possa destinare 11 miliardi in più, però questi vengono di nuovo dispersi. E noi cattolici cosa facciamo, è una cosa che io veramente trovo insopportabile, addirittura andare in chiesa farci delle belle prediche e non prendere delle iniziative. Perché a questo punto i cattolici devono essere rivoluzionari perché altrimenti devono per lo meno cambiare religione. Sarei contenta che questa sera si prendesse una iniziativa pratica, ad esempio che tutti i ragazzi delle scuole cattoliche mandassero una lettera al loro vescovo di ogni provincia, di ogni diocesi, per chiedergli una riparazione rispetto ai ragazzi che vanno alle scuole statali.



Risposta Palladino

So che in sala ci sono alcuni rappresentanti di Comunione e Liberazione, della Compagnia delle Opere che ha fatto molto in questo senso, ha fatto una raccolta di firme che mi sembra sia arrivata a circa un milione, se non sbaglio. Questa che è stata portata a Roma un anno fa, ha smosso sicuramente il parlamento. Un po’ in tutte le regioni dove oggi c’è il governo di centro destra ormai l’argomento è di grande attualità e si spera in un provvedimento. Nel Lazio e in Lombardia siamo vicini ormai, in Lombardia mi sembra che sia  già stato attuato. Comunque guardi, io sono il teorico dei passi misurati e non precipitosi. Non si può in breve tempo scalfire una realtà che per decenni ha visto lo stato monopolista.
Sturzo era un teorico della parità scolastica, lui ammirava moltissimo la Maria Montessori. Si incontrarono a Londra durante il suo esilio, Sturzo amareggiato le disse che lei stava girando il mondo mettendo su delle scuole con il suo metodo, in tutti i paesi praticamente più sviluppati tranne che in Italia, perché qui si era sotto il fascismo e la scuola doveva essere di stato. Purtroppo poi abbiamo continuato anche dopo il fascismo ed oggi siamo arrivati mi sembra all’8 % dei ragazzi italiani che vanno in scuole private, non cattoliche tra le quali ovviamente queste sono in prevalenza. Sturzo faceva notare che l’italiano non sarà pienamente libero fin quando ci sarà il monopolio, perché non vi sarà una sana concorrenza. Lui non voleva eliminare la scuola pubblica e diceva che questa avrebbe tratto grandi benefici dalla presenza di una forte scuola privata, e a vicenda si stimoleranno  per migliorarsi. E ha scritto fior di pagine su questo argomento senza essere ascoltato da nessuno, né in quel periodo né successivamente. Adesso da qualche anno incomincia a sentirsi di nuovo una voce concreta per portare avanti questo discorso. Direi che ormai siamo arrivati però a stalla quasi vuota, i buoi sono quasi tutti fuori però questo non vuol dire che non bisogna riprendere e portare avanti il discorso, anche se sappiamo che l’opposizione è fortissima, perché queste idee porterebbero quasi un attentato allo stato insegnante, cosa che invece non è affatto vera. Ripeto il problema è difficile, c’è la costituzione in cui è scritta una certa cosa, comunque che si può benissimo superare e io sono abbastanza ottimista, ci arriveremo. Ripeto lo sforzo è già stato fatto a livello individuale, mi riferisco a questo lavoro di Comunione e Liberazione che è stato formidabile, hanno mosso mezzo mondo affinché Roma sentisse questa voce. Quindi io non credo che dalle nostre firme questa sera possa arrivare chissà cosa,  c’è già un movimento che va verso il buono scuola. Poi vedremo, speriamo di essere bravi a dimostrare che l’idea è valida, perché poi ci vogliono anche i bravi applicatori. Ed io confido che vi siano questi bravi operatori poi, che dimostreranno allo stato che il provvedimento funziona, che non vi  è una spesa sprecata, ma tutt’altro.



Domanda


Mi interessava avere qualche indicazione  relativa agli spazi che attualmente ha la dottrina sociale della chiesa. Stiamo vivendo una rinascita di questi temi, ci sono delle speranze concrete che questi temi entrino dalla porta principale del dibattito politico e diventino terreno di attività e scelte concrete ?



Risposta Palladino


Ma sì nel nostro piccolo, stiamo incidendo in qualcosa. Innanzitutto stiamo parlando anche nelle unioni industriali dove è importante che certi concetti calino e si capiscano, si comprendano e che non vi sia il timore che il sociale voglia dire assalto al privato.
Quando si parla di Dottrina Sociale della Chiesa il privato confindustriale sempre rizza le orecchie pensando di essere assalito. Ecco abbiamo fatto capire questo che è già importante, cioè che quando si parla di “sociale” nessuno ha il monopolio. Sociale siamo noi, è la società, non è il partito rosso bianco o verde . Quindi questi concetti cominciano ad entrare e poi sopratutto molti si sorprendono che tanti anni fa, vi possano essere state menti di fior di professori di economia, penso al Toniolo per esempio che è stato uno degli ispiratori di Leone XIII, professore di economia all’università di Pisa, se non sbaglio, fino ad arrivare a  Michael Novak con Giovanni Paolo II per la Centesimus Annus. Michael Novak che è il più grande economista cattolico degli Stati Uniti, ci ha fatto capire l’importanza dell’impresa come fattore sociale più che economico, e tanti altri personaggi del mondo della cultura che sono riusciti a far passare certe idee, innanzitutto in Vaticano, sempre con la cartina di tornasole del vangelo, perché e ripeto, non ci può essere nulla della Dottrina Sociale della Chiesa che possa contrastarlo, quindi tutto si rifà al libro base. Nel vangelo ci sono tanti passi di economia. Io ho un amico sacerdote, don Alfio Spampinato che ha intenzione di scrivere l’economia del vangelo o l’economia nel vangelo. Perché spesso si pensa al vangelo in termini un po’ di aiuto ai poveri, di assistenza, di bontà, di carità ed invece c’è un altro vangelo che impegna, che stimola alla responsabilità, alla creatività, all’iniziativa privata, al fare. Non dimentichiamoci che non si può assistere, essere generosi se non si crea a monte una ricchezza, che ovviamente non va accumulata come oggi fanno gli zar d’Arabia ed i principi Feisal e compagni che in cinquant’anni di dollari che sono arrivati da quelle parti, hanno preso il 90 % per poi dare le briciole al popolo, ma è una ricchezza che stimola altra ricchezza. La Dottrina Sociale della Chiesa non vuole affatto stimolare il pigro o assistere la persona che non ha alcun diritto ad essere assistita che potrebbe invece far da sola e mettersi in moto, ma  responsabilizza. Ci sono tanti passi in cui si punta alla responsabilizzazione. La stessa previdenza sociale, Sturzo, tramite la dottrina sociale, la vedeva per i veri deboli, mentre stimolava la previdenza privata per i liberi e forti, come lui li chiamava. Cioè lui diceva che lo stato deve essere attento a chi è veramente debole e bisogna stimolare la responsabilità personale invece per integrare chi può farlo, con una previdenza privata e tanti altri concetti.


Lei dice, ma c’è concretezza in tutto questo? C’è possibilità di attuazione? Io penso di si, vedo dei segnali, certo che ci vorrà ancora del tempo, ne abbiamo perso già tanto in passato ma io penso che il mondo diventerà sempre più trasparente sotto questo profilo. Ecco, la Dottrina Sociale della Chiesa è un fattore di trasparenza, un fattore che stimola all’azione morale nell’economia.
Sturzo diceva che l’economia senza etica è diseconomia. In pratica il vangelo dice che invano i costruttori lavorano se edificano sulla sabbia e la sabbia è l’immoralità, il comportamento del furbo, è il comportamento di chi pensa di fregare il prossimo, tanto poi alla fine se ne esce vincitori. Quindi l’economia in prospettiva deve diventare sempre più trasparente e sempre più morale anche se questo molti lo ritengono utopistico. Ma concludo dicendo che Oscar Wilde scrisse un giorno che le utopie sono poi quelle che danno il passo al progresso. Cioè cose ritenute utopiche un tempo poi il cervello dell’uomo nella sua grandezza, perché noi abbiamo un grande cervello proprio come cocreatori, le realizza. Ecco, quindi io sono fiducioso, ci vorrà del tempo probabilmente moltissimi anni, però il comportamento dell’operatore economico sarà sempre più obbediente ad una certa etica della responsabilità.


Poi spetta alla responsabilità personale, dal buon uso che ne faremo di questo successo, il benessere materiale. Può anche essere facile farlo, abbiamo visto che molti facilmente lo hanno fatto, altri meno facilmente, ma in genere il benessere si realizza se ci si impegna. Ma il problema poi è gestirlo questo benessere, saperlo gestire per non cadere nel malessere, cioè nel cattivo uso del benessere. Ecco questo sarà l’altro fattore importantissimo. Noi siamo in una grande fase di transizione, veniamo da secoli in cui l’uomo non era responsabilizzato perché non era soggetto dell’economia, era oggetto e andiamo verso un epoca, un’ era in cui sarà sempre più un soggetto e  dovrà sempre più essere responsabile se vuole gestire bene questa ricchezza.



Domanda


Abbiamo detto che
la dottrina sociale nasce nei vangeli, a mio avviso nasce nella bibbia, anche perché senza la bibbia i vangeli non ci sarebbero stati. Poi s’è parlato di tasse, ma il problema non è solo delle tasse, è la spesa pubblica, perché le tasse  possono essere anche il male, per esempio, ma se i soldi spesi sono spesi bene, ritornano aumentati delle tasse dei cittadini, mentre invece si parla tradizionalmente sempre di tasse e non di controllo della spesa pubblica dove ci sono sempre tanti sperperi. Si è detto, mi sembra di aver capito, che conflitto è un elemento negativo, per me invece è estremamente positivo nel rispetto della dignità dell’avversario o del nemico, non disprezziamo il nemico che a volte lo si apprezza molto di più dell’amico perché la vita non è soltanto un "et et" è anche un "aut aut" e la socialità ha un valore se c’è una extra socialità, non la socialità delle formiche tutti bravi, uguali davanti al principe.



Risposta Palladino


Il conflitto nel 1891 era guerra, quindi Leone XIII risponde ad un atto di guerra. Qui si parlava di sostituire una classe con l’altra, annientare una classe a vantaggio dell’altra. Quindi lui reagiva più che al conflitto, alla guerra e diceva di mettersi d’accordo. Sturzo credeva nel conflitto, conflitto di cui parla lei, conflitto costruttivo, tra persone diciamo ragionevoli. Quindi quando io parlavo di conflitto mi riferivo più a quello drammatico e tragico, quello stupido conflitto di un tempo, cosa che oggi per fortuna non vediamo più. I papi hanno avuto delle visioni profetiche, io nel leggere le encicliche spesso ho detto “ma guarda ha visto in anticipo, qui non c’è senno di poi di cui sono piene le fosse, c’è senno di prima”. Questo è che a me è piaciuto in tante encicliche e da qui il mio dispiacere perché  la politica non è riuscita a capire soprattutto in Italia, il valore di un patrimonio come quello che ci davano questi papi e lo stesso
don Sturzo, il quale è stato un bravo operatore nella società. Lui in fin dei conti negli anni ‘50 era contro Mattei non perché costui avesse ambizioni di portare l’ENI a battere le sette sorelle e quindi a dare all’Italia una certa indipendenza nel confronto con queste, ciò  sarebbe stata forse un utopia probabilmente, ma perché vedeva lo stato impegnato in un settore economico dove era meglio invece vedere il conflitto in senso positivo tra i concorrenti. Cioè io sono convinto di una cosa, noi oggi pagheremmo la benzina molto di meno, come avviene in molti altri paesi, se avessimo dato non il monopolio del petrolio ad una azienda statale ma se avessimo concesso l’apertura del mercato a tutti, in regime di concorrenza non di prezzo controllato dallo stato. Perché lo stato monopolista del petrolio e quindi del prezzo, ha fatto il comodo suo e spesso ha coperto tante sue spese inutili, spese fatte male, con le tasse sulla benzina. Se avessero dominato il mercato le aziende private, lo stato ci avrebbe pensato due volte, prima di fare certe rapine, perché i concorrenti sul mercato avrebbero protestato a voce alta. E poi, inoltre Mattei fu il primo tangentista italiano. Da lì partì la pratica del pagamento a destra e a sinistra. E Sturzo vedeva con grande preoccupazione questo ruolo dello stato imprenditore. Abbiamo scritto molto su don Sturzo rigido su certi principi, perché riteniamo che sia importante far capire che in economia certe regole vanno rispettate. Due più due fa quattro e non fa cinque, chi pensa che faccia cinque poi alla fine avrà tre, come spesso accade. Quindi ripeto, Sturzo economista è poco conosciuto, Sturzo che conosceva bene i meccanismi dell’economia. Pensi che era accusato da La Pira di essere rimbambito. “Dagli Stati Uniti è tornato rimbambito” disse La Pira, perché Sturzo, secondo lui, andava parlando ancora  di principi liberali. La Pira invece voleva una economia sempre più in mano allo stato. Infatti tra i due  vi fu una grossa polemica,  tra due santi uomini ovviamente, senza mai scadere, una grossa polemica ideale. Ecco tutte cose che oggi rilette, fanno capire che occasione perduta, che opportunità perduta, è stata quella italiana nel non aver seguito certe idee sturziane ed avere invece seguito altre idee stataliste espresse da persone in buona fede che ritenevano che fosse quello il moderno e non quello che andava predicando  Sturzo, anche con la sua azione di giornalista.



Domanda



E’ vero noi abbiamo la teologia e l’uso della ragione che spiega la fede, la nostra non è la religione islamica che è una difesa apologetica….. il corano non si discute. C’era Giulio Andreotti questa estate che presentava un libro su Pio XII e accennava ad una sua notte tragica, passata insonne, prima della conferma della legge 194. Vengo alla domanda.
Ma che cos’è la morale cristiana nella vita politica, dove c’è il compromesso, il conflitto?



Risposta Palladino



Sturzo diceva che è morale ciò che è razionale, ed è immorale ciò che è irrazionale. Ora il problema è che cosa è la razionalità. La razionalità è il seguire la retta ragione, ma per molti la retta ragione può essere ad esempio fumare hashish, per altri no . Quindi vede, è tutto molto sindacabile, è tutto molto personale, però la morale cristiana è una, non c’è dubbio. Ci sono dei principi e dei valori che non possono essere calpestati. Quindi la retta ragione secondo un cristiano è quella legata a questi principi. Vi sono  tanti esempi in cui possiamo vedere se è retto o non è retto quello che si fa. La risposta per un vero cristiano per l’hashish è che non è retto . Non è retta ragione fumare hashish e così in tanti altri esempi pratici. La morale cristiana è legata a questa frase: <<Io sono la via, la verità e la vita>>. Se crediamo in questa magnifica, fantastica frase di Gesù Cristo, dobbiamo crederci e dobbiamo capire, leggere meglio il vangelo, capire meglio le sue parole che non sono parole di un romanziere, non sono fiction e quindi essere un po’ più attenti . Io vi dico sinceramente, ogni domenica vado a messa con piacere, soprattutto per il vangelo, perché vado di nuovo ad istruirmi. Per me il momento del vangelo è il momento più importante della messa a parte l’eucaristia ovviamente. Ma io ogni domenica mi arricchisco perché effettivamente  mi abbevero sempre di cose nuove e sempre di una validità ed attualità incredibile. Tutte le domeniche c’è un riferimento ad un fatto dell’ oggi, pensate, un qualcosa detto 2000 anni fa. Quindi la morale cristiana esiste e deve esistere anche in politica, per un cristiano. Capisco che Andreotti abbia passato la notte insonne. Certo per un cristiano quella legge non poteva essere considerata razionale, anche se per molte donne è razionale, l’aborto è razionale. Per un cristiano è irrazionale, non c’è dubbio. 


Lei dice la politica è compromesso, Sturzo diceva no,  la politica non deve essere compromesso perché poi si inciampa, prima o poi un compromesso porta a un qualcosa di negativo, e prima o poi questo emerge. Lui combatté contro il concordato perché vedeva in questo un grande compromesso che prima o poi avrebbe creato dei problemi. Due anni dopo, infatti, nel 1931 i problemi sono esplosi: attacco all’azione cattolica e altre cose. Sturzo le aveva previste ammonendo di  stare  attenti perché si avrebbe fatto un favore ad un regime che non avrebbe rispettato poi il concordato. Certo alla fine i compromessi si realizzano, però prima o poi si inciampa. Comunque la sua domanda è molto difficile, molto acuta, però la nostra coscienza deve rispondere. Ciascuno di noi nella sua coscienza ha la risposta, la mia è questa.



Domanda


Per Sturzo cosa significa sussidiarietà, parola molto usata oggi ma mai spiegata fino in fondo. Chi sussidiario a che cosa, voglio dire o è lo stato che è sussidiario al bisogno di qualcuno, il popolo, o è qualcuno del popolo che fa volontariato che è sussidiario ad una legge dello stato.



Risposta Palladino


Sturzo era un paladino della responsabilità personale. Lui diceva che se vogliamo innanzitutto creare progresso nella società ci deve essere un impegno personale, ci deve essere uno sforzo personale. Prima i doveri e poi i diritti. Noi diciamo sempre, diritti e doveri quasi in ordine alfabetico. Sturzo diceva prima i doveri, quindi ci responsabilizziamo e poi maturiamo i diritti. Allora sussidiarietà innanzitutto in noi stessi, cioè cerchiamo di costruire in noi stessi la forza necessaria per essere quanto più responsabili ed indipendenti, liberi e forti. Tutto ciò che deve fare chi è sopra di noi, lo deve fare perché obbiettivamente noi nel nostro piccolo non possiamo arrivare a certi livelli. Come sindaco lui ha dato la dimostrazione. In quindici anni come sindaco di Caltagirone ha creato un oasi di sviluppo in quel paese, applicando molto il principio della responsabilità personale. Faceva osservare che il comune si chiama così perché è di tutti e  non è di cinque famiglie. Però poi bisognava come cittadini, responsabilizzarsi e impegnarsi per dimostrare che effettivamente il comune era di tutti. Quindi sussidiarietà innanzitutto intesa come prima di tutto “dobbiamo essere noi a  impegnarci personalmente”.



Domanda



Si è parlato dello stato come arbitro, che non interviene nell’economia, però nella storia e parlo della crisi del ‘29, pare che si sia reso necessario un intervento dello stato in economia.



Risposta Palladino



Sturzo ammetteva come Leone XIII, un intervento temporaneo dello stato, in momenti di difficoltà. Oggi Bush passa da un bilancio strepitoso in surplus a un disavanzo che ci sarà tra pochi mesi. Intelligentemente sta usando lo stato in un ruolo molto più attivo, ma non nel senso che fa i panettoni e la benzina ed altre cose. Ma di uno stato che aiuta il settore privato ad uscire da una crisi che è fortissima in questo momento. Come ? Riducendo le imposte, stimolando gli incentivi fiscali, gli investimenti e così via. Incassando meno e spendendo di più ed in una maniera intelligente. Quindi nel ‘29 vi fu una crisi del capitalismo eccessivo come lo chiamava Sturzo, cioè del capitalismo dei pochi, del capitalismo speculativo, di quello che pensa che i soldi possono farsi con i soldi e quindi di arricchirsi senza produrre nulla ma semplicemente speculando su valori di borsa. Dei pochi, perché mi ricordo che nel ‘29 su 140 milioni di abitanti degli Stati Uniti solo un milione erano azionisti. I 139 milioni restanti non avevano i risparmi necessari per partecipare. L’economia americana nel ‘29 era una piccola economia, si era all’alba dello sviluppo. Lo stato poi con Roosevelt, diede la svolta e dal ‘33 in poi cominciò a diventare  più interventista. Ma, appena avviata la macchina lo stato ne usciva fuori. Quindi Sturzo ammetteva questo intervento. Sturzo infatti, fu nominato da De Gasperi presidente di una commissione per dare l’avvio alla cassa del mezzogiorno. Egli ammetteva quindi che lo stato italiano facesse questi interventi, però non voleva una cassa del mezzogiorno eterna. Pensava giusto che vi fosse solo un avvio, ma che poi vi fosse il settore privato ad entrare in piena attività ed a seguire le regole del mercato.

Conferenza con il dr. Palladino, presidente del Centro Internazionale Studi Sturzo, presso il Real Collegio di Moncalieri (Torino) del 25 ottobre 2001