Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo


Il Comunismo ha perso,

ma il capitalismo vincerà ?

Intervista a Palladino, presidente del Centro Studi Sturzo

di Vito Piepoli,
Responsabile Centro Internazionale Studi Sturzo  - Torino

Presso la Sala Conferenze del Real Collegio in via Real Collegio 30 di Moncalieri, giovedì 25 prossimo venturo alle ore 21, sarà presente Giovanni Palladino che opera da 34 anni nel mondo finanziario e previdenziale. E’ stato direttore dell’Area Finanza e Diritto d’Impresa della Confindustria ed è attualmente presidente del Centro Internazionale Studi Sturzo. Era stato ospite dell’Unione Industriale di Torino, con Luttwak,  lo scorso giugno, avendo fatto da moderatore nella giornata di studio dal titolo “Il capitalismo moderno esige trasparenza ” (vedi articolo del MONVISO del. 30 giugno a pag.17).

Questa volta non ce lo siamo fatti scappare e  quindi in qualità anche di studioso della Dottrina Sociale della Chiesa, gli abbiamo posto delle domande sulla sorte del capitalismo.

Il comunismo ha perso, ma il capitalismo vincerà?

Il capitalismo nella visione cristiana è sempre stato sottoposto ad un atteggiamento critico-costruttivo. Luigi Sturzo che aveva due principali punti di riferimento (era solito dire <<Devo tutto al Vangelo e alla Rerum Novarum>>) lo giudicava un sistema difettoso ma perfettibile. Anch’io lo ritengo un sistema capace di essere plasmato e corretto, come plasmabile e correggibile è la natura umana. Mentre è utile ricordare come la dottrina sociale della Chiesa abbia avuto ragione nel condannare duramente, sin dall’inizio, l’ideologia più disastrosa, che mai sia stata ideata ( e purtroppo applicata) nella lunga storia dell’umanità: l’ideologia comunista. Nel 1878, Leone XIII condannò subito con l’enciclica “Quod Apostolici Muneris” tale ideologia. La condanna fu ancora più esplicita nella Rerum Novarum del 1891 dove si auspicò che con l’inizio dell’alleanza tra capitale e lavoro, tutti i proletari potessero un giorno diventare proprietari. Nel 1937 con la Divini Redemptoris sul comunismo ateo, Pio XI ammonì che la dottrina marxista si presentava al popolo come un’idea di redenzione sociale ed economica, ma che in realtà si trattava di una falsa redenzione e di una falsa giustizia. Potrei continuare con altri Pontefici, da Pio XII sino a Giovanni Paolo II, in questa rassegna di ammonimenti sulla natura nefasta, perché “contro natura” del marxismo. Una ideologia destinata alla sconfitta, ma che purtroppo nel corso della sua lunga applicazione alla vita pratica ha creato, in tanti paesi, immensi lutti, profonde ingiustizie ed un diffuso degrado umano. Il suo è stato un danno anche antropologico, perché umiliando e deresponsabilizzando i lavoratori, li ha indeboliti,  incidendo negativamente sulle loro potenziali qualità umane.

Perché dice questo, lei ritiene che il comunismo sia andato a danno degli stessi operai?

La mia critica costruttiva è diretta verso un sistema che, non basandosi sulla capacità creativa dell’uomo, ossia sull’iniziativa privata, sul diritto naturale della proprietà privata, sulla responsabilità personale, sul gusto per il rischio, sulla libertà di concorrenza, sull’intervento solo regolatore dello Stato (arbitro imparziale e non giocatore interessato) poteva facilmente sconfinare nel non uso della responsabilità personale.

Invece il capitalismo ?

Il capitalismo permette, basandosi invece sulla capacità creativa dell’uomo e sulla proprietà privata, l’uso della responsabilità personale che però può facilmente sconfinare in un cattivo uso: abuso del diritto di proprietà, trasformazione del rischio produttivo in rischio speculativo, limitazione della concorrenza. Conviene ora ricordare che il primo disegno di legge, primo a livello mondiale,  sull’azionariato operaio fu presentato nel 1920 dal Ppi su idea di Don Sturzo, un idea nata con la “Rerum Novarum”. E’ il principio tipico del capitalismo moderno, della stretta alleanza tra capitale e lavoro, principio ribadito da Pio XI nella “Quadragesimo Anno” con queste incisive parole: “Se quel che più conta – l’intelligenza, il capitale e il lavoro – non si associano quasi a formare una cosa sola, l’umana attività non può produrre i suoi frutti”. Eppure sia Pio XI che Don Sturzo criticarono duramente il capitalismo negli anni 30. Ma la loro critica era rivolta al capitalismo speculativo e di rapina che nulla aveva a che fare con il capitalismo popolare e partecipativo da loro auspicato. Quello era un sistema economico in mano a pochi e quindi chiuso, opaco, manipolato. Era il capitalismo selvaggio che oggi prevale nei paesi dell’Est, ma che non può essere confuso con il sistema economico ora prevalente nel mondo occidentale.

Come è possibile allora rendere compatibile il profitto ed il bene comune ?

Il capitalismo selvaggio è contro l’impresa, il profitto ed il mercato. Porta all’irresponsabilità di gestione, a selezioni non per professionalità ma per appartenenza, ad assenza di produttività, a lievitazione dei costi, privilegi e nepotismi, a saccheggio di denaro pubblico e, attraverso la compiacenza delle banche all’ esproprio del denaro dei risparmiatori. Per Sturzo il capitalismo popolare doveva innanzitutto essere un sistema di valori fondamentali. Se l’attività politica ed economica sono prive di radice etica e non sono realizzate con sacrificio, il risultato finale a lungo andare è negativo. L’attività si trasforma in passività e l’uomo si immiserisce. Per questo Sturzo combatteva contro il fascismo, il socialcomunismo, lo statalismo, la partitocrazia e contro i monopoli pubblici e privati. La sconfitta del comunismo, del nazismo e del fascismo è stata causata principalmente dalla violazione della legge morale che è l’ossigeno di una società civile. Il capitalismo è ancora in vita, perché spesso ha detto:”Capisco e mi adeguo”. Avrà lunga vita solo se nei governanti e nei governati prevarrà la cultura di quella libertà ordinata, razionale, morale che sola può consentire lo sviluppo nella giustizia e nella pace.

di Vito Piepoli,
Responsabile Centro Internazionale Studi Sturzo  - Torino
1 ottobre 2001