Riflessioni

Uomini senza Dio

Kamikaze e cardiochirurghi
 

 
di Carmelo Cordiani


La notizia della tragedia consumatasi a pochi chilometri dalla pista di atterraggio dell’aeroporto di Cagliari, ha toccato il cuore di tanti esseri umani. Uso esseri umani, senza altra qualifica, perché sarebbe ora che ci ricordassimo di appartenere agli esseri umani e di avere qualcosa in più rispetto agli altri esseri.

 

La cronaca, purtroppo giornaliera, ci sbatte in faccia strade insanguinate, brandelli di corpi dilaniati, bambini senza gambe, senza mani, esseri umani sacrificati a chi? E perché? Cosa può giustificare un Kamikaze, essere umano anche lui,  imbottito di esplosivo che si fa saltare in aria, portandosi dietro tanti, tanti altri esseri umani? Il patriottismo? La religione? L’indottrinamento? Niente e poi niente giustifica il sacrificio del Kamikaze e delle sue vittime. Niente e nessuno. Né il Dio dei cristiani, né Allah, né Budda. Se così fosse, non vogliamo alcun dio. Cosa farsene di un dio che spinge all’odio, alla morte? Non ucciderti, non uccidere. Non farti del male, non fare del male. La vita, bene impagabile, meraviglioso, eterno perché ad immagine di Dio eterno.

Il bene, solo il bene, sempre il bene. Come i sei cardiochirurghi, partiti per fare del bene, con un cuore donato per il bene, spentosi, purtroppo, accanto ad altri sei cuori generosi.

 

Quale abisso tra il kamikaze e i sei cardiochirurghi! Si dirà che anche il kamikaze è convinto che il suo sacrificio serve, è dovuto, glielo impone un’etica. Deve sacrificarsi per il bene collettivo. Così gli hanno detto i capi, i sapienti, quelli in grado di anticipare loro il premio che li attende. Pensiamo: quando si presenteranno lacerati davanti al loro dio, con tutte quelle povere vittime a brandelli, quale premio possono ricevere? Quale dio può dire “Bravo!” ad un kamikaze ? E agli innocenti, cosa dirà? Sono questi, semmai, che dovrebbero chiedere: “Ma io che c’entravo? Io non ho mai voluto la guerra, odiavo la violenza, amavo la vita. Perché mi è stata tolta? Tu, dio, dici bravo al kamikaze? Ma che razza di dio sei?”

 

I cardiochirurghi, sei professionisti, sei portatori di speranza, preoccupati solo di fare presto per raggiungere un paziente che lottava con la morte, con un cuore malato. Sei esseri umani, sei portatori di vita, sei martiri autentici, ai quali non era stato promesso alcun paradiso speciale, che sarebbero ritornati al lavoro normale, alla vita di ogni giorno, una volta che il cuore loro affidato avesse ripreso a battere, continuando a voler bene come aveva voluto bene nel petto del donatore.

 

Quale abisso! C’è da chiedersi da dove nasce tanto odio tra gli esseri umani. C’è da chiedersi cosa spinge il Kamikaze a distruggersi e a distruggere. Ricordo i nostri vecchi che, di fronte ad atti disumani, abbassavano la testa e dicevano : “Uomini senza Dio”. Ecco: senza Dio. Altro che promessa di un nuovo Eden! Altro che paradiso di felicità, senza alcun dolore, ricco di harem e di quant’altro la stupidità umana inventa. Come dire: “ Se vuoi andare a goderti il paradiso prima del tempo, fatti saltare in aria, massacra quanti più puoi, fai scorrere nelle strade fiumi di sangue. Questo vuole il nostro dio, questo impone la ragione del nostro stato, questo devi fare per dimostrare il tuo patriottismo”.

 

Che follia! La gente vuole vivere. Anche il povero vuole vivere. La strada della violenza non conduce né alla vita, né alla libertà. Liberi nel rispetto delle regole. Al di fuori solo sopraffazione.

 

Le regole dei sei portatori di vita erano scritte nel codice deontologico. Le hanno rispettate, fino in fondo. La loro vita in cambio di un’altra? No. Il loro impegno di  vita per far vivere un altro. Poi si è messo di mezzo l’imprevedibile. E’ un’altra cosa. I sei cardiochirurghi vivono ancora, nel ricordo e nell’affetto di tanti esseri umani, di quelli, però, che credono nei valori della vita. Non credono nella barbarie dei kamikaze.
 

Riflessioni: «Kamikaze e cardiochirurghi», di Carmelo Cordiani,  03.03.2004
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