Riflessioni

«Dove andate, figli miei?»
 

 
di Carmelo Cordiani,

 
  Una giornata come tante altre, nella piccola comunità di Giffone, paesetto arroccato sul crinale preaspromontano. Gente che, ogni mattina, inizia l’attività quotidiana, raggiunge il suo pezzo di terra, percorrendo a piedi il tratto di strada che si apre ad est del paese e scende a valle, proprio vicino al gruppo della Bella Signora che si intrattiene con Massimino e Melania. Nessuno passa senza voltarsi verso la Madonna. Segnarsi, recitare una breve preghiera, salutare quella Persona divenuta, ormai amica. In una di queste solite giornate mi capitò di scambiare due parole con un signore, un contadino, arnesi da lavoro in spalla, berretto in mano, con una espressione serena, come se avesse sentito una parola piacevole, un consiglio prezioso. “Che c’è? Come andiamo?”. “Bene”, mi rispose. “Quando passo davanti a questa statua, non posso fare a meno di fermarmi un momento. E’ come se la Madonna mi dicesse: “Dove vai, figlio mio?”. Me lo dice davvero, sapete. Si interessa di me. E io Le rispondo.

  Brevemente, come si fa con gli amici. E Lei mi augura buon lavoro, buona giornata. Io mi sento più sereno. La ringrazio e riprendo la mia strada. Al ritorno, la sera, mi fermo ancora un minuto. Per ringraziarla ancora. La ritrovo con lo stesso sorriso. Sembra volermi dire che è contenta di rivedermi, perché mi ha pensato tutto il giorno, mentre ero intento a lavorare”.

 Queste poche parole scambiate percorrendo  i pochi metri per recarmi in ufficio, mi hanno richiamato l’invito che la Madonna aveva fatto ai due pastorelli: “Venite avanti, figli miei, non abbiate paura”. Oggi, alla gente comune si rivolge con una attenzione diversa, preoccupata del fatto che non si avvicinano a Lei per ascoltare le sue parole di speranza. E le ferma, le interroga, chiede loro: “Dove andate, figli miei”.

 Dove andiamo, noi, figli di una madre tanto premurosa? Quali percorsi scegliamo, quali esperienze di vita preferiamo, quali gratificazioni riceviamo da queste scelte?

Se è vero che l’incertezza, il senso di smarrimento, la mancanza di riferimenti forti, la perdita di valori, la confusione ormai diffusa preoccupano le società, vuol dire che scegliamo percorsi senza uscita. Vuol dire che rimaniamo indifferenti all’invito di avvicinarci a chi può dare senso alla nostra vita, a questo bene prezioso che sciupiamo, che consumiamo ogni giorno con l’amaro in bocca, restando prigionieri delle nostre sofferenze. Dove andiamo? Ripercorriamo, come Massimino e Melania il sentiero che ci farà incontrare la Bella Signora. Fermiamoci senza paura ad ascoltare le sue parole. Solo un momento, prima di iniziare la nostra attività, ogni giorno, come fa il contadino di Giffone.
 

 

Riflessioni: «Dove andate, figli miei?», di Carmelo Cordiani,  3/3/2003
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