Riflessioni |
«Dove andate,
figli miei?» |
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di
Carmelo Cordiani,
Brevemente, come si fa con gli amici. E Lei mi augura buon lavoro, buona giornata. Io mi sento più sereno. La ringrazio e riprendo la mia strada. Al ritorno, la sera, mi fermo ancora un minuto. Per ringraziarla ancora. La ritrovo con lo stesso sorriso. Sembra volermi dire che è contenta di rivedermi, perché mi ha pensato tutto il giorno, mentre ero intento a lavorare”. Queste poche parole scambiate percorrendo i pochi metri per recarmi in ufficio, mi hanno richiamato l’invito che la Madonna aveva fatto ai due pastorelli: “Venite avanti, figli miei, non abbiate paura”. Oggi, alla gente comune si rivolge con una attenzione diversa, preoccupata del fatto che non si avvicinano a Lei per ascoltare le sue parole di speranza. E le ferma, le interroga, chiede loro: “Dove andate, figli miei”. Dove andiamo, noi, figli di una madre tanto premurosa? Quali percorsi scegliamo, quali esperienze di vita preferiamo, quali gratificazioni riceviamo da queste scelte? Se
è vero che l’incertezza, il senso di smarrimento, la mancanza di
riferimenti forti, la perdita di valori, la confusione ormai diffusa
preoccupano le società, vuol dire che scegliamo percorsi senza uscita.
Vuol dire che rimaniamo indifferenti all’invito di avvicinarci a chi
può dare senso alla nostra vita, a questo bene prezioso che sciupiamo,
che consumiamo ogni giorno con l’amaro in bocca, restando prigionieri
delle nostre sofferenze. Dove andiamo? Ripercorriamo, come Massimino e
Melania il sentiero che ci farà incontrare la Bella Signora.
Fermiamoci senza paura ad ascoltare le sue parole. Solo un momento,
prima di iniziare la nostra attività, ogni giorno, come fa il
contadino di Giffone. |
Riflessioni:
«Dove andate, figli miei?», di Carmelo Cordiani, 3/3/2003