Politica |
Napoli-Milano, il «marchio» della speranza
Angelico (Ceccato spa): così
valorizzeremo le risorse del rione Sanità «Se mi fa male una gamba
non posso dire di star bene. Non è che se sta male Napoli interessa
solo a loro Da quella gente continuo a imparare» |
Da Concorezzo
(Milano) Angelo Picariello
Vincenzino e
Gennaro l'hanno presa bene, ci hanno preso gusto. Dal rione Sanità
sono venuti qui in Brianza per lavorare e pensano di stabilirsi.
Hanno poco più di 20 anni e hanno conosciuto bene la paura, uno di
loro ha rischiato la vita, nel corso di una rapina che ha subìto.
Storie quotidiane di una città con gravi problemi, che si sono
lasciati alle spalle, ma di cui conservano ancora nitidi i segni in
quegli occhi e in quel volto sorridente che è più inconfondibile di
un marchio di fabbrica. Sono stati da poco assunti da Giuseppe,
"Pippo", Angelico, presidente della Ceccato spa, azienda diventata
in questi anni leader nel settore delle fibre sintetiche e della
meccanica di precisione. Ha 120 dipendenti, esporta in 57 Paesi il
gruppo, cresce del 15% l'anno ed è presente in 38 Paesi. Ma è
difficile dire compiutamente di che cosa si occupa: «Facciamo anche
componenti di motoristica, quando scopro una novità ci metto su a
lavorare le persone». E non chiedetegli che cosa produrrà qui in
questo nuovo stabilimento di Concorezzo: «La concorrenza è sempre in
agguato...». Ama le novità, insomma, e l'ultima che si è inventato è
davvero la novità delle novità. Va bene Vincenzino e Gennaro, ma da
oggi la nuova sfida (parola che non ama, «la realtà è sempre una
sfida», dice) è portarlo lì il lavoro, a Napoli. Nasce, per
iniziativa di Angelico, il marchio del rione Sanità. «Ci ho
investito qualcosa di mio, non della Ceccato, sia ben chiaro. E non
mi aspetto un ritorno. Non in denaro, voglio dire». Perché, il
ritorno, a dire il vero, gli arriva ogni volta che va giù: «Vado in
quelle case in cui vivono in ammassati in pochi metri, e mi ricevono
con una dignità che io non ho quando accolgo la gente in casa. Loro
mi ringraziano, ma sono io che ringrazio loro, sono io che ho
bisogno di loro». Angelico è uno che concepisce l'impresa,
innanzitutto, come rapporto fra persone, molto esigente con i suoi
dipendenti, ma anche largo di manica, alla fine. Fece scalpore,
qualche anno fa, ai primi successi aziendali, la sua decisione di
non ripartire gli utili in dividendi, ma di aumentare gli stipendi:
«Qui guadagnano il 25% in più del contratto di settore», rivendica.
Si spiegano così, oltre che con l'amore per il Sud, quei due enormi
ulivi fatti arrivare apposta dalla Calabria e piantati al centro
della fabbrica, in un giardinetto. «Sono convinto che se uno vede
qualcosa di bello lavora meglio». E si spiega così anche la piscina
che ha fatto costruire accanto allo stabilimento, e il campo di
calcio, più in là: «Sono un raro caso di imprenditore che ha
l'azienda ricca, ma che ricco non è. Io, per dire, la casa al mare
non ce l'ho. Ho anche io l'obiettivo di fare guadagni, sia chiaro,
ma credo che, così, se ne fanno anche di più». Resta da spiegare
come è nata questa idea di Napoli. E si scopre che anche questa
"impresa" nasce come rapporto fra persone. «Ho conosciuto
l'esperienza del Centro di solidarietà del Rione Sanità. Ne avevo
sentito parlare al Meeting di Rimini dello scorso anno, e sono
rimasto molto colpito, se ne era parlato anche con mia moglie.
Cosicché quando, in febbraio, mi hanno chiesto di andare a dare
un'occhiata sono stato felice, non chiedevo altro». La storia del
marchio della Sanità è iniziata così: «Mi ha colpito dall'umanità
che ho trovato lì. C'è una ricchezza enorme in quelle persone, siamo
tornati più volte, e ora nel mettere su questa cooperativa non ci
siamo dovuti inventare niente, abbiamo solo valorizzato quello che
già c'è. Le faccio un esempio. Il mio sarto è di Napoli. Un abito su
misura fatto da loro può arrivare a costare anche 2.500 euro, ma un
sarto prende solo 300 euro al mese. Perché manca il mercato, il
marketing. Un giorno chiedo ad Annarita, la presidente del centro di
solidarietà, su quali fondi si regge il centro. "Sulla Provvidenza e
qualche finanziamento istituzionale". E così è nata l'idea. Creare
una cooperativa per dare una prospettiva alle tante risorse che ci
sono. E gli utili vanno al centro si solidarietà, che fa tante cose
buone ma fatica a trovare i soldi per stare in piedi». Tre idee, per
partire: un laboratorio di abiti di sartoria e abiti da sposa, un
altro laboratorio di ceramica e un'iniziativa di sostegno al
turismo, valorizzando le guide che sono disponibili a mettersi al
lavoro per propagandare uno dei centri storici più belli e meno
valorizzati d'Italia. Uno dice: finalmente qualcuno va a dare una
mano a una città in difficoltà: «No, io vado perché sono io che ho
bisogno di loro. Gente straordinaria cui è stata tolta la speranza,
come rassegnata all'idea che non cambia niente. C'è bisogno di
esempi, c'è bisogno di vedere quel che altri fanno». Ma uno che sta
così tranquillo in Brianza come gli viene di andarsi a cacciare nel
cuore dell'inferno? «Se sta meglio Napoli, sto meglio anch'io. Non è
che se ti fa male una gamba puoi dire di stare bene. Uno che abita
in questo Paese non può pensare che Napoli gli sia estranea». Già,
ma l'idea poteva venire anche a un imprenditore napoletano, il ceto
borghese non è che faccia tanto per la sua città: «Mi auguro che se
l'idea funziona possa essere di esempio anche per loro». Ma l'ultima
cosa che gli va di fare è polemizzare con i colleghi partenopei
"assistiti" e a corto di idee: «Non voglio pensare che ci siano
imprenditori che aspettano di far soldi senza aver fatto niente».
Abbiamo parlato di tutto, tranne che della camorra. Eppure è la
malavita la grande palla al piede di ogni strategia di sviluppo a
Napoli: «Io amo la vita e spero di vivere il più a lungo possibile.
Ma non riesco a immaginarmi vivo se non costruisco qualcosa di
buono. Capisco la paura, non voglio fare il moralista, ma confesso
che il problema non me lo sono posto». E se arrivasse qualche
minaccia? «In fondo che cosa possono farmi? Non andare dietro a
possibilità belle come quelle che si aprono, per me, a Napoli,
quello sì sarebbe come non vivere. Quella città è una miniera d'oro,
che attende solo di essere valorizzata. L'esercito? Non decido io,
ma non aspetto l'esercito per andarci». |
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Politica: «Napoli-Milano, il «marchio» della speranza. Angelico (Ceccato spa): così valorizzeremo le risorse del rione Sanità «Se mi fa male una gamba non posso dire di star bene. Non è che se sta male Napoli interessa solo a loro Da quella gente continuo a imparare», Da Concorezzo (Milano) Angelo Picariello, Avvenire 2.11.2006 |