Politica:

 

Assente (o carente) nella battaglia delle idee,
DESTRA DI GOVERNO CULTURA CERCASI

 

 

di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA



Non sbaglia il presidente del Consiglio quando, in risposta ai critici, dice che i suoi lapidari giudizi sulla magistratura, sul fascismo e su quant’altro, non fanno che riprodurre in realtà l’opinione degli italiani. Dovrebbe aggiungere - e invece lo aggiungiamo noi - degli italiani di destra, naturalmente. Berlusconi, insomma, rifiuta ogni originalità per rivendicare la natura di semplice sintomo. Ha ragione, ma proprio da qui nasce il problema vero. Il problema cioè di un’Italia di destra (forse addirittura maggioritaria) la quale pensa e si esprime come fa il presidente del Consiglio, vale a dire in modi tali da non potere che suscitare il rifiuto non solo dell’Italia di sinistra ma pure il rifiuto di chi crede che di tutto si possa e si debba discutere, certamente, purché però a partire da una minima conoscenza delle cose e da una minima proprietà di pensiero e di linguaggio.
Sì, di tutto si può e si deve discutere. A cominciare dalla nostra storia e in particolare dal fascismo, a proposito del quale è certo che l’immagine di esso fatta propria specialmente dai ceti medi come di una dittatura all’«acqua di rose», con cui volendo era facile trovare un modus vivendi , è stata ed è ancora liquidata da troppe parti con una sdegnosa alzata di spalle. Esiste insomma in Italia sul fascismo, così come su altre pagine della nostra storia e anche del nostro presente, un senso comune diffuso, forse addirittura maggioritario, che contrasta in modo talora assoluto con le versioni di quel passato e di quel presente accreditate dal ceto egemone nel campo dell’elaborazione culturale e della comunicazione pubblica. Su molti temi, insomma, esiste da decenni nel Paese una profonda frattura tra il sentimento e l’esperienza dei molti, o forse dei più, da un lato, e il discorso pubblico dall’altro.


Se intende dare voce a quei molti o a quei più contro le versioni della cultura ufficiale, accusata, sostanzialmente a ragione, di aver spesso dato ascolto esclusivamente a un puro pregiudizio ideologico di sinistra, la destra fa benissimo: magari partecipasse finalmente anch’essa alla battaglia delle idee, magari i politici di destra si decidessero a capire l’importanza di tale battaglia, della cultura, della scuola e dei libri.


Ma di qui bisogna passare, appunto, scorciatoie non sono ammesse. Per dire la propria bisogna aver letto, conoscere gli argomenti, saper entrare nel merito, adoperare termini e linguaggio appropriati. Sulle cose importanti le battute non sono ammesse, e anzi sono controproducenti. Le battute si fanno al bar quando si parla di calcio o di Sanremo, non quando si parla di cose serie.


Una delle maledizioni di questo Paese consiste precisamente nel fatto che da mezzo secolo la destra, il popolo di destra, legge poco e male, dimostra uno scarsissimo interesse per le cose della cultura, non si preoccupa più di tanto della sorte dell’istruzione e della ricerca, e dunque, quando parla, non è capace in genere di andare oltre la battuta o il bercio. È per questa sostanziale latitanza culturale dell’Italia di destra, per questo suo sostanziale disinteresse (oltre che, naturalmente, per la consumata abilità e la chiarezza strategica dei suoi avversari), che da mezzo secolo il palcoscenico culturale del Paese è occupato da un solo attore. La colpa principale del presidente del Consiglio non è di aver detto cose che non si possono dire, ma di averle dette in un modo tale che può suonare solo conferma e giustificazione della inscalfibile egemonia della sinistra sui pensieri e sulla memoria del Paese.
 

Politica: «Assente (o carente) nella battaglia delle idee. DESTRA DI GOVERNO CULTURA CERCASI», di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA, Il Corriere della Sera 19.9.2003

 

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