Politica:

Servire il bene comune giova di più che perseguire il proprio tornaconto

Anche la politica c'entra con il bene,
non è necessario buttarsi sul sociale

 

 
di Giorgio Vittadini
Presidente Compagnia delle Opere


Nel dibattito politico-istituzionale sull'ente locale le posizioni sembrano mischiarsi. Alcuni politici, teoricamente fautori della libertà d'iniziativa, difendendo l'ente locale assumono posizioni stataliste; altri, tradizionalmente difensori dell'intervento statale in economia, avallano operazioni che pubblicizzano le perdite, le privatizzazioni, i profitti; altri ancora, custodi della laicità e neutralità dell'ente pubblico, favoriscono in modo selettivo solo le iniziative "democratiche" di una certa parte e di una certa ideologia, con una logica uguale e contraria a chi concepisce la politica come strumento di rapina per la propria lobby economica.

Giova un po' di chiarezza per decidere cosa si vuole di fronte alle prossime Amministrative.

Quattro sono i passaggi fondamentali.

Il primo punto riguarda il tema della pubblica utilità. L'Ente locale deve individuare e promuovere quelle realtà di diritto privato che svolgono una funzione di servizio per tutti, vale a dire sono di pubblica utilità. In Italia sono moltissime: ospedali classificati, opere di carità, scuole, università, associazioni ambientaliste. Vi sono anche imprese di servizi e altre realtà aziendali che non sono governate esclusivamente dallo Stato o dall'ente locale, ma a cui partecipa anche la collettività, pensiamo alle società ex municipalizzate come Sea, Aem eccetera. Occorre favorire le privatizzazioni e le liberalizzazioni nel campo delle telecomunicazioni, dell'energia elettrica, del gas eccetera, a patto che salvaguardino il diritto del consumatore a scegliere il proprio fornitore e assicurino un rapporto ottimale qualità/prezzo.

Il secondo punto da affrontare è la sussidiarietà orizzontale. L'ente locale non deve gestire tutto, ma deve salvaguardare la libertà di scelta dell'utente nei servizi alla in persona (adozione, affido, assistenza agli anziani, cura dei minori a rischio, salute, istruzione) attraverso il sistema dei "voucher" o della deduzione-detrazione fiscale. Il federalismo deve partire dalla sussidiarietà orizzontale, altrimenti è solo l'inizio di un nuovo e più soffocante centralismo locale.

Come terzo passaggio occorre individuare i beni indissolubilmente pubblici. La sussidiarietà orizzontale è tanto più vera quanto più accetta che vi siano aspetti di competenza dell'istituzione pubblica. Temi come la tutela della salute e del patrimonio naturale, la difesa dei suolo, le regole di base dei sistema scolastico, la lotta contro l'inquinamento e la sicurezza del cittadino non possono essere rivoltati come un calzino al cambio di maggioranza e mutati di regione in regione, lasciati alla libertà di iniziativa dei privati, pena la distruzione e la barbarie.

Infine, l'ultimo punto riguarda il pluralismo di istituzioni. L'Ente locale non è l'unica forma di rappresentanza democratica; lo sono anche quella miriade di enti e istituzioni che con efficacia si occupano di aspetti della vita civile, come Camere di Commercio, Università, Porti, Aeroporti, Parchi, e realtà quali le Fondazioni culturali e bancarie.

Ma perché è così difficile prendere in considerazione questi principi che sono di ordine generale e non settari?

La verità è che anche le soluzioni più ragionevoli e adatte all'uomo sono incomprensibili se, in qualche modo, l'appartenenza a blocchi sociali e politici invece di aiutare a cercare il bene comune attraverso soluzioni di compromesso valide per tutti, diventa ideologia a priori, a partire dalla quale demonizzare l'altro. Forse, prima che soluzioni tecniche, è necessario seguire chi ci mostra che il vero c'entra con tutto. Solo così potremo godere di ciò che già abbiamo, senza per questo smettere di essere irrequieti per il desiderio di costruire un domani migliore. Solo così smetteremo di pensare che per essere buoni dobbiamo autoconfinarci nel "sociale".

Vogliamo continuare a fare imprese, utilizzare le tecnologie più evolute, vivere in un'economia di mercato e, nello stesso tempo, costruire scuole, opere di carità, centri culturali e aiutare il Terzo mondo. E, non da soli, vogliamo evitare di stare dalla parte di chi pensa di non sbagliare mai; sentire la diversità degli altri come un arricchimento; vivere la politica come arte del compromesso che riconosca e valorizzi ciò che di buono c'è e chiunque lo faccia, proprio perché, vivendo la nostra identità, ogni giorno, riscopriamo che servire il bene comune giova di più che perseguire il proprio tornaconto.
 

 

Politica: «Anche la politica c'entra con il bene, non è necessario buttarsi sul sociale»,  di Giorgio Vittadini, Il Foglio 9.5.2003

 

Click qui per tornare indietro a "galatro_home"