Politica

Prodi

«Aspettando Godot-Prodi»

 

 
di Albacete Lorenzo


Aspettando Godot; questa è la posizione dell’Ulivo seconda edizione: attendendo Prodi. Romano Prodi è diventato l’unica speranza dell’Ulivo, una singolare speranza. Verrebbe da citare la troppo citata frase di Karl Marx sui Napoleoni: «ciò che accade una volta come tragedia si ripete una seconda volta in farsa». Come se tra il 1995 ed il 2006 non fossero accaduti e non dovessero accadere eventi carichi di significato politico. Prodi sembra un amuleto destinato a ripetere con il suo nome la sintesi delle anime della sinistra, ormai schierate su differenze così vaste da non sembrare più mediabili. Pensare che si possa dare una sintesi politica da Boselli a Moretti è in realtà fantasticare l’impossibile. Se esiste forza nella sinistra, essa è nei suoi frammenti in quanto rimangono frammenti.


I girotondi hanno contato come girotondi, il sindacato-partito di Cofferati che organizza i no global è un episodio anomalo, che sconvolge la storia del sindacato italiano, ma, appunto come frammento e come anomalo, ha il suo senso. Esiste una storia di amministrazioni di sinistra che hanno un loro peso specifico nelle regioni, province e comuni che amministrano ma il cui significato resta eminentemente locale. Come può Prodi far la sintesi politica sulla sola legittimazione di frammenti che trovano il loro peso politico nella reciproca delegittimazione? Vi è un fatto che deve far pensare i nuovi ulivisti sulla candidatura Prodi. Non c’è più la Democrazia Cristiana. Prodi è un democristiano di sinistra, che ha fatto carriera all’ombra di De Mita. Nei giorni del primo Ulivo esisteva un forte Partito Popolare a cui andava intatta la fiducia del mondo cattolico e della gerarchia ecclesiastica. La Chiesa aveva accettato di governare con i postcomunisti, ma all’ombra di un Quirinale democristiano e di un Palazzo Chigi democristiano anch’esso. La Dc non era più il primo partito italiano ma era una componente essenziale in quanto partito cattolico della coalizione che comprendeva il Pds. Negli anni successivi la Dc è scomparsa e, se qualcosa ne è rimasto, è nella Udc di Casini e nella Casa della Libertà. La Margherita assorbe in sé il Partito Popolare in una formazione che potremmo definire clerico-laica e che si esprime nel prodismo stesso nella persona di Arturo Parisi: il quale è un perfetto esempio di clerico laico, perché non si stacca mai dal mondo cattolico e se ne distingue sempre.


Il prodismo è diventato, da rappresentante dell’Episcopato moderato negli anni ’90, una realtà che non ha riferimenti e la cui unica sponda sono i padri dehoniani de Il Regno che, una volta all’anno, organizzano, presso i monaci di Camaldoli, divenuti monaci di sinistra grazie a padre Benedetto Calati, un convegno prestigioso a cui è intervenuto anche recentemente il cardinale Martini. Tutto qui. Il prodismo è oggi senza componente cattolica consistente: non credo che le Sentinelle “del mattino” siano particolarmente prodiane in quanto cattoliche: voteranno autonomamente per il Pds. Prodi non rappresenta più la componente moderata della maggioranza, è solo la componente moderata della sinistra. Il valore aggiuntivo “moderato” che aggiunge la sua candidatura all’Ulivo mi sembra modesto. Ho lasciato da parte il fatto più importante: esiste Forza Italia, esiste la Casa delle Libertà, proprio le realtà che nel ’98 il Presidente Prodi dichiarò essere “nulla”. Il secondo Ulivo dovrà affrontare i nuovi anni che mi sembrano non destinati a incoraggiare la speranza della sinistra a tornare al governo con Prodi.
 
 

Politica: «Aspettando Godot-Prodi» di Albacete Lorenzo, New York Times - Tempi, Numero: 10 - 6 Marzo 2003