Politica |
Palavobis.
Giro, girotondo… ...
tutti giù per terra. In “quarantamila” a Milano per
celebrare i dieci anni di Mani Pulite. C’erano tanti: Di
Pietro, Dario Fo, Flores d’Arcais, Zaccaria, Colombo, ecc.
ecc., «per difendere la Giustizia». Che cosa hanno detto:
giudicateli voi |
di
Maurizio Crippa Panna
(auto)montata E sì, perché in tutto questo bailamme, in questa strepitosa performance della panna che si monta da sola, che si auto-convoca e che si auto-monta (la testa), il trucco c’è, e si vede. È il ruolo giocato dalla stampa (non “da certa stampa”, che è modo di dire brutto e sempre vagamente intimidatorio), ma proprio in prima persona da un bel manipolo di giornalisti, nomi e cognomi, sempre quelli, ormai un po’ stempiati a furia di massaggiarsi le meningi sui perché del Malaffare. Come Marco Travaglio (una delle star del Palavobis e anima del sito Internet www.manipulite.it), quello dello show con Luttazzi a Satyricon. O l’indomito Curzio Maltese di Repubblica, o Furio Colombo, scivolato con nonchalance dalla presidenza della Fiat America alla direzione dell’Unità. Sotto la panna, l’impressione è però che la stagione sia passata davvero, che la primavera dei girotondi sia solo una velleitaria trovata postuma di quella auto-proclamata “società civile” che ha sempre scambiato se stessa per il Bene, e il radicalismo per la Verità. Da qui i fischi e i «buuuu» ai propri stessi leader e i «D’Alema go home» e le risate matte per le parodie di Berlusconi firmate dal Nobel Dario Fo, stella artistica di prima grandezza dei “palavobini”. Il quale però, significativamente, ha ricevuto la maggior dose di applausi quando ha sbottato in un lapidario «se non c’era D’Alema, col cavolo che Berlusconi diventava presidente del Consiglio». Dentro e fuori dal Palavobis, gli slogan dei duri & puri sono un florilegio di estremismi: «Se perdiamo la magistratura, cosa ci rimane da fare?». Domanda che, se a farla è una insigne letterata come Nanda Pivano, fa davvero pensare: non sulla giustizia, ma sulla letteratura. Oppure: «Siamo in una situazione di emergenza democratica. Oggi le armi del golpe sono le telecamere, l’informazione, la comunicazione» (Furio Colombo, intellettuale che passa per studioso dei mass-media). Nanni
e ballerine E poi c’è la nuova star, Francesco Pancho Pardi, uno che non ci si può credere che esista davvero, uno che sembra una caricatura uscita da un film di Nanni Moretti quando Nanni Moretti fustigava la sinistra massimalista, ciarliera e inconcludente. Pancho Pardi è un «professore con la pancetta» (dice lui), insegna Analisi del territorio a Firenze e si voleva incatenare al Battistero. Strilla: «Nessun compromesso con Berlusconi, solo opposizione dura e ostruzionismo». E poi una pletora di cantanti, comici e pasionarie. Come Daria Colombo, giornalista free-lance e più che altro moglie di Roberto Vecchioni, leaderessa milanese dei girotondi. Una che dice: «La novità di quel che è successo è nell’autenticità della gente». I “Nanni e ballerine”, come li ha infilzati con un geniale calembour lo scrittore Erri De Luca, che pure è uno che viene dalla sinistra. Ha notato significativamente la Repubblica: «L’applauso più lungo al nome di Enrico Berlinguer». Perché di questa strumentalizzazione dell’etica, del mito fasullo della “diversità morale” della sinistra, Berlinguer fu il padre nobile e l’alfiere. Un
Paese a-normale Ma qui si apre anche un’altra serie di considerazioni, che riguardano coloro che sono stati «investiti della responsabilità di governare» in nome dell’«altra parte d’Italia» (chiamatela se volete società civile, anche se con maggior senso della misura i governi democristiani evitavano di chiamarla e basta: era il “Paese reale”, l’eterna e silenziosa «Franza o Spagna basta che se magna»). Governare significa dare un senso e una direzione, una via d’uscita, anche a conflitti gravi come quello sulla giustizia. Ma l’impressione è che non si navigherà molto lontano verso la pacificazione nazionale, se il ministro Guardasigilli Roberto Castelli, tanto per smorzare i toni del Palavobis, sfodera siffatto senso di responsabilità istituzionale: «Credo che non si ripeterà la storia degli anni di piombo, ma sono certo che andremo incontro a qualche episodio di violenza». Inoltre
è innegabile che qualche problema di credibilità, su
questi temi, il governo ce l’abbia. Almeno finché
Gianfranco Fini sarà costretto ad arrampicarsi sugli
specchi per inventarsi una “Mani pulite uno” (buona), e
una “Mani Pulite due” (roba da comunisti), per non
essere costretto ad ammettere che nella “fase uno” il
forcaiolo era lui, prima di arrivare al governo (grazie
anche alle forche). Per non dire di Umberto Bossi, il capo
di Castelli, che nel 1998 urlava - e il video è stato
polemicamente riesumato al Palavobis - che «i soldi di
Berlusconi vengono dalla mafia». Insomma, smontata la panna
e finiti i girotondi, resta una inconsolabile, dalemiana
nostalgia per un Paese normale. |
di Maurizio Crippa, Tracce Aprile 2002