POLITICA |
L'inganno
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di Franco Mauri Povera Europa, questa basata sull'euro, una moneta a sua volta fondata da pensatori e filosofi del calibro di Padoa-Schioppa, Prodi e Ciampi. Non, c'è in essa il luccicare dell'utopia e neanche del sogno, ma solo meschina fantasticheria. É in fondo miseria. Pensiamo a un fatto: i tre appena citati hanno adoperato la moneta per guadagnare augusti scranni. La lira ha ben altra storia, così come il marco, e per questo ideale ci morirono persino gente come Cavour e Mazzini. Attenti dunque all'euro.Ma vado con ordine. Dopo tre terribili "guerre civili" - la Grande Guerra, la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda -, i popoli europei cercano ancora il rimedio miracoloso della pace e in coro acclamano: Europa! Europa! Europa! Che razza di Europa è questa, e che miserabile coro è mai quello che la invoca se intona un motivo da metal rock? Gridano in maniera scomposta sotto la direzione dei loro governi e dei burocrati di Bruxelles: "Euro! Euro!". Un inganno. Ben altra musica è quella delle tre grandi tradizioni che ci hanno regalato bellezza. L'Europa o viene da quella cultura, oppure che finge di esserci. Ahimè, non centra nulla questo "coro" metallaro, prodian-ciampiano, con le note del canto gregoriano delle Grandi cattedrali: da Chartres a Spira, da Colonia a Notre Dame, da Santiago de Compostela a Sant'Ambrogio; né che con quelle del solenne canto "riformato" delle musiche di Bach: da Berlino a Wittemberg, da Lipsia a Weimar; e neanche minimamente somiglia questo coro a quello che ci ha offerto i canti dei rivoluzionari e dei "patrioti", capace e felice di far vibrare i cuori degli europei con le note trascinanti del patriottismo francese ("la Marsigliese"), del patriottismo belga ("la Brabanconne"), del patriottismo germanico ("Deutschland, Deutschland"), ed anche italiano, con il più modesto . "Fratelli d'Italia". In questa nuova moneta e in questo coretto diretto da burocrati non c'è nemmeno la vibrazione dell'utopia. Magari ci fosse. Amo l'utopia! Non nel senso che si dà comunemente a questa parola. Ma in quello originario. Solo un genio tale da diventare poi martire e santo, Sir Thomas More, poteva donare all'umanità una parola che significa l'ideale nel non-esistente e la luce della ragione nello sfondo intravisto dell' "oscurità luminosa" dei mistici. Lo ha fatto cori una sua opera fantastica, "Utopia", appunto, ma di una fantasia del "possibile" e dell"uomo concreto". Ed in questa sua opera, che propone la filosofia, anzi forse la poesia della perenne rivoluzione umana, egli si trova accanto, con accenti ancora più paradossali, un altro grande e vero europeo, Erasmo da Rotterdam. Come non restare incantati dal suo "Elogio della Pazzia", che è anche (o soprattutto) l'elogio di Moro: "Elogium moriae"? Amo l'utopia, perché l'utopia è l'orizzonte fantastico dell'ideale, del sacrificio, della lotta dell'uomo nella Storia: per la verità, la libertà, l'eguaglianza e la pace, in un orizzonte infinito. Amo, anche se parimenti temo, il sogno: perché esso ha un umanissimo contenuto "consolatorio ", che può costituire balsamo per le delusioni e luce interna per la speranza d'azione. Temo invece, anche se so di poter "cadere in amore con lei" l'illusione: la rappresentazione dell'irreale come reale, dell'impossibile come possibile; perché nel fondo della sua negazione, la dis-illusione, può in fondo ancora muovere il risveglio alla realtà e all'azione. Considero "sterco" la fantasticheria, una forma miserrima di utopia, di sogno, di illusione: l'impotenza travestita da realtà, alimentata dall'errore o dall'inganno, o da entrambi. È per questo che in questi giorni ho paura dell'orgia che impazza in Europa, fra il burlesco della pubblicità e la parodia della scienza da appendice: l'orgia dell'euro! Certo, la "gente", ed in particolare la "gente europea", ha da tempo ormai un bisogno tremendo di identità, perché ha bisogno di comprendere chi sia, di affermarsi quale è, nei confronti ad altri "genomi". Ha bisogno di vivere valori di oggi, pur ricordando sempre che potrà farlo solo rivivendo e riattualizzando i valori di ieri. E ha sognato, sperato, creduto, che l'offuscamento delle identità nazionali, frutto delle ideologie e delle guerre civili, potesse esser superato dalla conquista di una identità europea. E questa tentazione di fuga nella fantasticheria da euro è vera soprattutto per molti di noi italiani, la cui identità nazionale risulta smarrita. Prima è stata svilita dalla piemontizzazione dell'Italia (il lato oscuro del Risorgimento e della Unità Nazionale "che non furono"). Poi spezzata dal fascismo, nel suo dividere gli italiani tra "buoni" e "cattivi". Quindi quasi vanificata dalla "morte della Patria" per l'8 settembre, che fu una sconfitta prima morale che politica e militare; e poi a motivo della triste componente di guerra civile della pur gloriosa Resistenza. E quindi infine Paese a motivo della nostra interna "cortina di Ferro". Proprio per evitare questa sequenza demolitiva, molti di noi erano stati fatti rifugiare, anzi scappare, in una "identità europea". Per tenere insieme tutto il Paese, di qua e di là della cortina interna, l'identità era stata trasferita in un'Europa costruita di carbone, di acciaio, di montoni, di pomodori, di stoccafisso, di olio, di burro, di latte e di vino (dimenticavo le patate). E questo sembrava essere comunque un modo di stare insieme dell'Europa più autonomo (anche se integrato) del suo stare insieme soltanto nella Nato, sotto la benevola supremazia dei Nuovi Europei degli Stati Uniti d'America. Ma almeno nessuno ci chiese di, credere nell'Europa come Patria fondata sul carbone, sull'acciaio, sul burro, sul latte... Ma adesso siamo non all'utopia, non al sogno, non all'illusione; ma alla demo-fantasticheria, ad una fantasticheria di un euro propagandato come i pannolini Lines e gli assorbenti Tampax, in termini di tale demagogia da quattro soldi che della fantasticheria rivela più l'aspetto dell'inganno che il vizio dell'errore. Non sono un economista, e tanto meno un economista monetario: non so quindi quanto e quando l'euro, sia o sarà uno strumento economico finanziario valido e utile alla gente; certo una moneta comune per Paesi con sistemi politici, economici, fiscali, giudiziari differenti mi sembra cosa un po' problematica. E poi per la costruzione dell'Europa io credo alla primazia della politica e della cultura. Senza questi valori non ci può esser identità nazionale, non ci può essere "Patria": e senza Nazioni, anche Nazioni senza Stato, senza Patrie, l'Europa sarà solo una espressione geografico-mercantile o politicamente solo spazio per l'egemonia dualistica franco-tedesca: infondo l'Europa di Céline e dei fascisti europeisti francesi! E mi sembra che stiamo assistendo al trionfo, sul piano della cultura e della tradizione e della Storia della moneta, al trionfo della "legge di Gresham: "la moneta cattiva che scaccia la moneta buona". Scompare la lira, la cui origine risale alla lira o libra di Carlo Magno; scompare il marco, che viene da lontano, dalla Francia, dall'Inghilterra, dalla Germania del X, XI, XII Secolo e poi dalla fondazione del Reich germanico, frutto delle guerre patriottiche anti-napoleoniche; scompare la nostra liretta, che pur sempre aveva dietro di sé il Risorgimento e la causa dell'unità nazionale e che ci aveva accompagnato nella faticosa nostra ricostruzione dopo la sconfitta. Scompare la liretta, che dietro di sé aveva Cavour, Mazzini, Garibaldi, Re Carlo Alberto, Re Vittorio Emanuele, Pellico, Confalonieri, i martiri di Belfiore, Pisacane, Oberdan, Filzi e Battisti... In compenso, abbiamo però, noi italiani, l'euro che ha dietro di sé Padoa-Schioppa, Prodi e Carlo Azeglio Ciampi. Alcuni dei primi, finirono in carcere, sulla forca, in esilio, davanti a plotoni di esecuzione per l'Italia e quindi anche per l'Europa: quella di Carlo Magno, di Shakespeare, di Pascal, di Goethe, di Manzoni. Gli altri, i cosiddetti "Padri italiani dell'euro" (anche se il Presidente della Banca Centrale Europea non li ha degnati neanche di un ricordo) sono finiti su meno scomodi scanni. Requiem
per la lira italiana! Muore un "pezzo" di Italia: per
l'Europa? Ma l'Europa dov'è? Per carità, non chiamateci
all'amore per la Patria Europa dell'euro, abbiate pietà! |
Franco Mauri
Libero, 03.01.02