MAESTRO PEPPINO SCOZZARRA: |
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di Carmelo Cordiani
Novantuno suonati. Al prossimo settembre novantadue. E che il Buon Dio glieli aumenti ad abundantiam.
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Per il compleanno dei novanta, con mia moglie, ci siamo presentati in casa, attaccata alla mia tanto da sentire i suoi passi quando scende sul terrazzino per “parlare” con i suoi fiori, per gli auguri. Torta, spumante, foto e, a conclusione: “Ci rivediamo per i cento”. Di cuore, caro “mastro Peppino Scozzarra”. Mastro, MAESTRO, come si addice a chi, del suo mestiere, ne ha fatto un’arte. Lo testimoniano le opere lasciate al patrimonio di Galatro, dall’altare della Chiesa del Carmine, alle tombe della famiglia Lamari, ai cornicioni restaurati della chiesa di San Nicola, alla stessa cappella di famiglia: un’ardita lanterna, simbolo della luce. A proposito dell’altare della chiesa del Carmine, mi raccontò un particolare che mi rimane nel cuore. Il giorno in cui sono nato, mi diceva, stava lavorando proprio a quell’altare. La nascita di un bambino, allora, era un avvenimento sentito da tutto il “rione”. Mio padre offrì ai vicini un bicchierino di liquore. “ Insieme agli operai siamo usciti dalla chiesa per bere il bicchierino”, mi disse. Un bel ricordo suo, visto che me lo ha ripetuto dopo sessant’anni; ed un momento di emozione per me. | ||
Vecchio a novantuno? Ma nemmeno per sogno. Efficiente come la sua seicento, ancora tale e quale come FIAT la fece a metà degli anni cinquanta. E la guida senza problemi. Qualche mese fa lo vidi sopra il tetto intento a mettere a posto qualche tegola. “State attento”, gli dissi. “Perché? Cosa c’è di strano? Ancora mi sento ben fermo e la testa è a posto”.
Scherzosissimo. Un suo operaio mi ha raccontato che quando lavoravano alla costruzione dell’ospedale di Serra San Bruno, passando da Simbario, entrava in una macelleria e, con un metro a portata di mano, ordinava dieci, dodici metri di salcicce. E non scherzava, anche se il macellaio lo guardava stupito. Misurava col metro le salcicce e pagava.
Un mio ricordo personale risale agli anni quaranta. Si vedeva poco in paese. Ma quando passava lo si sentiva: lasciava una scia di profumo che lo rintracciavi dovunque fosse.
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Ci fu la guerra e il giovane Peppino Scozzarra fu arruolato nei fanti del “Glorioso 62° Fanteria, così caro al cuore dei parmigiani”. E nell’anniversario di Passo Buole, “il Colonnello Corbi, comandante del Reggimento, annunzia al Generale Targa che l’Associazione del fante ha offerto una medaglia d’oro perché sia consegnata al miglior fante del 62° Fanteria. Il Colonnello propone che sia assegnata al Cap. Maggiore Scozzarra,( erroneamente riportato Scarzaro su un giornale dell’epoca), ottimo soldato per capacità e disciplina. In un incidente di mitragliatrice fu ferito, dimostrando coraggio, spirito di sacrificio e alto senso del dovere”. Quel giorno il Cap. Maggiore Scozzarra era stato comandato in caserma. L’autore dell’articolo se ne rammarica e aggiunge : “ Peccato che lo Scozzarra sia comandato in caserma perché egli avrebbe ricevuto, assieme alla medaglia, anche l’applauso delle autorità e del pubblico che è accorso numeroso ad assistere alla bella cerimonia”. La medaglia porta sul retro la scritta : ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL FANTE – PARMA 30-V-XIII.
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Accennavo al suo dialogo coi fiori. L’ho osservato più di una volta mentre accarezzava i petali delle sue rose, dei gigli, delle dalie, delle petunie e dei tanti altri esemplari splendidi che vivono con lui nella sua villetta. E poi ci sono i limoni, il ciliegio, il nespolo, un melo … Li cura come fossero sue creature. Ogni tanto chiama un operaio per la potatura. Solo i rami secchi. Guai a sfiorare un foglia verde.
Mi è capitato più di una volta di fargli visita in casa. L’ho trovato spesso intento a sfogliare libri d’arte. Capitelli, volute, cornici, stucchi…Sono la sua passione. In occasione del restauro della Chiesa parrocchiale di San Nicola, come accennato, l’impresa ha chiamato Mastro Peppino Scozzarra per rifare la cornice che scorre lungo il perimetro sotto i finestroni. Ha preso il calco, si è elaborato uno stampo e ha rifatto il tutto con estrema precisione. E bisognava vederlo seduto pazientemente ed attento sul ponte, a circa otto metri, con le gambe penzoloni, mentre attendeva a rifinire, lisciare, sbavare, proprio con la passione e l’arte dei restauratori.
In una delle sue battute, mi disse che conosce la data della sua morte. Centoventi. Tondi, tondi. Beh, caro Maestro Peppino : se il Buon Dio ha deciso per qualcuno in più, non se la prenda.
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Galatro ed i suoi Personaggi: «MAESTRO PEPPINO SCOZZARRA: Un artista a Galatro», Carmelo Cordiani, Galatro, 8 Luglio 2005 |