La quarta guerra mondiale?
Il 71% degli
statunitensi è con Bush. Ma inizia a diffondersi la consapevolezza
di essere solo all’inizio. E la Chiesa americana sembra paralizzata
dalla confusione
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di
Albacete Lorenzo Ora che l’invasione dell’Irak sembra giungere ad una conclusione, gli americani sono sollevati e grati del fatto che la guerra sia stata relativamente rapida e più facile di quanto si temesse. I sondaggi rivelano che più del 71% sono soddisfatti di come il presidente Bush ha svolto il suo compito di comandante in capo. Nonostante tutto ciò, lo stato d’animo continua ad essere in qualche modo preoccupato. È come se la gente diventasse sempre più cosciente che è solo un inizio, che il futuro prossimo è pieno di pericoli, che la fine di questa guerra non significa l’arrivo della pace. Non sono soltanto “i nemici esterni” a preoccupare la gente, ma il sospetto crescente che parte del problema sia legato alla stessa amministrazione Bush. L’appoggio popolare a questa guerra ha sempre costituito una risposta al dramma dell’11 settembre 2001: per questo gli americani avevano deciso di credere nel Presidente, perché egli assicurava loro che il fine della guerra fosse proteggere il Paese da un attacco terroristico ancora più devastante, questa volta con armi di distruzione di massa ottenute dall’Irak. L’altra ragione data più frequentemente, la liberazione dell’Irak da un dittatore mostruoso, non avrebbe da sola convinto gli americani della sensatezza della guerra. Perciò, alla fine della campagna militare per liberare l’Irak, la gente rimane sconcertata per l’apparente mancanza di interesse dell’amministrazione al fatto di trovare Saddam vivo o morto, così come all’assenza di prove dell’esistenza di armi di distruzione di massa. Al contrario, la mancanza di una “conclusione” inizia ad essere usata come perno per spostare lo scenario del pericolo dall’Irak alla Siria. Quel che l’amministrazione Bush non dice Sembra veramente che l’Irak sia solo una mossa di un piano più vasto, uno scontro di ciò che ora si comincia a chiamare la “Quarta guerra mondiale” (per Terza guerra mondiale intendendosi la Guerra fredda). I contorni di un “grande dipinto” cominciano ad apparire agli occhi dell’opinione pubblica, un giudizio sullo stato del mondo che ha prodotto un cambiamento radicale nella politica estera e militare, l’abbandono cioé di una strategia di contenimento e la sua sostituzione con la dottrina di Bush sulla guerra preventiva. Questa nuova strategia non è ispirata solo da interessi di sicurezza nazionale; ha anche una dimensione ideologica, la “diffusione dei valori democratici” in tutto il Medioriente. Arrivati a questo punto, la Quarta guerra mondiale si profila sempre più come un conflitto ideologico. E qual è in questo momento il nemico ideologico dei “valori democratici”? La risposta non è mai data esplicitamente dagli strateghi della nuova guerra mondale, perché assolutamente politically incorrect, e perché non farlo fa parte della strategia. In realtà, questi pensatori non riconoscono un conflitto fra islam e civiltà occidentale giudaico-cristiana. Lo considerano interno all’islam stesso, fra estremisti fondamentalisti che odiano l’Occidente e musulmani moderati. Poiché gli Stati Uniti sono stati tirati in questo conflitto vizioso dai militanti fondamentalisti, l’America non ha altra scelta se non difendere se stessa, potenziando quelle forze all’interno del mondo islamico grazie alle quali una riforma di tipo protestante potrà essere lanciata contro i fondamentalisti, e da qui l’appello alla libertà come la proposta della politica americana. E dov’è la Chiesa cattolica americana nel frattempo? All’inizio della Settimana Santa, quando gli avvenimenti che soli portano la vera libertà al mondo, vengono ancora una volta offerti al fedele, i capi della Chiesa americana sembrano paralizzati dalla confusione. Ma se davvero stanno dicendo qualcosa, non c’è nessuno che li ascolti. Il governo, non la Chiesa, sta perseguendo la provocatoria e realmente interessante causa religiosa. |
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Pace: «La quarta guerra mondiale?», Albacete Lorenzo, Tempi, Numero: 16 - 17 Aprile 2003 |