|
di
Albacete Lorenzo,
Alla terza
settimana di guerra contro l’Irak, di ritorno da poche ore dal week-end
passato a Washington, guardo in diretta Tv un attacco americano di truppe di
terra nel centro di Baghdad. Non si sa se le truppe intendano tenere il
territorio sotto attacco, o se vogliano semplicemente dimostrare ai
cittadini che non hanno più un governo effettivo. Ad ogni modo, durante
questa terza settimana di guerra, non è stato lanciato un messaggio
solamente ai cittadini di Baghdad, ma anche ai cittadini degli Stati Uniti.
Alla fine dell’ultima settimana osservatori, giornalisti e capi militari in
pensione avevano detto agli americani che l’amministrazione Bush aveva
sbagliato i calcoli nella pianificazione militare, inviando truppe di terra
insufficienti e puntando invece sulle nuove tecnologie e sulla forza aerea.
Questo piano era stato approvato dal Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld,
mentre i comandanti militari del Pentagono erano contrari. Durante la
settimana gli ufficiali superiori hanno fatto di tutto per negare
l’esistenza di questa divergenza, insistendo sul fatto che tutti i
comandanti militari superiori avevano dato la personale approvazione al
Piano di guerra, e che Rumsfeld e gli altri civili avevano dato loro tutto
ciò che avevano richiesto. I miei amici di Washington mi hanno detto che
l’amministrazione Bush era notevolmente contrariata per quei capi militari
in congedo, presi a consulenti dai giornali e dalla televisione, diventati i
portavoce di quei militari che al Pentagono erano contrari alla
ridefinizione della politica e delle tattiche militari attuata da Rumsfeld,
un cambiamento attuato molto prima dell’inizio della guerra. Da questo
week-end, dopo i drammatici e rapidi successi della settimana scorsa, i
critici sono stati messi a tacere, i “mezzobusti” hanno cambiato posizione
ed ora parlano della «brillante strategia» dei consulenti del Presidente e
della «grande leadership» con cui il Presidente sta portando avanti questa
guerra. L’ultima opinione di Washington è che, ancora una volta, George W.
Bush è stato sottovalutato, e che, ancora una volta, ha saputo trasformare
la cosa in vantaggio politico. Pochi giorni fa tutti parlavano di come il
Presidente sembrasse “sconvolto” e “infastidito”; questo fine settimana lo
lodano per la sua sicurezza e per la lucida perseveranza (perfino il
presidente precedente, Bill Clinton, quale abile consulente del famoso show
televisivo Sessanta minuti, ha parlato con eloquenza della necessità di
sostenere Bush in questo momento!). Vivevo a Washington durante la guerra in
Vietnam e durante la prima guerra del Golfo e “l’atmosfera” nella capitale
era completamente diversa durante i due conflitti (ansietà durante il
Vietnam, entusiasmo durante la guerra del Golfo). Questo fine settimana ho
trovato a Washington un’atmosfera ancora differente dalle due precedenti. Né
ansietà, né entusiasmo, ma meraviglia, come se si fosse sorpresi del potere
del Paese.
|
|