Diario israeliano |
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Fiamma Nirenstein, I palestinesi e gli israeliani trattengono il fiato sulle modalità strategiche dello scontro fra la coalizione e l’Iraq. Per ambedue ci sono nuovi motivi di preoccupazione. Gli americani volevano evitare il più possibile i «danni collaterali» di una guerra: sofferenza e morte dei civili, uso strumentale dei media, danni ai giornalisti, danni alle infrastrutture civili (case, scuole, mercati) in cui si nascondono i terroristi ma che causano sofferenze alla popolazione. Gli attacchi suicidi hanno già portato a nuove direttive ai soldati americani che somigliano a quelle impartite ai militari israeliani: sparare a vista alle auto che non si fermano ai posti di blocco, perquisizioni delle persone con borse o abiti voluminosi, più severità nei controlli. Secondo i palestinesi «ora che sono stati utilizzati sul grande palcoscenico della guerra irachena e non solo contro di noi, i metodi più duri di controllo della popolazione rischiano di ricevere una legittimazione». Per gli israeliani il problema è opposto: «Quando eravamo noi ad avere problemi con i giornalisti che entrano in zone di guerra, o dovevamo fermare le ambulanze perchè si era scoperto in precedenza che trasportavano armi o armati, quando abbiamo colpito civili dietro cui si nascondevano i terroristi, siamo stati attaccati senza pietà. Ora che sta succedendo?» La analista liberal Maureen Dowd sul «New York Times» ha detto che «il Pentagono doveva distruggere subito la tv e la radio irachena bloccando la propaganda di Saddam». Invece, ricordano gli israeliani, quando per poche ore l’antenna della «Voce della Palestina» dopo decine di attacchi terroristici fu abbattuta, il professor Mordechai Kremintzerm, Presidente della Stampa israeliana, disse: «Non è possibile mettere a tacere la voce di un popolo, anche se non ci piace quello che dice».E il mondo gli diede ragione. |
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Pace: «Diario israeliano. C'è una doppia morale sui rastrellamenti contro i terroristi», di Fiamma Nirenstein, La Stampa 1 aprile 2003 |