Guerra e Pace |
Il punto di partenza per un giudizio
cristiano sulla guerra in atto in Iraq.
La pace
come frutto della presenza di Cristo nella storia. L’unica strada per
raggiungere gli ideali di pace e giustizia che hanno da sempre
sostenuto il sogno americano |
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di
Albacete Lorenzo, Qualcosa di accaduto Come facciamo a sapere cosa è possibile e cosa no? Lo sappiamo da quello di cui abbiamo fatto esperienza. O lo abbiamo sperimentato nella sua totalità, oppure traiamo le nostre conclusioni dalla “logica” delle esperienze passate che indicano la direzione che noi preferiamo. L’opposizione e l’appoggio alla guerra, entrambe operano entro la stessa logica di ciò che è possibile. In ultima analisi entrambe le posizioni seguono la logica della forza. La loro visione di ciò che è possibile dipende dalla loro visione di quale forza può risultare vincente, sia essa la forza militare, la forza dell’opinione pubblica internazionale o la forza delle manifestazioni di massa. Un giudizio basato sulla fede cristiana, tuttavia, ha un punto di partenza diverso. È un giudizio basato su ciò che Cristo ha fatto e rende ancora possibile. La “pace” è certamente il frutto della sua Presenza, come ha detto Lui stesso, e come ripetiamo ogni volta nella Messa, una pace che “il mondo non può dare”. Il problema è che noi siamo tentati di vedere questa “pace” come qualcosa di totalmente “dell’altro mondo”, o come un “dono spirituale”, oppure come un dono totalmente escatologico privo di alcun riferimento alla pace tra le nazioni e le persone in questa vita. Invece il punto di partenza per un giudizio cristiano su ciò che è possibile in questo mondo è l’esperienza di qualcosa che è accaduto nella storia, un evento che è accaduto e continua ad accadere. È l’apparire della grazia di Dio nella carne umana, dentro il tempo e lo spazio umano. L’evento della grazia crea un popolo la cui identità e la cui speranza sono interamente frutto di questo evento. È la presenza inattesa di “un altro mondo” dentro questo mondo, di nuove possibilità per la vita dell’uomo in questo mondo. L’alternativa a ciò che questo evento rende possibile non è sempre il frutto del peccato. Il peccato, infatti, non può trionfare sulla grazia! L’alternativa alle possibilità create dalla grazia è un mondo di ideali irraggiungibili. Ideali e tradimenti “Pace” e “giustizia” sono ideali di questo genere. Persino la “conoscenza di Dio”, persino la “vera religione” sono un vuoto ideale quando la grazia non è presente. Senza la grazia queste sono “cause” che non raggiungono l’obiettivo desiderato, anche quando sono “giuste” agli occhi del mondo. E poiché non raggiungono questo obiettivo, sono ultimamente dannose, provocano danno. Ecco perché il Papa dice che la guerra, anche una guerra giusta, è sempre una sconfitta per l’uomo. Eppure il cuore dell’uomo è buono, nonostante il peccato. Gli ideali umani sono buoni. Ideali come la libertà, la giustizia e la pace sono certamente ideali nobili. Ecco cosa significa “sì all’America”. È un sì agli ideali che hanno sempre sostenuto il “sogno americano”, soprattutto la passione per la libertà individuale. Nonostante tutte le contraddizioni e i tradimenti, la passione per la libertà ha definito l’America fin dalle sue origini. È questa passione per la libertà, infatti, ciò che unisce la nostra nazione. Ciò non significa che tutti gli americani abbiano la stessa concezione di ciò che significa libertà autentica. La passione dell’America per la libertà è espressa con precisione nella determinazione a concedere a chiunque una possibilità di perseguire i propri sogni di libertà. Eppure il buon cuore dell’uomo è ferito, e il migliore degli sforzi umani fallisce nel perseguire il suo giusto scopo. Come risultato, gli ideali umani soffrono della corruzione presente nel cuore umano. Sopraggiunge lo sfacelo, la corruzione. Nessun uomo o nazione può pretendere di essere il puro emissario del bene. I più nobili gesti umani non possono essere nemmeno inizialmente paragonati ai piccoli passi di un santo mosso dall’esperienza della grazia. Ecco perché dobbiamo porre davanti alla nostra nazione la nostra testimonianza dell’avvenimento della grazia, dell’accadere della grazia come l’unica strada per raggiungere i buoni obiettivi che ci prefiggiamo o desideriamo. Protagonisti della storia I primi cristiani, mi ha detto don Giussani, erano pieni di difetti. Sapevano di essere peccatori, di non essere meglio degli altri. Ma ciò che li distingueva era il loro amore a Cristo. Nel loro incontro con Lui attraverso la Chiesa essi avevano sperimentato la pace che nasce dalla infinita misericordia di Dio. Sapevano che questa pace era possibile in questo mondo perché l’avevano sperimentata. Avevano visto e sperimentato la distruzione delle barriere dell’inimicizia erette dal peccato umano tra i popoli delle diverse nazioni e religioni. La loro gratitudine per ciò che avevano sperimentato (la gratitudine è sempre frutto della grazia) li spingeva a dare testimonianza di quanto può accadere ed è realmente accaduto in questo mondo. E così divennero i protagonisti della storia. Cambiarono il loro mondo. Il mondo che non conosce la grazia deve perseguire i grandi ideali umani meglio che può. Come scriveva sant’Agostino, questo è il loro compito, di costruire la città terrena nel miglior modo possibile, anche se alla fine è sempre la logica della forza a prevalere. Il compito (negotium) del popolo formato dalla grazia, invece, è quello di «mettere la propria speranza nell’invocare il nome del Signore Dio» (eum qui speravit invocare nomen Domini Dei; cfr. De Civitate Dei, XV, 25). Così dobbiamo fare noi oggi. Questo “compito” non è una questione numerica, di cercare di accrescere il numero di coloro che accettano i nostri giudizi. Secondo sant’Agostino, infatti, è sufficiente che esista uno «generato dalla resurrezione di colui che è stato ucciso». Né è nostro compito scegliere tra le diverse posizioni all’interno del dibattito pro o contro la guerra, né dimostrare l’errore nelle diverse concezioni. Il nostro compito è quello di dare testimonianza di un’altra logica operante nel mondo. Noi abbiamo il compito di mostrare, dice don Giussani, che «la ragione è con noi», cioè che questa logica diversa corrisponde perfettamente ai desideri del cuore dell’uomo. Noi non “condanniamo” il modo in cui il mondo senza la grazia cerca la giustizia e la pace. Noi, infatti, siamo preparati a collaborare con tutti questi tentativi nella misura in cui essi non ci costringono ad abbandonare il nostro punto di partenza, cioè finché non ci viene richiesto di riconoscere il potere mondano come strumento di salvezza. Noi non siamo migliori degli altri. Ma noi abbiamo fatto esperienza della riconciliazione, della distruzione delle barriere dell’odio e dell’incomprensione operata dalla Misericordia, dalla grazia. È da questa prospettiva che affermiamo che la guerra è sempre una sconfitta per l’uomo. Noi non ci aspettiamo la vittoria definitiva della pace, che verrà da Cristo solo alla fine dei tempi. La grazia di Cristo è presente nel mondo come un fermento nella storia. È presente come un’educazione alla libertà autentica. Autenticamente liberi L’educazione è la via per la pace. È attraverso l’educazione che possiamo lavorare veramente per la pace. L’educazione è il modo in cui impariamo ciò che dobbiamo imparare per vivere una vita che corrisponda a ciò che è possibile per noi, che corrisponda, cioè, al destino per il quale siamo stati creati. L’educazione, cioè, ci mette in grado di vivere la verità della nostra umanità, la verità di ciò che ci rende umani. Noi diventiamo pienamente umani attraverso la nostra libertà. La libertà è soprattutto la capacità di essere umani, di essere quello per cui siamo stati creati. Un’educazione autenticamente umana, perciò, è un’educazione che insegna come essere autenticamente liberi. Questo è il nostro più grande contributo alla ricerca di pace e di giustizia del mondo. E infine, questo è il motivo per cui il nostro lavoro per la pace implica anche la preghiera continua in tutte le sue forme, compreso il digiuno e le opere di misericordia. È la preghiera, infatti, che nutre la speranza da cui scaturisce il nostro giudizio su ciò che è possibile nel mondo. Tutto ciò che corrisponde perfettamente ai desideri costitutivi del cuore umano è sempre un miracolo, perché al di fuori dell’evento della grazia quello che cerchiamo è impossibile. Può anche sembrare che il potere di questo mondo sappia operare miracoli, tentandoci così a riporre la nostra speranza in coloro che detengono il potere. Ma quelli non sono veri miracoli, perché non rispondono ai desideri fondamentali del cuore. Questi desideri sono esauditi solo all’interno dell’esperienza dell’evento che ha destato dentro di noi una «diversa fede, una diversa speranza e un diverso amore» (ciò che secondo sant’Agostino definisce la Città di Dio) e che introduce in questo mondo anche un’altra logica, un altro modo di giudicare ciò che è possibile. |
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Pace: «Il punto di partenza per un giudizio cristiano sulla guerra in atto in Iraq. Contributo originale. E positivo», Albacete Lorenzo, Tracce, 1 Aprile 2003 |