Pace

La pace non è la virtù degli imbelli

Costruire la Pace
Una forte identità

 

 
di Giancarlo Cesana,
(
Comunione e Liberazione)



Caro direttore, mi permetta di intervenire sul suo editoriale ( Corriere , 21 marzo), che condivido pienamente, così come condivido la linea equilibrata seguita dal suo giornale, che tanto è contraria alla guerra, quanto rispetta le diversità di valutazione, inevitabili in un contesto pluralista.

Come era più che prevedibile, Bush ha attaccato e Saddam non ha receduto. Semmai ce ne fosse bisogno, lo scoppio della guerra è un'ulteriore dimostrazione della necessità di intensa preghiera cui il Papa invita, affinché Dio vinca l'ostinazione violenta degli uomini. Nel frangente, il nostro governo ha assunto la posizione condivisa da tutti gli Stati europei, inclusi quelli che apparivano più decisamente contro la guerra. L'Italia non è belligerante, non fa la guerra, ma non rifiuta la solidarietà all'alleato americano. D'altra parte, il nostro mondo - il mondo europeo - è con l'America: certamente non con Saddam. E questa è un'opzione in cui la neutralità è impossibile per motivi culturali, economici e civili, che vanno ben oltre la scelta, che può essere giudicata (e che io giudico) sbagliata, degli Stati Uniti.
Pretendere di essere diversi da quello che si è, di non avere i legami che si hanno, è astratto, ipocrita e tendenzialmente violento. La democrazia nel nostro Paese, come nel resto dell'Europa, la stessa vittoria della Resistenza, anche il successo politico di coloro che la pensano diversamente devono moltissimo agli americani, che ci hanno aiutato a costruire una società libera, quale è quella in cui tutti noi vogliamo vivere. Non è un caso che a tutti, o a molti, anche di quelli che protestano, in fondo piaccia l'America, piacciano i prodotti, piacciano le espressioni e gli stili americani.

Noi facciamo parte del mondo libero, che non è il mondo perfetto, ma il mondo dove l'imperfezione può essere corretta, perché accettata in una ricerca del bene che avviene per approssimazione. Da tale punto di vista, le agitazioni promosse dall'opposizione, e soprattutto la strategia prolungata di scioperi proposta dal sindacato, debbono essere attentamente valutate. Se, da una parte, manifestano la legittima e - ripeto - secondo me, giusta avversione nei confronti della guerra; dall'altra, non concorrono certo alla necessità di lavoro e di unità di cui il Paese, mai come oggi, ha bisogno per «tenere» nella precarietà e nella drammaticità dei tempi.

Non si può non notare che la società italiana appare intossicata dalla faziosità, dal settarismo e da uno stillicidio di atti violenti, che non fanno presagire nulla di buono. Non possiamo limitarci a volere che gli americani non facciano la guerra; la pace dobbiamo costruirla anche noi, qui.
E per costruire la pace è necessaria un'educazione di tutti, ma soprattutto dei giovani, che debbono imparare a non accontentarsi di un'appartenenza ideologica, che appare blanda solo perché fondata su idee deboli che richiedono di astenersi, non di impegnarsi.
Come diceva Mounier,
«la pace non è la virtù degli imbelli»: richiede il sacrificio di lottare per l'ideale in cui si crede, costruendo e lavorando non per distruggere, ma per rinnovare quello che c'è. Richiede un'identità forte e provata, cioè cosciente del valore della propria tradizione, di ciò che si vive, di ciò che si ha, come contributo al bene di tutti.
Altrimenti, la convivenza civile e lo sviluppo di una nazione possono essere messi in pericolo dalla diversità di opinioni, blaterate e rivendicate in modo esasperato per vuota presunzione.

 

 

Pace: «Costruire la Pace. Una forte identità», di Giancarlo Cesana, Il Corriere della Sera 25.3.2003

 

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