Pace: La Pace il futuro delle Nazioni Unite |
La crisi
irachena, con i suoi imprevisti sviluppi al Palazzo di Vetro |
|
intervista a cura di
Alessandro Gisotti, La crisi irachena, con i suoi imprevisti sviluppi al Palazzo di Vetro, suscita nuovi interrogativi sul futuro delle Nazioni Unite. Non c'è dubbio, infatti, che dall'esito della crisi internazionale in corso potrebbero derivare delle pesanti conseguenze per l'efficacia del sistema Onu. Pur non essendo la prima volta che si registrano delle spaccature al Consiglio di sicurezza, la situazione attuale - con la minaccia di veto da parte della Francia alla risoluzione anglo-americana - presenta infatti delle caratteristiche inedite, come spiega il prof. Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali all'Università Cattolica di Milano ed editorialista del quotidiano Avvenire, intervistato da Alessandro Gisotti: R. Diciamo subito che abbiamo avuto due tipi di crisi, in precedenza, all'interno delle Nazioni Unite. Il primo tipo era quello, per molti aspetti più scontato e quindi meno pericoloso, perché poi in realtà tutte le parti in causa avevano strumenti per capire l'avversario e tornare a più miti consigli. Si tratta delle crisi espresse dal sistema bipolare, quelle tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Per esempio la questione della guerra di Corea, successivamente la crisi dei missili di Cuba. L'altro tipo di crisi, più raro e più pericoloso - sempre ai tempi della Guerra Fredda - sono le crisi intra-occidentali. La più grave di tutte sicuramente fu quella connessa alla crisi di Suez nel '56, che portò ad una lacerazione tra Francia ed Inghilterra, da un lato, e Stati Uniti dall'altro. La gravità estrema e la novità di questa crisi, rispetto a quelle del passato, è che non c'è un nemico comune che alla fine ricompatta gli alleati occidentali. In realtà, c'è un nemico comune, sì, che è il terrorismo internazionale; c'è la preoccupazione comune, sì, per un regime come quello di Saddam, ritenuto da tutti un regime inaffidabile, però non è nemico di tutti, quindi questa crisi è particolarmente grave. D. Kofi Annan si è affrettato a dichiarare che un veto di Francia e Russia alla risoluzione sull'Iraq, presentata dagli anglo-americani, non significherebbe la fine dell'Onu. Quali potrebbero essere, allora, le conseguenze sull'efficacia del sistema delle Nazioni Unite? R. Kofi Annan ha ragione da un certo punto di vista, nel senso che il veto russo-francese non significherebbe semplicemente lo scioglimento dell'Onu. Le istituzioni internazionali non si portano dal notaio per scioglierle. Questo significa che probabilmente verrebbe a verificarsi un fatto importantissimo: una crisi che la potenza americana stava cercando di risolvere da sola e che poi ha portato formalmente all'interno delle Nazioni Unite per tentare di procacciarsi un consenso politico, ma anche quindi accettando il rischio di una sconfitta in quella sede, ecco, quella crisi torna ad essere risolta al di fuori delle Nazioni Unite. E' la prima volta che ciò si verifica, perché quando si fece la guerra in Kosovo senza l'autorizzazione dell'Onu, ci andammo evitando di 'contarci' sapendo che ci sarebbe stato il veto russo. Quindi, si decise di non rimarcare questa divisione. E questo fece sì che l'Onu si sia potuta inserire immediatamente nel dopo-guerra. Ora, in queste condizioni il rischio è che se l'Onu viene spaccata da un veto francese, soprattutto, più che russo, all'interno del Consiglio di Sicurezza, l'Onu si troverà di fatto molto in difficoltà anche a gestire il dopo-crisi in Iraq, e questo sarebbe un elemento letale. Vorrebbe, infatti, dire sostanzialmente che l'Onu non serve neanche all'unico scopo vero a cui è servito in questi 50 anni, cioè a far decantare le crisi, ottenere attorno alle crisi stesse un minimo di convergenza dal punto di vista politico. D. Ecco, proprio in tale contesto, la crisi irachena con i suoi imprevisti sviluppi al Palazzo di Vetro potrebbe dare l'abbrivio ad una riforma del Consiglio di Sicurezza, più volte evocata, ma sempre rimasta nel mondo delle idee? R. E' difficile! Vediamo gli scenari possibili: o vincono gli americani dicendo che i francesi, alla fine, per motivi di realpolitik, non mettono il veto. Dico i francesi perché gli americani contano ancora di recuperare, in qualche modo, la non-ostilità russa, perché il ministro degli esteri ha parlato tante volte, ma Putin non ha ancora detto niente e in Russia è Putin che decide, non è il ministro degli Esteri. Allora, il vero problema sono i francesi. La Francia si è molto sbilanciata. Ma supponiamo che Parigi rientri dalla sua posizione. L'Onu va avanti così, perché questo Consiglio con i cinque membri permanenti fotografa una realtà che sopravvaluta molto almeno una potenza, e questa è la Francia. Tutti gli altri, tutto sommato, non dico che hanno da guadagnare dalla fine dell'Onu: tutti perdiamo se l'Onu dovesse perdere di rilevanza. Però, la potenza americana, la ricrescente potenza russa, la buona potenza inglese, la crescente potenza cinese sono realtà di fatto: non hanno bisogno di un Consiglio di Sicurezza in cui hanno un diritto di veto. Allora, in questo primo scenario la Francia neanche per sogno sarebbe disposta a provvedere ad una riforma del Consiglio di Sicurezza. Se gli Stati Uniti dovessero perdere, allora, a quel punto il problema non si pone perché vuol dire che gli americani hanno riformato il Consiglio di Sicurezza di fatto, privandolo di qualsiasi potere politico e decidendo per conto proprio. Le riforme di cui si è parlato tante volte in passato erano riforme tese a rendere l'Onu un po' più al passo con i tempi e un po' più democratica. La cosa vera che sta saltando fuori è che per metterla al passo con i tempi bisogna renderla meno democratica, e questo è un problema grosso! |
||
Pace: «La crisi irachena, con i suoi imprevisti sviluppi al Palazzo di Vetro. Intervista con il prof. Vittorio Emanuele Parsi dell'Università Cattolica di Milano», RADIOVATICANA-RADIOGIORNALE, Anno XLVII n. 71, Testo della Trasmissione di mercoledì 12 marzo 2003 |