Se non prendi la croce non puoi essere mio discepolo |
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di Vincenzo La Gamba Il brano Evangelico di questa domenica è pieno di sentenze. La prima: "Se qualcuno vuole venire con me e non mette al secondo posto i suoi familiari, non può essere mio discepolo". Se uno non odia suo padre, sua madre.....”. Ma no. Gesù non insegna l'odio, lui che è stato la tenerezza in persona,. Questo strano verbo "odiare" in bocca a Gesù, significa, nel linguaggio semitico, "amare di meno", non restare chiuso solo nel piccolo cerchio della tua casa, facendone la misura del futuro. «Se uno non odia la propria vita»... Ma no. La vita si ama. Gesù intende dire: tu non sei la misura di te stesso; l'uomo è più che un uomo. «Se uno non prende la croce – il massimo dell'amore immotivato, il massimo dell'amore puro – non può essere mio discepolo». Se Gesù prima chiedeva il distacco della famiglia, adesso lo estende ai beni materiali. Il messaggio è attuale al giorno d' oggi. Emerge, quindi, in questo testo Evangelico la figura del discepolo. Seguire Gesù come discepolo è tutto perchè essere discepolo significa essere credente. Sono sinonimi che coniugano la fede assoluta in Dio. Gesù non vuole tanto, vuole tutto. Ma a chi interessa diventare il discepolo delineato da Luca, cioè un povero Giobbe cui sono tolte amicizie e amori, e la sua vita è una collina di croci, ed è più povero dei poveri? È questo l'uomo nuovo? Senza amori, senza casa, solo, crocifisso, senza pane, figlio solo di sottrazioni e d'abbandoni? È questa la storia alternativa che il Vangelo propone? Sono parole pericolose quelle d'oggi, se capite male. L'accento va posto sul verbo principale: diventare discepolo; il centro focale delle frasi non è sulla rinuncia, ma sulla conquista; non sul punto di partenza. Il vero discepolo non è quindi (e solamente) il sacerdote, ma tutti noi che come il sacerdote diventiamo con le opere buone i discepoli di Cristo, cioè quelli che seguono e portano la croce senza mai lamentarsi. Questo ci propone oggi Gesù: dedizione totale e piena responsabilità davanti a Dio, privilegiando il valore della sequela di Dio su ogni affetto umano. Possiamo riassumere in tre gli atteggiamenti fondamentali del discepolo: fede profonda, speranza gioiosa e carità ardente. Un trio di cose che costituiscono la struttura personale del cristiano credente, la sua vita nuova in Cristo, la cosiddetta "vita teologale", perchè la sua vita è Gesù Risorto, vincitore del peccato.
Essere discepolo di Gesù
significa, dunque, essere testimone di questa vita e darle un
senso, prima di raggiungere quella eterna nel Regno di Dio che ha
più senso. |
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Meditazioni: «Se non prendi la croce non puoi essere mio discepolo», Vincenzo La Gamba - America Oggi, New York, Domenica 9 settembre 2007 - XXXIII.ma Tempo Ordinario | |
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