Meditazioni

Ero morto e sono tornato in vita!

 

di Vincenzo La Gamba

La parabola del figliol prodigo, che si proclama oggi nel Vangelo secondo San Luca, é un riassunto della storia della salvezza ed una sintesi della storia personale di ogni credente.  É una delle parabole "classiche", una di quelle che tutti conoscono e nella quale molti padri si identificano. Osiamo dire che é "ancora" una parabola moderna. La sublimità di questa parabola narra di un peccatore, di un figlio irriconoscente e di  un figlio obbediente.

Quest' ultimo non ha mai disubbidito a suo padre e crede di essersi guadagnato l'amore paterno per via della sua obbedienza. Questo é esattamente quello su cui i Farisei basano la loro relazione con Dio. Loro credono di guadagnare una giusta relazione con Dio attraverso il comportamento da un punto di vista legale, cioé "politically correct". I Farisei, infatti, condividono la reazione del fratello maggiore e trovano giusto che il padre non debba accogliere il più giovane dei figli, che ha sperperato l'eredità datagli dal padre.

Tutto, in questa parabola, é sorprendente. Ha toccato più cuori questa parabola, da sola che tutti i discorsi dei predicatori messi insieme. Essa ha il potere di agire sulla mente, sul cuore e sulla memoria. Sa toccare le corde più diverse: il rimpianto, la vergogna e la nostalgia.  Conveniamo che il vero protagonista della parabola é il padre, a cui importa una sola cosa: che il figlio sia tornato. D' altronde c'é un messaggio ben preciso in questo brano evangelico, che é il proponimento del figliol prodigo che dice: "Mi leverò e andrò da mio padre, e gli dirò Padre ho peccato!". 

Chissà quanti fedeli si accosteranno al sacramento della riconciliazione durante questo periodo quaresimale! Ma se lo fanno e confessano i loro peccati possono dire apertamente: "Io ero morto e sono tornato in vita!" L' Eucaristia é il banchetto di festa che Dio imbandisce per ogni figlio che torna. Questa parabola ci rivela più delle altre quanto é importante riconoscere che anche noi siamo peccatori in mezzo ai peccatori che Dio ama e perdona. 

Come detto nelle precedenti domeniche, l'autenticità della nostra conversione é la penitenza della vita, accettata senza egoismo. Presi dai problemi quotidiani la vita ci logora, ma é appunto la banalità quotidiana che evidenzia la nostra conversione. Per esempio perdonare gli altri che ci hanno danneggiato; correggere le mancanze del nostro carattere; rispondere evangelicamente ad una provocazione; affrontare con fede e coraggio le sorprese della vita.

Fare tutto questo, nella banalità della vita di tutti i giorni, é conversione in progresso che realizza il programma delle beatitudini nella prospettiva della Pasqua, alla quale ci prepariamo degnamente con questa Quaresima.

 

Meditazioni: «Ero morto e sono tornato in vita!»,  Vincenzo La Gamba - America Oggi,  New York, Domenica  Domenica 18 Marzo 2007 - Quarta di Quaresima

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Domenica 18 marzo 2007

Lc 15,1-3.11-32
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
Allora egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

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