Meditazioni

Chi dona al povero fa un prestito a Dio
 

Vincenzo La Gamba

Questa parabola non è d' altri tempi. Anzi è attualissima perché ci pone di fronte al problema del denaro, che occupa un posto sempre più importante nella nostra vita e nel nostro contesto sociale. Non è vero? Certo che si!. Ma non dovrebbe essere così.

Scrisse San Paolo al riguardo: "l' attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali" (1 Tm 6, 10), ma ritornando all' odierno Vangelo di Luca, il brano fa parte del "blocco" degli insegnamenti di Gesù, raccolti in dieci capitoli in cui si parla di come occorre passare in questo mondo senza inciampare e cadere nel vuoto.
Il Vangelo proclamato questa domenica è una parabola difficile da interpretare per la sua conclusione, a prima vista sconcertante. Parla di un amministratore disonesto, lodato dal padrone perché furbo, perché avveduto, perché realista.  Pur non di meno licenziato, tolto dall'alto del suo incarico, ma con il paracadute, perché il padrone "loda quell' amministratore disonesto....."  e Gesù vuole mettere un pò d' ordine alle cose dicendo: < I figli di questo mondo ... sono più scaltri dei figli della luce >.  Più furbi, più abili e capaci di cavarsela a buon mercato anche quando le cose vanno male?. È una constatazione universale!   Solo Gesù  non pare molto furbo nel Vangelo domenicale.  L'insegnamento di Gesù (è bene chiarirlo) non è quello di usare meglio la cosiddetta "disonesta ricchezza".

Qui si tratta di usare bene non le ricchezze del mondo, ma la vita intera, beni terreni compresi, senza inciampare in essa, senza fare (o cercare di fare) la casa sul ponte (si legge infatti in un Vangelo apocrifo: "La vita è come un ponte. Passaci sopra, ma non costruirci la casa!"); senza scambiare il ponte per l' altra riva, il mezzo per il fine, il viaggio con il traguardo.

La vera conclusione dell'odierna parabola è questa: "Nessuno può servire a due padroni... Non potete servire a Dio ed al denaro".  

Altro che utilizzazione prudente e furba dei beni terreni!  In questa luce il "servo furbo"  non ha servito due padroni, ma ha rifiutato di servire, o perlomeno non ha saputo o voluto servire il Padrone vero, tradendolo.  Cosicché si è fatto servitore di tanti piccoli padroni, sperando di avere da loro ciò che gli sarebbe servito per cavarsela nella sua nuova vita. Trovare quindi una scappatoia alle sue malefatte.

Nella parabola intera si evolve una scelta radicale: per l' Evangelista Luca l' uso del denaro è il test che permette di valutare l' autenticità della nostra fede e della nostra vita cristiana. In sostanza, se siamo schiavi del denaro non possiamo considerarci cristiani.

Il denaro è tutto? Se ci guardiamo intorno, crediamo di no!  Però quanta gente che è ricca è altrettanto infelice!.  Certo il denaro è necessario, ma non è tutto. Certamente il denaro è un buon servo, ma sicuramente un cattivo padrone. Non a caso i vecchi sentenziavano che «l' ubriacatura del pane (benessere economico) è peggiore dell' ubriacatura del vino».

È pur vero che il denaro lo possiamo possedere, ma non possiamo portarcelo con noi nell' altro Regno: la morte ci costringe a lasciare tutto. C'è un solo modo per non perderlo: condividerlo con i poveri, con chi ha bisogno.
Altrimenti è vero quello che ha affermato Carlo Marx, cioè che l' economia spiega la storia. L' economia è la nuova religione; il denaro è il nuovo Dio, Wall Street è il nuovo tempio; gli operatori della finanza i nuovi sacerdoti.
Tra i due Padroni meglio sceglierne uno, quello cioè  che ci  esorta a fare sempre uso della ricchezza spirituale, perchè chi dona al povero fa un prestito a Dio!
 

Meditazioni: «Chi dona al povero fa un prestito a Dio»,  di Vincenzo La Gamba - America Oggi,  New York, Domenica 19 Settembre 2004 - XXV.ma Tempo Ordinario
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