Meditazioni |
«Non
fate della casa del Padre mio un luogo di mercato» |
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di Vincenzo La
Gamba L'odierno Vangelo di Giovanni è uno dei pochi brani in cui appare la collera di Gesù, che perde la pazienza nel momento in cui il Tempio di Gerusalemme è invaso dai venditori di bestiame "che vendevano buoi, pecore e colombe" (animali per il sacrificio nella fattispecie) e dai "cambiavalute seduti al banco" (che fornivano il denaro legale per pagare l' imposta del tempio). Gesù che perde la pazienza? Come? Giovanni ce lo descrive così: "Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal Tempio con le pecore e buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi". Ai venditori di colombe Gesù si rivolge poi così: "Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato!". Ma Gesù, agli occhi dei Giudei, non era nessuno, per cui essi si domandarono: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?". Da notare l'umanita di Gesù che reagisce contro chi mostrava poco rispetto verso un luogo sacro, in cui si doveva pregare e non certo fare del commercio. Ai Giudei rispose con questo enigma: "Distruggete questo Tempio e in tre giorni io lo farò risorgere". Così parlando Gesù si riferiva al Tempio del Suo corpo, cioè alla Sua Risurrezione il terzo giorno dopo la Sua morte, che i Giudei, ovviamente, ignoravano dato che Gesù non era il loro Messia.
Il
simbolismo della "purificazione" del Tempio altro non è che la
manifestazione del mistero di salvezza di Gesù. Gesù, infatti, porta un'alleanza ed un culto nuovi nella spirito e nella verità. Ma il modo è paradossale, come scrive San Paolo nella seconda lettura: "Un Messia debole e crocifisso - scandalo per i giudei e stoltezza per i greci - rappresenta la forza a la sapienza salvatrici di Dio per il mondo". Come sappiamo tutte le religioni hanno un luogo di culto, sia esso chiamato chiesa, sinagoga, tempio, santuario o moschea. Nell'episodio della "purificazione del Tempio", Gesù appare come un innovatore e si pronuncia (ma non molti l'avevano capito) per una religione, priva da ritualismi morti, ma invece ricca di un culto vivo che scaturisce dalla fede del cuore. I primi cristiani, tuttavia non ebbero templi, nè cattedrali nè basiliche fino a vari secoli dopo. Erano consapevoli (e dobbiamo esserlo anche noi) che l'assemblea, che in greco si dice "Eklesia", è l'autentica Chiesa di Dio, il suo santuario spirituale. Pure ogni cristiano, ogni battezzato nello Spirito di Gesù è egli stesso Tempio di Dio. Tempio, altare o santuario hanno quindi valore "cultuale", anche se non bastano da soli. Per un culto vivo a Dio conta soprattutto la fede dei credenti che lodano Dio in unione con Gesù Cristo. Tutto è culto nella vita e vita nel culto, se per ciò noi intendiamo, assumendoci tutte le responsabilità, la dimensione religiosa di tutta la nostra esistenza personale, familiare, professionale e sociale. L'autentica religione ed adorazione in spirito e verità, è la religione di tutta la vita, vissuta in piena fedeltà alla volontà di Dio ed in solidarietà dell'uomo, specialmente con i più deboli e bisognosi. È uscendo dal Tempio che tocchiamo con mano la verità o la menzogna del nostro culto e della nostra religione. Se non si crede in quello che si fa, allora si è ipocriti! Gesù Cristo è, quindi, e rimane il nostro modello. E noi, imitando Lui, siamo consapevoli che bisogna adorare Dio in spirito e verità.
Gesù Cristo è la
vittima della nuova alleanza con Dio. Il culto nuovo si racchiude
nella formula cristologica ed unitaria che noi recitiamo durante l'Eucarestia:
"Per Cristo, con Cristo ed in Cristo....." |
Meditazioni: «Non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato», di Vincenzo La Gamba - America Oggi, New York, Domenica 23 Marzo 2003 - Terza Domenica di Quaresima