Meditazioni |
«Eucaristia
come rottura del digiuno domenicale» |
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di Vincenzo La
Gamba "Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi non digiunano?" chiesero i farisei a Gesù per metterLo in imbarazzo. La risposta di Gesù si colloca invece ad un livello ben diverso da quello della polemica tra sostenitori di osservanze diverse: "Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro non possono digiunare", rispose argutamente il Maestro ai Suoi interlocutori. Ci aspettavamo questa risposta da Gesù? Sicuramente no perchè da una parte è sorprendente, dall'altra è una risposta che non vuole alimentare nessuna polemica od aggressività. E spieghiamo il perché. A Gesù viene chiesto di spiegare e di giustificare la condotta dei Suoi discepoli, perché essa si discosta dalle sane e tradizionali abitudini, suscitando scandalo per chi seguiva le norme del digiuno. Ricordiamo che a quei tempi il digiuno faceva parte dei riti penitenziali e luttuosi. Quest'anno il Papa Giovanni Paolo II ha indetto un digiuno nel giorno delle Ceneri (5 Marzo) per la pace e contro i venti di guerra che stanno angosciando la nostra vita quotidiana.
A
loro volta i discepoli di Gesù, chiamati in causa, speravano che il
loro Maestro avrebbe trovato il modo di giustificare la loro libertà
nei confronti di osservanze, certamente tradizionali, ma non imposta
dalla Legge. Egli ci dice che bisogna sapere scegliere da che parte stare ed impegnarsi non in un dibattito su questioni di osservanza tra persone interessate a questi argomenti, ma impegnarsi nei confronti di Gesù. Sono i discepoli di Giovanni il Battista che offrono la base della Sua risposta. Giovanni Battista si era definito "l' amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire" (Giovanni 3, 29-30). Gesù dice di essere lo sposo e con la Sua presenza sospende la pratica dei digiuni celebrati nell'attesa del Messia!. Gesù afferma, quindi, di essere Colui che i profeti hanno annunciato e che era atteso per redimere i peccati dell' uomo. Alla domanda del digiuno Gesù, tuttavia, non solo ne riconosce il valore ma anche la giustezza del significato: Egli non è "venuto per abolire la Legge o i Profeti, ma per compierli " (Matteo 5,17). Poichè ora lo sposo è in mezzo ai Suoi, non bisogna digiunare come se si attendesse ancora il Salvatore (si deduce che il digiuno del Yom Kippur è imposto dal popolo ebraico perché per loro il Messia non è ancora arrivato). Tutte le forme di digiuno, tutte le pratiche penitenziali che la Chiesa continua a praticare, la stessa liturgia, hanno un comune denominatore: l'attesa del Signore che è venuto e che verrà. Nessuna di essa è ripiegata su se stessa oppure finalizzata a se stessa.
Il
digiuno ha un grande significato se è animato dalla gioia che dà la
speranza sicura di non essere delusa. Infatti durante la Messa nel momento della proclamazione del mistero della fede noi recitiamo: "Annunziamo la Tua morte, Signore, proclamiamo la Tua Risurrezione, nell'attesa della Tua venuta...... Beati gli invitati alla cena del Signore! ".
Digiunare la domenica significherebbe dimenticare e, di fatto, negare
che il Signore, nel giorno dell'Incarnazione si è unito realmente e
per sempre alla natura umana.
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Meditazioni:
«Eucaristia come rottura del digiuno domenicale», di Vincenzo La Gamba -
America Oggi, New York, Domenica 2 Marzo 2003 - VIII domenica di Tempo Ordinario