Meditazioni

«Ripetiamo con San Paolo:
“Il mio modello è Cristo!"»

 

 
di Vincenzo La Gamba



Per capire meglio il significato del miracolo di Gesù nei confronti del lebbroso guarito, non bisogna essere come Madre Teresa od essere missionari. Uno che, comunque, ha avuto un'esperienza diretta é stato Frate Damiano, missionario di origine belga (divenuto  poi Beato Damiano di Molokài),  morto da lebbroso nel lontano 1889, non prima però di dare conforto a migliaia di lebbrosi ricoverati  in un angolo sperduto nell'isola delle Hawai.

Il Vangelo odierno, trattato da San Marco, ci deve fare riflettere, perché narra di un miracolo, richiesto con fede a Gesù, che lo concede ad un portatore di lebbra (a quei tempi la terribile malattia era paragonabile all'immagine del peccato).

Cambia poco o niente se il miracolo é avvenuto oltre duemila anni fa. Si contano pochi miracoli nei confronti di gente lebbrosa al giorno d'oggi, se non addirittura nessuno.

Sappiamo di sicuro che il frate Damiano dal Belgio alle Hawai é stato mandato dal Signore, attraverso il suo superiore Mons. Maigret, per aiutare i malati lebbrosi di quelle isole. Egli, con il suo amore verso Dio, dette conforto ai lebbrosi e da cui fu pure contagiato.  Morì di lebbra per aiutare i sofferenti e la Chiesa l'ha elevato agli onori della beatificazione.

Ricordiamo assieme le tenere parole, piene di compassione per gli altri, di un suo scritto, la cui parte finale recita: "Tutti mi considerano un frate. Io sono invece un lebbroso tra i lebbrosi perché così ha voluto Gesù Cristo. Ecco perché quando predico non dico loro: Cari Confratelli... ma... Cari Confratelli lebbrosi"....

Ricollegandoci all'odierna liturgia Gesù, diciotto secoli prima, sentì delle accorate e tenere parole, piene di compassione da parte dello sventurato lebbroso di Cafarnao, che gli disse: "Signore se vuoi, puoi guarirmi".

Gesù disse lui: "Io voglio. Guarisci!". E lo guarì! Gesù lo "purificò" con una parola, toccandolo con la Sua mano miracolosa.  Gesù, il Salvatore e guaritore poi offrirà (sulla croce) la sua vita per guarire gli uomini dalla malattia del peccato che la lebbra evocava più delle altre malattie. Se ci sbagliassimo sul significato delle guarigioni da Lui operate negli ultimi tre anni della Sua vita, l'errore sarebbe grave.

Rammentiamo che la lebbra é ancora una malattia incurabile. Basterebbe paragonare la lebbra al cancro, che miete vittime ogni giorno, per renderci conto che per mali incurabili molte volte la scienza rimane impotente.

Perché la lebbra ed oggi il cancro (probabili immagini di peccato per rientrare nella logica dei tempi antichi) sono malattie  pressoché incurabili?

Perché queste atroci malattie fanno tremendamente soffrire chi ne é affetto e chi vi sta intorno?

La Chiesa ci insegna che questa gente é sofferente perché "eletta" da Dio. Ma ne sono tutti convinti?

Altra domanda corrente: "Perché esistono nell'era moderna tanti mali incurabili?

Per ogni interrogativo un altro interrogativo:  ".... e se Dio ci vuole castigare perché abbiamo rotto l'alleanza con Lui?".

Interrogativi legittimi,  frutto di domande legittime.

C'é un distinguo: sono  tutte domande umane ma poco cristiane. Chiariamo. Nel nostro immaginario c'é un Dio che governa il mondo con potenza. Nel nostro modo di vedere Dio dovrebbe punire i malvagi; premiare i buoni e i giusti e castigare i cattivi. Ma chi siamo noi per affermare questo?  Andiamo avanti.

Il Nuovo Testamento ci offre pure un Dio,  che da verbo si fa carne ed il divino si coniuga con la fragilità e l' umiltà.

C'è una eloquente espressione teologica: "Cogliere Dio nel Crocifisso esige una rivoluzione dell'idea di Dio"  dalla quale può essere evidenziata una riposta cristiana.

Potremmo capire (solo se lo vogliamo capire) che Dio "non permette il male, ma Lo subisce.  Soffre anch'Egli come le vittime".

Secondo questa prospettiva biblica la potenza di Dio si traduce, quindi, in condivisione del dolore dell'uomo.

É vicino in modo rispettoso, sia al buono quanto al peccatore.

Dio soffre con loro. L'idea del Dio potente lascia così il posto a quella del Dio amore.

Noi partiamo dal presupposto che la sofferenza é di tutti: dei buoni, dei cattivi, delle persone intelligenti e non, delle genti di fede e di poca fede. Perché privilegiare alcuni a danno di altri? É importante sapere che Dio soffre per tutti e con tutti. Ecco perché Dio non si deve mai interrogare. Di Lui sia fatta la Sua volontà, perché solo chi soffre può capire la sofferenza del Cristo in croce, venuto per redimerci dal peccato. Sembra strano ma con la sofferenza ci si avvicina di più a Dio e non il contrario. Sofferenza intesa in senso lato e non solo sofferenza fisica.

Un francese, tale frate Varillon, nel 1986 scrisse: "Non possiamo credere che Gesù non soffra quanto il povero malato e che il Padre non soffra quanto Gesù".

Cosa significa?  Significa che la fede porta a chiedere al Signore il suo potere di guarigione: "Se vuoi... puoi mondarmi..."  dice a Gesù il lebbroso (indemoniato) di Cafarnao nel Vangelo di oggi.

É il sacramento, dunque, la risposta a questa attesa e mette il sigillo che rende autentica la fede.   Fede che, nonostante tutto, combatte da sempre il male a favore del bene, dell'amore e della compassione.  Fede che, misurata con il metro della missione, ci conduce al Beato Frate Damiano e alla futura Beata Madre Teresa di Calcutta. Entrambi si sono prodigati a favore degli ammalati che più ammalati non si può, la cui sofferenza ha reso più caritatevole e lodevole il loro lavoro, svolto nel nome e nel segno del Signore.

Alle prese con i mali del mondo, inclusi gli atti terroristici, le guerre in corso, non abbiamo che una sola scelta: rivolgerci con fiducia al Signore, così come fece il malato di Cafarnao.  Egli chiese a Gesù di pronunciare la parola miracolatrice, la stessa che noi aspettiamo da Lui per rimetterci in piedi e continuare a camminare, nonostante gli ostacoli che troveremo sempre dinanzi a noi.

Se affermassimo con frequente fede quello che ci ha insegnato San Paolo: "Il mio modello é Cristo!" allora capiremmo meglio il significato dell' odierno Vangelo di San Marco.
 

 

Meditazioni: «Ripetiamo con San Paolo: “Il mio modello è Cristo!"»,  di Vincenzo La Gamba - America Oggi,  New York, Domenica 16 febbraio 2003 -  VI domenica di Tempo Ordinario
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