Meditazioni

«Voi ed io non siamo che una cosa sola.
Non posso farvi del male, senza ferirmi»

 

di Carlo Mellace, diacono



Nella prima lettura il Profeta Melachia rimprovera il popolo d'Israele di essersi allontanato dal giusto rapporto con Dio. Gli stessi sacerdoti che parlano ed agiscono nel nome del Signore, conducono una vita vuota. Il messaggio é severo, ma anche onesto: Dio non accetta un culto sbrigativo e senza cuore.
Nel Vangelo di oggi, Gesù riprende gli stessi temi. Egli ha davanti agli occhi lo spettacolo degli Scribi e Farisei. Questi ultimi erano espertissimi nelle Sacre Scritture  ma il loro cuore era gelido, freddo, non trasformato dall'incontro con Dio. In verità erano falsi.


Cristo, ovviamente, non é soddisfatto di questo tipo di religione e, rimproverando i sacerdoti, ci offre tre verità. La prima indica che quando c'é frattura tra la nostra vita e la nostra fede, viviamo in una situazione di ipocrisia.


La seconda é quella secondo cui quando si é severi con gli altri, ma non con se stessi, viviamo in una situazione di peccato.


La terza é quando scambiamo la religione per un palcoscenico, adorando noi stessi e non il Signore.
Gesù, però, non si limita alla critica e ai rimproveri. Va oltre e conclude: "Il più grande tra voi sia il vostro servo; chi invece s'innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato".


Gesù propone quindi l'umiltà come condizione di verità. I primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi. Il vero cristiano sa di essere peccatore e mai si mette sopra piedistalli, ma resta sempre nella consapevolezza dei propri limiti e, quindi, nell'umiltà e nella fraternità.


Il vero discepolo di Cristo é invitato a mettersi nell'ultimo posto perché solo lì sarà anche libero dalla tentazione.


Diceva il grande statista indiano Gandhi:
"Voi ed io non siamo che una cosa sola. Non posso farvi del male, senza ferirmi".


Noi dobbiamo amarci l'un con l'altro anche perché abbiamo bisogno l'uno dell'altro. Tutto quello che possediamo lo dobbiamo ad altri: la nostra vita a Dio, la nostra crescita ai nostri genitori, la nostra istruzione ai nostri maestri, il nostro sostentamento ai nostri datori di lavoro. E quando proprio crediamo di essere arrivati, dipendiamo sempre da qualcuno: se malati da un dottore; se siamo soli da un amico; se abbiamo un guasto elettrico da un elettricista, e cosi via.


Dipendiamo soprattutto da Dio, che non solo ci ha dato la vita, ma ha anche provveduto a farcela vivere, donandoci tante cose importanti che noi non riconosciamo o diamo per scontate. Non pensiamo, per esempio, all'ossigeno: respiriamo; non ci soffermiamo sul doppio miracolo della digestione o dell'assimilazione: mangiamo solamente. Nel mio petto e nel vostro c'é la più piccola ma la più perfetta pompa che l'uomo non potrà mai costruire: il cuore.  Ogni suo battito é un istante di vita, ma tante volte neanche lo apprezziamo.


Siamo dunque chiamati ad essere umili e non arroganti.


Sforziamoci di essere sempre meno farisei e scribi e sempre più Santi nell'umiltà.


Preghiamo anche per i nostri sacerdoti, affinché continuino ad essere splendido esempio non solo di sapienza ma anche di vita.


Cosi mi disse un sacerdote poco tempo fa: per voi tutti sono un sacerdote; con voi tutti sono un Cristiano; dentro di voi sono un uomo.
 

Meditazioni: «Voi ed io non siamo che una cosa sola. Non posso farvi del male, senza ferirmi» di Carlo Mellace, New York - America Oggi, Domenica 3 Novembre 2002 - XXXI Domenica del Tempo ordinario

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