Meditazioni |
"Chi
mangia questo pane vivra' in eterno" |
di Padre
Carmelo Gagliardi O.F.M. Cap La prima lettura intende richiamare alla mente degli Israeliti i benefici ricevuti da Dio durante la faticosa peregrinazione del deserto. "Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant' anni nel deserto..... Egli ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame. Poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive di solo pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Non dimenticare il Signore tuo Dio... che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata senz'acqua; che ha fatto sgorgare per te l'acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri." Abbiamo dunque lo sfondo desolante del deserto, con tutte le sue asprezze, la fame, la sete, i rischi mortali, le insidie, la spossatezza, i frequenti smarrimenti nel cammino, la disperazione. Tutto questo per dire che Israele da solo non avrebbe potuto sopravvivere a quell'ambiente che proprio per sua natura è una trappola di morte. L'uomo non basta da solo a salvarsi! E in realtà solo Dio ha salvato Israele, rendendo prodigiosamente fertile il deserto, quasi che dalla sua sabbia senza vita avesse potuto fiorire il frumento e sgorgare acqua ristoratrice e dissetante. Quello che il deserto da sé non poteva fare, l'ha operato la parola che esce dalla bocca del Signore. La parola perciò è la vera protagonista di questa drammatica esperienza d'Israele per tutto il periodo della sua lunga peregrinazione. Senza la parola di Dio neppure la "manna" e neppure "l' acqua" che è scaturita dalla roccia durissima avrebbero potuto prodursi. Nella seconda lettura, San Paolo ricorda ai Cristiani di Corinto il significato dell'Eucarestia come "Koinonia", cioè come comunione e fusione in Cristo e con i fratelli. "Il calice che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? Ed il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell' unico pane". Comunicando con l'Eucarestia, non soltanto ci uniamo a Cristo, ma ci uniamo anche tra di noi. Diventiamo pertanto "un corpo solo" pur essendo in molti. Mangiando il corpo di Cristo, anche noi diventiamo "Corpo di Cristo" (Sant'Agostino). Il brano evangelico di San Giovanni costituisce la parte conclusiva del così detto "discorso eucaristico". Secondo l'Evangelista, il discorso Gesù l'avrebbe pronunciato nella sinagoga di Cafarnao. Giovanni presenta Gesù come il "pane disceso dal Cielo". "Io sono il pane vivo disceso dal Cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno ed il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". Inoltre, Gesù parla della vita che ne deriva a coloro che mangeranno di Lui. "Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno .... Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno... Chi mangia questo pane vivrà in eterno". Sembrerebbe strano che da un gesto di morte quale è qui evocato da tutto il contesto, possa nascere la vita. Eppure è proprio così!. L' offerta di Cristo sulla Croce è l' espressione massima dell' amore. D' altra parte, questa vita, comunicata dalla partecipazione al Corpo ed al Sangue del Signore è la vita stessa che vive oggi il Figlio di Dio nella gloria. "Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me ed io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me". Il Cristiano vive per Cristo nella misura in cui tutto ciò che fa e pensa si lascia da Lui guidare ed a Lui orienta tutto se stesso. In tal modo l'Eucarestia diventa per l' uomo di fede il mezzo indispensabile di partecipazione al mondo del divino. |
New York, Domenica 2
giugno 2002,
Solennità del Corpus Domini