Meditazioni |
L'accettazione
della sofferenza come bene supremo |
di Vincenzo La
Gamba Quella voce che dice: "Egli è il mio Figlio prediletto. Ascoltatelo" è il passaggio di consegne in terra da parte di Dio nell'odierno Vangelo della Trasfigurazione, uno degli eventi più significativi in cui Gesù è protagonista di fronte a due testimoni, Mosè, rappresentante della Legge di Israele, e Isaia, il profeta per eccellenza. Una triade di figure che appaiono in una suggestiva visione e conversano tra di loro di fronte a tre esterrefatti discepoli di Gesù: Pietro, Giovanni e Giacomo che anticipano comunque la glorificazione del Messia. Tutto avviene sopra la montagna del Tabor. Gesù invita i tre Apostoli per l'evento più straordinario che si presenta loro da quando Lo conoscono. Gesù si "trasfigura" davanti ai tre. La Sua faccia è radiosa più del sole e i suoi vestiti simili ad una luce bianchissima che più bianca non ve n'è. Cosa significa ciò? Significa che la Trasfigurazione fa rimanere Pietro, Giovanni e Giacomo a bocca aperta e impauriti più che mai. Ma invero essa è l'anticipazione di Gesù che risorgerà dopo la Sua morte ed Egli "giudicherà i vivi ed i morti". Per rincuorarli Gesù dice: "Alzatevi. Non abbiate paura" riprendendo le sue sembianze umane. Gli stessi Pietro, Giovanni e Giacomo vivranno una simile esperienza quando vedranno Gesù nell'orto di Getsemani trasudare sangue in piena agonia di fronte al Padre Suo. Sono due momenti di grande intensità e di profonda riflessione. Pietro è conscio di ciò e per la prima volta lo chiama "Signore", persuaso e convinto che ha a che fare con una realtà divina. Questo è un punto cruciale dell'odierno Vangelo di Matteo prima del miracolo dei miracoli: la Risurrezione di Gesù Cristo. L'essenza di questo evento non è tanto l'annuncio evangelico della glorificazione di Cristo Gesù attraverso la "Trasfigurazione", ma il prosieguo dei suoi insegnamenti, una volta diventati suoi seguaci. Insomma se vogliamo seguire le orme di Gesù prepariamoci a soffrire. Sembra un paradosso. Ma dal momento della Trasfigurazione fino alla morte di Gesù Cristo, il tono degli insegnamenti del Messia si incentra sull'accettazione della sofferenza come bene supremo. Non per niente il Vangelo della Trasfigurazione è stato posto dalla Chiesa nel periodo quaresimale. Chi vuole seguire le orme di Gesù (noi credenti siamo i Suoi Apostoli del 2000) deve rinunciare alla vana gloria e ubbidire alla Sua volontà, accettando la sofferenza per ricevere in cambio la salvezza. "Non dite di questa visione fin quando il Figlio di Dio non risusciterà dai morti" è il monito rivolto da Gesù a Pietro, Giovanni e Giacomo perché la "Trasfigurazione" rientrava nella straordinarietà del disegno di Dio. Si trattava di mostrare la Divinità di Suo Figlio Gesù in terra prima della Risurrezione. Gesù, apparso da "trasfigurato" ai tre discepoli, si cala poi nei panni di Colui che soffre come un comune mortale perché Egli è venuto per redimerci, immolandosi per i nostri peccati. Ecco perché ha sofferto negli ultimi giorni della Sua vita. Ma dopo la Sua morte Egli risorge per l'evento ultimo e sublime con l'ascesa al Cielo e la "trasfigurazione" in divinità, una volta adempiuta la Sua missione terrena. E' il mistero che rientra nella straordinarietà del disegno di Dio e non è semplice da spiegare il tutto con o senza trattati teologici. E' sufficiente la fede. Come i Suoi discepoli anche noi credenti non dobbiamo porci domande su dubbi di fede. Gesù ci ha insegnato tutto. Sta a noi trarre profitto dai suoi insegnamenti. A volte è difficile per noi accettare la sofferenza. Citiamo Padre Pio che diceva nelle sue esortazioni (CE,22): "Io soffro quando non soffro" per ammettere che tutta la sua sofferenza rientrava nella quotidianità delle cose. Non si vive per soffrire ma si soffre per vivere. Chi di noi è così straordinario su questa terra senza soffrire? Nessuno. Ci sarà quindi un posto migliore senza soffrire? Sicuramente non è in questo mondo, ma nel Regno dei cieli! |
New York, Domenica,
24 Febbraio 2002
Seconda Domenica di Quaresima