Ciao, Galatrese Bruno |
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di
Carmelo Cordiani “Mi dispiacerebbe morire!” L’hai buttata così, mentre si parlava d’altro. Mi hai spiazzato. “A chi non dispiace”. Fu l’unica aggiunta che mi venne pronta, per fortuna, senza secondi di silenzio che avrebbero caricato il peso che avvertivi.
Si andava a Reggio, la tua Reggio per tanti anni, dove ti eri trasferito per trovare, finalmente, uno spazio “altro”, da dove sei rientrato nella tua Galatro deluso e sofferente. Mai sconfitto. Non era nel tuo stile. Eri riuscito a ritrovarti, con le grandi idee per il nostro paese. “Bisogna ricreare entusiasmo”, dicevi. “I giovani! “. Già, i giovani… La tua ossessione. Oggi come allora, caro Bruno. Un’aridità, un vuoto. Come un bel giardino abbandonato.
Sette anni! Un frammento dell’eternità nella quale anche noi siamo immersi. Certo! Perché chi nasce entra nell’eternità. Tu di questo Infinito vivi l’essenza. Noi, ancora in viaggio nel tempo, dimentichiamo la sua esistenza. E ci smarriamo. Aggrappati alle piccole realtà, viviamo con esse, incapaci di svincolarci. Ci soddisfano gli spiccioli alle nostre ambizioni ma ci impediscono di crescere. Chiusi in noi stessi, come tanti ricci spinosi, pungenti, orgogliosi del crederci “qualcuno”perché un altro “qualcuno” ci beffa gonfiandoci come quel rospo che voleva confrontarsi col bue. Noi ci crediamo, ci convinciamo, perdendo di vista quello spazio stupendo nel quale tu vivi. Se solo facessimo memoria dell’eternità verso cui camminiamo!
Sette anni, ma le tracce del tuo passaggio sono ancora fresche. Cancellarle? E come si fa. Chi ci prova non fa altro che rimarcarle, renderle più profonde. Si parla ancora del galatrese Bruno. Qualcuno sottovoce, forse per non farsi sentire da chi avrebbe voglia di gridare forte il tuo nome, ma non osa. Ha paura di se stesso. Teme di dover dichiarare la propria nullità. Sai quanto ci teniamo al nostro apparire. Si dice che non è più il tempo del “vossignoria”! invece siamo diventati ancora più schiavi della nostra falsità. Giriamo per le strade come tanti ubriachi di notorietà, sbirciando a destra e a sinistra convinti che qualcuno ci nota. Ma la gente, quella senza nome ma con molto cervello sa ancora distinguere il bene dal male, il grande dal piccolo, il fariseo dal genuino. Tu appartenevi alla razza dei genuini.
“Mi dispiacerebbe morire”! Sai a chi deve dispiacere la morte? A quelli che vi arrivano a mani vuote. A quelli che hanno speso la vita dicendo di aver compiuto quel bene che invece hanno ricevuto da altri. Tu hai fatto del bene, ma i destinatari non solo l’hanno dimenticato, ma si vantano di averti sopportato per tanto tempo. Questo è il nostro mondo piccolo, dove, purtroppo, i farisei abbondano, i predicatori di pace si appropriano persino della paternità del Vangelo, citandolo come se lo avessero scritto loro. Per questi farisei tu sei il “mostro”. Per i pubblicani, per fortuna, ancora in vita, sei stato e resti il benefattore di Galatro. |
Bruno Marazzita: «Ciao,
Galatrese Bruno», di Carmelo Cordiani, 07.12.2007
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