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di
Don Luigi Giussani
Il mio
intervento è un grazie a Dio, davanti a tutti voi, di cui alcuni
conosco, ma la stragrande maggioranza non conosco ancora, ma coi quali
sono destinato a vivere l’eterno. Una eternità che è in noi e tra di
noi, che giorno per giorno vince il dissesto in cui l’uomo si
lascerebbe andare.
Dico quello che la vita mi ha fatto imparare. Occorre una grande
anima, un grande cuore, quello dei bambini, perché il Signore ha detto
nel Vangelo non «se voi non sarete studiosi, come tanti studiosi,
scienziati, come tanti scienziati, bravi, come tanta gente brava…», ma
«se voi non sarete come bambini non entrerete mai».
E il bambino come si dimostra presente? Piangendo, o ridendo,
sorridendo, compiangendo. L’espressione del bambino è ultimamente
quella che dice: «Mamma!». «Mamma»: dentro questa parola c’è tutto
quello che è venuto fuori dal nulla, c’è tutto quello che viene fuori
giorno per giorno, ora per ora, momento per momento, dal nostro nulla.
Io mi esorto, mi sono sempre esortato tutte le mattine delle mie
giornate a pregare Iddio, cioè ad essere bambino, perché l’essere
bambini vuol dire accusare questa totalità di presa, questo possesso
che di noi ha un Altro. Un Altro: il Mistero.
L’espressione di questo Mistero in noi è la domanda, è la preghiera,
cioè la domanda della preghiera, la preghiera come domanda, come
mendicanza: l’uomo mendicante di Cristo, come Cristo è mendicante
dell’uomo. C’è questo messaggio che la nostra carne, rivivendo ogni
mattina il suo lavoro, l’inizio del suo lavoro giornaliero, deve dare.
Il Signore ci accompagni a capire questo. Chiediamo alla Madonna, alla
Madonna nostra madre, per tanti anni così generosa ed efficace, alla
Madonna noi chiediamo questa grazia: di continuare la sua pietà, di
continuare il suo perdono, di continuare la sua misericordia, come
dice la preghiera di Dante, rivivendo così in noi il fiato di tutti i
secoli passati.
Se non comprendiamo le parole che diciamo, usiamole lo stesso: non
abbiamo nessun motivo per poter dire, non so: «Sono inutili» o «Non
hanno senso». Così che la preghiera diventi la domanda, si attui nella
sua essenza che è la domanda.
La preghiera diventi, sull’orlo del nostro orizzonte, l’avamposto,
l’avamposto della nostra umanità, della nostra umanità in battaglia,
perché la condizione della battaglia è inevitabile e inesorabile,
anzi, per il Signore è stata la croce: la croce, ciò che ha definito
il Mistero eterno. L’infinito Mistero si è prodotto nella nostra vita:
per imporsi alla nostra vita è morto in croce, si è fatto morire in
croce. Ma nessun momento del suo dolore gli ha tolto la gioia ultima
che lo attendeva oltre l’orizzonte, oltre l’orizzonte dei suoi occhi
umani: l’amore del Padre.
Viviamo la preghiera come il primo avamposto, l’estremo avamposto
della battaglia nella nostra vita. Qualsiasi errore, qualsiasi
recidività nei nostri errori non ci fermi. Non ci fermi, perché Dio è
misericordia. Dio è misericordia, l’Eterno è misericordia: noi vedremo
tutto.
Madonna, aiutaci, tu che sei stata fatta madre di tuo figlio! Noi,
figli tuoi, vogliamo seguir te e nascere, rinascere al sapore del tuo
profumo e del tuo volto.
Aiutaci, Madre nostra, ad essere sicuri nella evidenza della giornata
che dobbiamo vivere: dolore o gioia; o dolore e gioia.
Madre, Vergine, «Vergine madre, figlia di tuo Figlio, umile ed alta
più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio».
A noi il Mistero si è rivelato e si rivela quotidianamente come
l’Essere, come amore. L’Essere vuol dire amare, e per l’uomo ancora in
vita, nella vita terrena, questo essere amato vuol dire essere
perdonato.
Il Signore ci aiuti, per l’intercessione di Maria, sempre nostra
Madre.
Arrivederci!
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