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di
Renato Farina
La
campagna, nel quieto borgo nella Bassa milanese, è bagnata e fumante
di pioggia al sole del mezzodì. Ha parlato tutto il tempo dell’Essere,
del Mistero, monsignor Luigi Giussani quest’oggi. «L’Essere esistente
qui e ora, l’Essere-Carità». Ma non l’Essere dei filosofi: anche
quello, senz’altro. Bensì l’Essere che sono le nostre facce. Un
Mistero familiare. Don Gius (lo si chiama familiarmente così) gli ha
dato un nome che non mi aspettavo. Non ha detto anzitutto Cristo, ma
«Madonna», «la Madonna». Poi la frase profetica, detta con assoluta
certezza: «Io credo che, se non ci sarà prima la fine del mondo,
cristiani ed ebrei possano essere una sola cosa nel giro di 60-70
anni».
S’è smagrito, don
Giussani, gli è impossibile la distrazione dall’essenziale, il suo
parlare è un martellare sul pianoforte delle dita di Chopin: l’uomo,
Dio, la libertà, l’amore, la bellezza. E i nomi delle persone. Basta
così. Ha la certezza che ciascuno di noi abbia un compito - «anche tu
che non credi a niente, amico!», lui ti direbbe - discreto ed
essenziale: senza il nostro lavoro, le mani dell’Essere avrebbero meno
presa sulle cose. «Non avverti che il tuo io si disfa quando non
mendica l’Essere?», mi dice. «L’Essere ci vuole coinvolgere, prende
tra le mani il nostro marasma, come la madre ascolta la voce del
bambino e ci comunica se stesso». Senza questo, detto da un vecchio
dagli occhi verdi come acque lucenti, vivere sarebbe molto meno che
vivere. Ripete: «Senza Cristo le cose si sfarinerebbero, l’io sarebbe
sperduto. Invece…». Il vino buono, il pane fragrante e gustato
lentamente («Dopo la poesia e la musica, il gusto per la bellezza si
esercita negli uomini sul cibo e sul vino», dice inaspettatamente).
Provo qui a trascrivere gli appunti un po’ malfermi di un incontro
personale che non aveva intenzione di essere un’intervista. Mi si
scuserà il rincorrersi di maiuscole e di minuscole: non ci capisco
nulla, ma anche con la “e” minuscola, l’essere è tutto, tu che leggi
sei tutto. Torna spesso la parola carità. Se come il fumo dell’incenso
rischia di indisporre qualcuno, pensi che somiglia all’amore, ne è il
nome cristiano.
Don Luigi Giussani,
quasi 80 anni, è la personalità religiosa italiana più nota al mondo,
ben al di là dei confini di Comunione e liberazione che ha fondato nel
1954. I suoi libri hanno avuto un successo strepitoso negli Stati
Uniti d’America dove ormai Cl è diffusa in ogni città. È in pieno
svolgimento il Meeting di Rimini dedicato a “Il sentimento delle cose,
la contemplazione della bellezza”.
Che cosa sta studiando e
pensando, don Giussani?
«Mi sto rendendo conto ogni giorno più vivamente che l’Essere è
Mistero, mistero esistente. L’essere esistente! La situazione tragica
dell’uomo è che non lo riconosce».
Ci accorgiamo di esistere.
Ed è già tanto.
«Se l’essere è Mistero non può essere riconosciuto se non è amato.
Amato! L’amore che cos’è? Distaccarsi completamente da sé per entrare
in un tu. Così esci da te stesso e ti lasci afferrare in un vortice da
cui si incomincia a capire l’Essere. L’Essere–Mistero non potrebbe
essere individuabile, non lo si potrebbe sorprendere e aderirvi se non
si svelasse come Carità».
Mistero, come del resto la
parola amore, sono diventate parole che si trovano sui giornali dei
parrucchieri: poltiglie senza sapore ormai.
«Lo so bene. Ma resta un istinto non ancora distrutto nelle persone
per cui le parole riprendono spessore. Occorre per comunicare quello
che ho detto un atteggiamento dell’animo che sorprenda tutti, la cui
responsabilità riconduca di nuovo al vero punto dove tutto inizia».
Insomma, se ho letto bene
nei suoi libri, l’esperienza: senza esperienza non si conosce e non si
comunica.
«E l’esperienza è esperienza dell’amore o non è. Del resto, l’Essere è
Carità. Il Mistero che ci fa esistere, che ci circonda, che suscita le
nostre domande e i nostri desideri, e che si propone da ogni parte, è
Carità. Dio si sopporta per questo…».
Molti peraltro non lo
sopportano.
«Non intendevo questo. Volevo proprio dire che Dio sopporta se stesso
perché è Carità. Per questo l’Essere accetta se stesso, perché è
Carità. Non porta dentro di sé la morte e la contesa: è Carità con se
stesso e fuori di sé, verso tutto e tutti. Essendo Amore si accetta e
si propone».
Mi permetta: questo è
incredibile. Tutto il mondo è in fiamme. Lei lo sa, ha in mano il
giornale, e dice: il Mistero ci circonda ed è Carità, che è poi il
nome della Bibbia all’Amore (o mi sbaglio?).
«Proprio così. E
questo Mistero agli uomini tocca riconoscerlo e
imitarlo. Questo è il punto drammatico del nostro tempo. Ed è quello
che i talebani - i fondamentalisti islamici - non capiranno mai:
l’identificazione tra la percezione dell’Essere e l’Amore. Questa è la
diversità, ed è la grande partita che può decidere in un modo o
nell’altro dell’avvenire. Mi commuovo sapendo che in Kazakistan, a
pochi chilometri dalla guerra in Afghanistan ci sono presenze
cristiane di miei amici che riconoscono questo Mistero-Carità. C’è
attesa di questo più tra i poveri, a qualsiasi confessione aderiscano
per tradizione o per scelta, che tra coloro che si sentono di aver
compreso e misurato definitivamente il Mistero, siano cattolici o no».
Lei è duro con i capi della
cristianità.
«Il Papa è commovente nella netta percezione della tragedia odierna e
nell’animo trepidante e indomito con cui indica il compito. Mi
colpisce l’assoluta purità della sua presenza nel mondo. Basti averlo
visto a Toronto, o in Messico, dinanzi alla Madonna di Guadalupe. La
mia gioia è stata potergli comunicare, il giorno stesso della festa
mondiale della gioventù che 108 giovani di 22 nazioni si erano quel
giorno promessi a Cristo nella verginità tra i Memores Domini
(associazione di diritto pontificio nata da Cl e presieduta da don
Giussani, ndr). Ma chi lo ascolta? Non l’ascoltano… Persino tra i
vescovi e i preti. Gli stessi capi comunità non capiscono bene queste
cose, nel senso di spezzare il loro conformismo così da aprire varchi
verso il futuro: non attendono la pienezza. Non c’è attesa. Questo
vale in Cl e fuori, nella Chiesa e fuori. La questione è semplice: ciò
che c’è, il mistero che c’è, la realtà dell’Essere, si accetta solo in
forza di un’esperienza in cui uno è diventato oggetto di Dio. Sei
coinvolto in un vortice che accade ora, e che ha una storia, ma la
storia riprende sempre hic et nunc, altrimenti non è storia, e
non c’è storia. E da questo nasce una civiltà. Altrimenti si è
spazzati via».
Invece questo hic et
nunc, il qui ed ora, non è avvertito?
«Si tramanda un discorso corretto e pulito, alcune regole su come
essere cristiani e uomini. Ma senza amore, senza il riconoscimento del
Mistero vivificante, il singolo si spegne e muore. La nostra speranza,
la salvezza di Cristo non può essere qualcosa che abbiamo letto e
sappiamo ripetere bene. Un discorso più o meno edificante o
moralistico, ecco, a questo viene ridotto spesso l’annuncio.
Bisognerebbe ribollire… Invece il mondo lo si lascia naufragare senza
pastore… Non si comprende questo: ciò che risulta utile davvero è
quanto investe il popolo e per cui il popolo è esaltato. Cioè l’unità
come visibile segno di questo Mistero-Carità. Questo Mistero ha
investito ed investe hic et nunc (qui, ora!) un popolo che
talvolta non ha neanche più i suoi capi che se ne accorgono…
Altrimenti essi accorrerebbero irruenti a mostrare e dimostrare la
salvezza di Cristo».
Non è solo dunque
incapacità di comunicare?
«Non c’è più la fede che diventa principio interpretativo delle cose.
E anche fuori dalla comunità cristiana, non si percepisce più
l’essenza del cammino religioso umano. Siamo all’assurdo che è
autorizzato a parlare di Israele solo chi dia per scontato che questo
popolo che resta eletto non possa più radunarsi con i cristiani. Ma è
il popolo dell’attesa… Gli ebrei più avvertiti lo sanno: mi è giunto
un messaggio dal rabbino di New York che definisce Comunione e
liberazione “il resto d’Israele”. Io credo che, se non ci sarà prima
la fine del mondo, cristiani ed ebrei possano essere una sola cosa nel
giro di 60-70 anni».
Questa è una cosa inaudita.
«Proprio questo è il problema: è come se non si aspettasse più nulla.
E qui intravedo il compito dei cristiani. Bisogna che percepiscano
questo Mistero-Carità. Vorrei fossero consolati e animati dalla
partecipazione della presenza del Papa nella storia di oggi:
bisognerebbe semplicemente obbedire e ribollire, essere travolti da un
vortice, invece… Non si è ancora comunicata l’esaltazione del singolo,
la vittoria del Mistero, la gloria di Cristo di fronte a quello che
accade. Ma questo avviene se c’è questa esperienza. Per questo voglio
ricondurre tutti a questo riconoscimento: l’Essere è Mistero. Come si
fa ad affermarlo? Poiché si riconosce che c’è! C’è! Il Mistero c’è.
Come si fa a dire così? Si può imitare il Mistero, ecco. Imitare
l’Amore nel governo di Sé, nella Sua dedizione. Trovare il modo di
dirlo, far sì che queste cose per noi siano lo sconvolgimento e la
pace del nostro io. Il punto in cui il Mistero si ricompone è la voce
del bambino, il rapporto con la mamma, il rapporto con il Mistero che
ci si comunica».
Dice una cosa sola…
«Torno sempre lì, e a te pare che ripeta sempre la stessa cosa: ma è
la realtà, è tutto. È drammatica la situazione dell’uomo di fronte
all’Essere. Si accetta solo ciò di cui si è fatta esperienza. Ma se
non è vissuta come esperienza d’amore si finisce per ancorarsi ad una
visione tragica, a comunicare la croce senza che questo sia
vivificante. Si finisce per comunicare Cristo e ciò che da lui deriva
con un discorso pulito, ma non santificante, perché senza un amore,
senza essere presi da quel vortice che è il Mistero-Carità si è alla
fine sterili. Senza Cristo non c’è nulla di sicuro, saremmo
nell’insicurezza assoluta. Invece con Lui il singolo è esaltato. Per
questo voglio ricondurre tutto a questo: l’Essere è Mistero. Il
Mistero c’è. Da parte nostra si può solo imitare il Mistero. Parlo
dell’Essere come affermazione di una positività, della positività
della vita: è carità».
Diceva il catechismo di
fare le opere della carità.
«Ma uno non si salva da solo, per i propositi che fa, perché è un
Altro che salva lui e il mondo attraverso una cosa nuova fatta nascere
nella storia. L’Essere! Tutto fuoriesce dal flusso dell’Essere!».
Ci si dimentica però, ci si
appoggia alla morale, e si tradisce pure quella.
«Senza Cristo uno si sente disperso in se stesso, inedito, incapace di
focalizzare la realtà, incapace anche solo di scorgere con nitore
qualsiasi bellezza durevole. La capacità degli uomini di ingannarsi e
di farsi ingannare è grande. E’ la fallacia dell’apparenza. E i
cristiani spesso vi si crogiolano, essi si illudono di essere buoni
perché hanno capito una volta e fanno riferimento come se si
salvassero con il discorso e la coerenza. Preferisco molti che
cristiani non sono, perché sono consapevoli del male e della loro
incapacità di seguire il bene che pure presentono. Per questo
prediligo certi temperamenti che si agitano nel mondo e aspettano una
pace che non viene, piuttosto che quei cattolici che si costruiscono
un sistema per riposare nella loro supposta fede e supposta carità. In
loro Cristo viene mummificato, ed in più credono di conoscerlo».
E intanto il mondo è in
fiamme.
«Una di queste mattine, guardando i giornali, pensavo a Bush di fronte
a quei suoi ragazzi mandati in Afghanistan. Chissà come si sarà
sentito alla notizia che ogni tanto gli giunge di caduti. Avrà pensato
forse: “È colpa mia se sono morti, sono io che guido l’esercito. Ma
devo agire così contro i talebani per salvare la nazione”. Vorrei
dirgli: non la salvi tu la nazione. La salva Colui, quella Realtà,
quell’Essere, quel livello dell’Essere a cui tu, Bush, dici: ti
riconosco e faccio quello che posso per salvare la nazione, così che
questo Mistero-Carità possa essere riconosciuto. Questa è la
differenza tra Bush, in quanto riconosce la sua appartenenza a una
storia cristiana, e i talebani».
Don Gius, ha ottant’anni a
ottobre, la salute non sempre l’ha sostenuta. Dev’essere una roba
grossa quel mistero se dà il sorriso ai vecchi nella dissipazione del
Cristianesimo.
«Dico quel che vedo, sono entusiasta di quel che sono. Dio ha fatto
l’uomo, Cristo ha fatto l’uomo e la Chiesa come sviluppo di questo.
Allora c’è da vivere come Cristo e da vivere la gioia pasquale.
Dobbiamo ringraziare lo Spirito per quello che ci ha fatto conoscere:
Cristo e la Sua storia, e per averci chiamato a vivere tutti gli
aspetti della storia come parte della Sua storia».
Ma è difficile tutto
questo…
«C’è un modo di far diventare semplici queste cose: dire quello che si
vede. Dio fatto uomo, Cristo, e la Chiesa sviluppo di questo. C’è un
istinto che non è ancora distrutto negli uomini, c’è ancora la
ragione, essa permette di non ritenere il male come ineluttabile, come
se la storia fosse per forza destinata a veder prevalere la visione
dei talebani o dei fondamentalisti. Non sono inesorabili le loro
vittorie, perché con la ragione si può individuare che quel che
affermano non è il Mistero, e non corrisponde all’attesa dell’uomo.
C’è ancora questo istinto e non è stato distrutto. L’essere come
caritas! Se ne hai fatto esperienza anche per un istante, da quel
momento non puoi più trascurare questo punto di vista. Purché ci sia
chi te lo rammenta con la sua compagnia».
Quale metodo pubblico per
una ripresa della presa cristiana sulle cose? Ora c’è il Meeting, ad
esempio…
«La preoccupazione più grande per noi dev’essere questa: che con
semplicità di parole l’esperienza del Mistero torni tra la folla, tra
la gente-gente. Essere nel groviglio umano l’unico punto di
intelligenza. Essere lì come chi dica a ciascuno, qualunque cosa stia
facendo o dicendo o scrivendo: “Tu cosa c’entri con questo?”. Occorre
uno slancio generativo in cui convogliare amici e nemici, chiamarli ad
incontri, persino riunioni dove però al centro non ci sia l’incontro o
la riunione, ma l’uomo, armati di una consapevolezza di che cosa
grande e unica sia il Mistero. Dio come Mistero di carità, è l’unica
lettera che vorrei scrivere, a quelli di Cl, a tutti».
Qual è il sintomo della
mancanza dell’esperienza cristiana?
«La fede non opera più il salto culturale, non dice niente al sangue
che bolle. Siamo gli unici - noi cristiani - che possiamo investire
culturalmente nella folla, non parlo delle élites, ma proprio nella
folla spersa, quella che accende la televisione, quella che va a
scuola e trova professoresse cui non importa niente degli allievi.
Qualcosa deve riaccadere, altrimenti… Nei dodici anni di seminario non
si parlava che di questo, la fede che investe tutto: Carducci,
Leopardi e Pascoli. Se uno ha fatto anche solo un poco esperienza del
mistero di Cristo, la crescita personale sarà un processo nella
carità, per cui non può non entusiasmarsi di Leopardi, di Dante, di
Pascoli, di qualsiasi espressione dove ci sia l’uomo: perché non si
può adorare una presenza - Dio! - senza che si soffra per un’assenza,
che tu vuoi colmare, hai la febbre per questo».
(Mi rivela che passa buona
parte del tempo a “leggere il breviario”). Che cosa ritrova nel
breviario di questi tempi?
«C’è un’esaltazione della Madonna, è la carnalità del cristianesimo.
Essa esprime pienamente la pedagogia di Cristo nel rivelarsi. Si
oppone anche oggi alla negazione di tutto, a quel nichilismo che
caratterizza il mondo post-liberale, così indifeso dinanzi
all’avanzata islamica. La Madonna è il Mistero».
Mistero, usa proprio tanto
questa parola ed essa oggi è tradotta in immagini tenebrose e
vagamente esoteriche.
«Il Mistero non è la tenebra, ma ciò che ci è dato sperimentare
dell’Essere. La Madonna toglie qualsiasi equivoco, nella sua
semplicità e carnalità. Come fa il Mistero a rivelarsi come Mistero?
La Madonna! Ella è il punto culminante della dialettica religiosa e
filosofica. Se il Destino considera se stesso come Mistero, l’aspetto
umano che ci fa dire che è misterioso diventa coscienza della Madonna.
Perché il primo rilievo possibile all’uomo nel mistero, il primo
rilievo fisico e spirituale del fatto del Mistero è la Madonna. La
caratteristica del Mistero è che è comprensibile tra i poveri
ignoranti. Così l’opera dello Spirito, Creatore dell’universo, è la
Madonna. Non lo dico per devozionalismo, ma perché è oggettivamente
così. Lo Spirito si rende sperimentabile come Carità nella Madonna.
Vorrei fare un articolo sulla Madonna, qualunque cosa che Ella tocca
diventa umana e insieme la colloca nel Mistero. Che la Madonna sia il
primo segno di questa Presenza di Dio dà scandalo. Ma soltanto chi
capisce questo può interessarsi davvero del divino. Scoprire come
nella Beata Vergine si sia incarnato Dio, fa sì che tutto diventi
parte di questa scoperta: la prima pagina del giornale, il numero dei
capelli di chi ami».
Le persone che passano per
più intelligenti, proprio qui trovano uno scoglio e non capiscono.
Dicono: residuo pagano. In buona fede non accettano.
«Invece lo capiscono le loro madri! Ma loro si rifiutano di accettare
la pienezza di quel che scrisse Dante, “Vergine madre, figlia del tuo
figlio”. C’è la libertà, capisci? E questo mi fa scoppiare di
contentezza. Non mi spaventa il mio limite, è la dimostrazione più
fantastica dell’esistenza di Dio, che si palesa in negativo, come mia
mancanza».
Cosa c’entra il
Mistero-Carità con la crudeltà della Natura? Per molti è obiezione
drammatica e getta un’ombra su Dio…
«Quando tua madre ti ha preso in braccio, ha detto il tuo nome, lì si
palesa il Mistero. Come puoi essere tu a dargli la misura, a
giudicarlo? Era la scelta che si pose per Abramo dinanzi a Isacco.
Dentro il Mistero anche l’acciuga mangiata dal tonno trova la sua
redenzione. Chi ha sperimentato l’abbraccio di Cristo lo sa. Chi no,
non chiuda la porta, chieda che Dio riveli il suo volto».
È ora di andare. Mi
guarda e mi dice: «A voi giornalisti chiedo la consapevolezza di
essere alla radice della conversione del mondo. Provate ad essere i
portentosi provocatori della vita comune degli uomini». Ha tra le mani
un’immagine di Raffaello, vi si raffigura un san Paolo pensoso: «Se
non si entra al livello di Raffaello, se non si scorgono i volti come
Raffaello, non c’è esperienza del Mistero. Ringraziamo lo Spirito,
cioè la Sorgente dell’essere per ciò che ci ha fatto conoscere, cioè
Cristo e la sua storia, e di vivere gli aspetti anche minuti della
nostra storia come parte della Storia». Fischietta “La donna è
mobile”. Fuori c’è un bellissimo sole, le chiome dei tigli sono tese
dal vento, “il sentimento delle cose, la contemplazione della
bellezza”, non è vero?
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