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di Michele
Scozzarra
Sabato
18 maggio, stroncato prematuramente da un male incurabile,
è morto in un Ospedale di Verona, don Agostino Giovinazzo,
Parroco di Galatro sin dall’ottobre del 1974.
Un
lungo rintocco di campane, nella mattinata, ha annunciato ai
galatresi che le loro preghiere non erano state esaudite, il
Signore aveva chiamato a sé don Agostino, nonostante lui
desiderasse di tornare tra la sua gente, così come ha
manifestato nelle sue due ultime lettere inviate ai
cittadini ed ai parrocchiani: “Spero, con l’aiuto di
Dio, di tornare tra di voi sano e pronto a riprendere il
lavoro interrotto; se poi ha deciso diversamente, sono
sempre pronto a fare la sua volontà... Quando tornerò, vi
ringrazierò, uno per uno, con tutto l’affetto possibile,
che non potrà mai essere uguale al sostegno fisico e morale
che mi avete dato. Se torno guarito, la maggior parte del
merito l’avete voi che mi avete sostenuto con le vostre
preghiere e poi con affetto e stima: sono stati una
meravigliosa sorpresa, non sapevo di avere tanti amici così
sinceri e vi chiedo perciò scusa e non me ne sono accorto
prima.”
Chi scrive, in questo momento, fatica non poco, tra emozione
e dispiacere, ad andare avanti nello scrivere, per il timore
di non riuscire a comunicare le cose che vorrebbe, di non
essere all’altezza di tessere il vestito più bello: non
l’elogio funebre all’amico sacerdote scomparso
repentinamente, non la cronaca del dolore di una intera
comunità, ma la grande
riconoscenza ed il profondo affetto verso l’amico perduto.
In un momento come questo, conoscendo bene don Agostino, il
silenzio sarebbe stata la sola scelta naturale,
per il suo sacro pudore a comunicare i sentimenti più
intimi, teneri e dolorosi, ed anche se, ai nostri occhi, la
sua morte può apparire prematura ed ingiusta, questo dolore
ha reso evidente il legame
profondo, vissuto dai galatresi con il loro Parroco, quando
ancora era in mezzo a loro.
Dal Calvario della sua malattia don Agostino ha avuto modo
di dire ai suoi parrocchiani: “il Signore mi ha dato una
Croce pesantissima, ma col vostro sostegno e conforto l’ho
portata e spero di portarla ancora, se è necessario per
completare nella nostra carne quello che manca alla Passione
di Gesù”; ma ha, soprattutto
avuto parole di affetto ed attenzione per tutti nella
lettera inviata la notte di Pasqua: “Carissimi amici ed
amiche, dopo 28 anni, purtroppo, non sono con voi a
celebrare le gioie della Pasqua. Se il corpo però mi tiene
lontano, i miei occhi vi vedono tutti indistintamente. Vedo
il coro delle ragazze che tremano ansiose per l’esito dei
canti, vedo il gruppo dei Lettori guidati da suor Tommasina,
vedo in prima fila le persone che vogliono seguire con
maggiore attenzione la funzione liturgica, vedo la Cappella
del SS.mo artisticamente addobbata dalla nostra Maestra
fioriera, vedo anche i giovani in fondo alla Chiesa che
parlano e scherzano con il braciere: siete tutti davanti a
me, non mi sfugge nessuno dagli occhi, vi vedo a uno a uno:
siete la famiglia di Dio, e se permettete anche la mia
famiglia, riunita per la festa e, come in ogni casa, ci sono
i figlioli buoni e quelli più discoli... Ringrazio di tutto
cuore e con tutto l’affetto possibile il buon don Cosimo
che egregiamente mi ha sostituito: la fraternità
sacerdotale si dimostra nelle necessità e nel bisogno e lui
è stato così bravo che non ha esitato a prendersi cura
delle vostre anime... Spero solo che non lo abbiate
assillato: aspettate me per assillarmi”. Anche le parole
rivolte al Sindaco, testimoniano una grande sensibilità e
una riconoscenza particolare anche verso il Vescovo della
Diocesi, Mons. Luciano Bux: “Egregio Signor Sindaco
Giovanni Papa, La ringrazio vivamente per avere presenziato
il Giovedì Santo le funzioni parrocchiali insieme alla
comunità ed al Vescovo... una giornata che per la storia di
Galatro deve essere annoverata tra le più belle ed
importanti: mai, a memoria d’uomo, si è visto un Vescovo
che, in uno dei giorni più solenni della liturgia
cattolica, abbia lasciato la Diocesi per recarsi in una
parrocchia a sostituire il parroco malato. Avrebbe potuto
benissimo mandare un sostituto; invece, con un gesto di
nobiltà d’animo verso di me e verso Galatro è stato lui
stesso a celebrare la liturgia del Giovedì Santo. E Galatro
ne deve essere orgogliosa, ricordandolo con gratitudine”.
Don Agostino Giovinazzo, originario di Cittanova dove era
nato nel 1945, era stato ordinato sacerdote l’8 dicembre
del 1971 da Mons. De Chiara, vescovo di Mileto, ed era
arrivato a Galatro nell’ottobre del 1974, a sostituire il
compianto don Rocco Distilo. Oltre ad essere il Parroco di
Galatro, da molti anni era docente all’Istituto Superiore
di Teologia di Palmi, nonché collaboratore della
Cancelleria Vescovile della Diocesi di Oppido-Palmi, dove
tutti lo ricordano per le sue grandi doti intellettuali ed
umane.
Nel giorno del suo venticinquesimo anniversario di
sacerdozio, durante la cerimonia in suo onore, aveva
espresso, con semplicità ed umiltà,
il profondo attaccamento al popolo di Galatro che gli
era stato affidato, e oggi
quelle parole, unite alle due lettere inviate durante
la sua malattia,
rappresentano il suo testamento spirituale: “Un
pensiero a Mons. De Chiara che mi ha elevato alla dignità
sacerdotale... una cara persona che per me ha avuto
atteggiamenti paterni...
la domanda più ricorrente di questi giorni è: sono
stato all’altezza del compito affidatomi? Ho fatto quanto
era in mio dovere fare? Potevo fare meglio e invece non
l’ho fatto? Spero che i miei superiori ed il popolo di
Galatro, dove ho vissuto la maggior parte dei miei anni,
siano benevoli nel giudizio... Ognuno di noi avrà motivo,
dentro di sé, per dire grazie a Dio ed io ho un motivo in
più per dire grazie anche a voi tutti che questa sera mi
onorate in tal modo: Vi dico di tutto cuore grazie e vi
chiedo perdono dei miei errori. Pregate il Signore per
me”.
L’Amministrazione comunale di Galatro, interprete dei
sentimenti del popolo di Galatro verso il loro sacerdote, ha
proclamato una giornata di lutto cittadino nel giorno dei
funerali, mentre i parrocchiani hanno voluto ricordare don
Agostino con una veglia di preghiera.
Certamente, in vita don Agostino non avrebbe amato sentir
parlare tanto di sé e, come al solito, mi avrebbe detto:
“Lascia perdere...”. Ma, sono sicuro che, in questo
momento, non gli spiacerà, perché questo servirà a far
riconoscere come buono e vero, ciò che Dio chiede a
ciascuno, anche quando si tratta del sacrificio di sé:
anche se il dolore continua. Continua prima di tutto nella
preghiera: per lui e per le persone che ha incontrato nel
corso del suo ministero sacerdotale. Continua nel doloroso
umile riconoscimento della nostra nullità, della nostra
fragilità e nel nostro doverci riconoscere solo nel disegno
tracciato su di noi dal Padre; e questo tanto più, quanto,
ai nostri occhi, quel disegno sembra superarci ed essere
duro da accettare.
Ma solo accettando questo misterioso disegno, si può
continuare a ricordare ed abbracciare l’amico sacerdote
che non si potrà dimenticare mai.
Ciao don Agusto... grazie di tutto.
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