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di
Don Gildo Albanese
Dopo le belle
parole di don Agostino inviatevi per la Pasqua ed or ora
rilette, ogni altra riflessione sembra superflua.
Il mio non vuole essere un elogio funebre ma la
testimonianza di una fraternità sacerdotale nata posso dire
sull’altare.
Voglio prima di tutto ricordare con venerazione la sua
famiglia, la sua dolcissima mamma che ogni giorno lo portava
con lei a Messa e il suo papà, un signore nei portamenti e
nei rapporti umani.
Eravamo tre fanciulli, Michele Luccicano, io e don Agostino,
i primi tre ministranti della nuova Parrocchia di Maria SS.
del Rosario in Cittanova e tutti e tre siamo divenuti, per
grazia di Dio, sacerdoti.
Così è nata la nostra amicizia che è durata fino ad oggi
ed andrà oltre la morte.
Il Seminario è stato il santuario dove ci siamo formati
nella preghiera, nello studio e nella disciplina.
Nel pieno della sua adolescenza un avvenimento tristissimo
lo segnò per tutta la vita, la morte della sua mamma. Un
evento che forse lo fece chiudere in se stesso, facendolo
apparire come uomo di poche relazioni umane, ma non era così
nel suo cuore; ciò che non appariva lo serbava nel suo
cuore!
Il vero don Agostino lo abbiamo conosciuto adesso nel corso
della sua malattia, un uomo che ha saputo amare veramente
con tutto il suo cuore tutti.
Terminati gli studi teologici ha chiesto al vescovo di
ripensare ancora per un po’ alla sua vocazione, per essere
sicuro della chiamata e così ha rinviato di oltre un anno
l’ordinazione sacerdotale.
Alla morte di don Rocco Distilo mi son trovato a reggere per
oltre un anno anche la Parrocchia di San Nicola in Galatro
perché nell’intenzione del Vescovo si voleva arrivare a
una comunione tra le due parrocchie per superare gli
ancestrali campanilismi che, purtroppo, in qualche modo,
perdurano ancora. I tempi però non erano maturi. Mi chiama
il vescovo e mi propone don Agostino come parroco di San
Nicola proprio
perché tra me e lui c’era piena sintonia e vera amicizia.
Sono stato contentissimo di questa proposta. Posso
affermare, e voi ne siete testimoni, che nei nove anni di
lavoro pastorale insieme a Galatro vi abbiamo dato vera
testimonianza di fraternità sacerdotale, abbiamo lavorato
insieme con l’unico intento di far crescere nella
comunione le due comunità. Non c’è stato mai uno
screzio, ma insieme abbiamo sofferto quando il forte
campanilismo ci impediva di portare avanti il nostro
programma pastorale.
Più tardi, quando, andato via da Galatro, ero Direttore
dell’Istituto di Scienze Religiose, ho chiesto al Vescovo
di nominare don Agostino docente di S. Scrittura, sapendo la
sua profonda cultura e competenza nelle Scritture. Gli
telefonai una sera dicendogli:”Il vescovo ti chiama come
docente di S. Scrittura all’Istituto”. Ho scoperto la
sua profonda umiltà e spirito di ubbidienza. “Proprio
me? io sono l’ultimo dei preti della Diocesi”,
e: “ma
se il vescovo mi chiama, io ubbidisco subito”.
Si è messo subito a studiare e vi posso testimoniare
l’ottima qualità del suo insegnamento.
Nell’insegnamento si è rivelato un don Agostino cordiale,
desideroso di comunicare, di fare e creare amicizia; viveva
con tale entusiasmo tale esperienza che non si limitava a
venire solo per le ore di lezione ma spesso fuori orario era
presente per incontrare gli alunni e numerosi lo venivano a
trovare a Galatro.
L’anno scorso il Vescovo me lo propone come collaboratore
in Cancelleria. Gli telefono e ancora una volta mi sorprende
per la sua docile ubbidienza e per l’umiltà:
“Io non so fare niente, ma al vescovo debbo ubbidire e
imparerò”.
Abbiamo passato un anno insieme in serenità e cordialità
sacerdotale sempre disponibile a fare quello di cui c’era
bisogno in Cancelleria. Ma la sua semplicità si è
manifestata un giorno quando il vescovo, che è solito
mettere nella sala
d’attesa del suo studio un vassoio di caramelle, mette le
caramelle che piacevano a don Agostino. Mi dice: “Sai il
vescovo mi vuole bene, mi disse che ha fatto comprare le
caramelle che mi piacciono”.
Questo era don Agostino! Ho voluto con semplicità dirvi
queste cose perché adesso che è in Paradiso voi lo amiate
di più e sappiate conservare nel vostro cuore l’esempio
di sacerdote che vi ha dato in 28 anni di parroco.
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