F A M I G L I A |
Parto «in prestito» |
MINA Se la mamma ci dice di no, corriamo dal papà a scongiurarlo di consentirci di fare quella cosa alla quale teniamo tanto. E quando il papà ci dice di sì e noi siamo felici del risultato che abbiamo faticosamente ottenuto, interviene un terzo Ente che ce lo proibisce di nuovo. E poi un quarto? E un quinto? E allora uno dove va a sbattere la testa? Diteci qualcosa di chiaro, di perentorio, magari crudele, ma definitivo ed inappellabile. Ho conosciuto donne che si sono fatte squartare nel tentativo di avere un figlio, donne pronte ad accettare qualsiasi tipo di sofferenza fisica. Ma la sofferenza psicologica, il disagio sentimentale provocati dallo sballottamento legale, ministeriale, televisivo e giornalistico potrebbero essere troppo. E quel bambino potrebbe non farcela. Bisogna essere femmina per avvicinarsi umilmente al tentativo di comprensione di questa faccenda. Non si può spiegare. Il formidabile motore che abbiamo dentro se siamo madri, e spesso lo siamo anche se non abbiamo avuto figli, non lo fermi neppure con il panzer della politica, della legge, della demagogia o del Cupolone. «Maria», se non potrà farlo qui, andrà all'estero a compiere il suo destino, quello per cui è nata. Andrà in America, in Inghilterra o dovunque le leggi del Paese, contrariamente alle nostre, consentano la realizzazione del suo sogno. L'ostinatezza di questa intenzione si è trovata ad essere perquisita da chiunque. Sentenze ed opinioni a computare quella dinamica materna che, però, resiste all'urto di ogni evidenza. In quel cerchio strettissimo che è l'amore tra madre e figlio è entrato come un bulldozer il caravanserraglio massmediatico con tutta la sua pretesa sentenziatrice. So molto bene che in tema di maternità ogni soluzione «innaturale» evoca i fantasmi della costruzione in laboratorio dell'essere umano. E non mi lascio soggiogare dalla semplicioneria di chi non vede pericoli in questa invasione di camici bianchi, di provette e di guanti sterili che realizzano e manipolano embrioni. Se la scelta verrà finalmente lasciata solo a chi ben
comprende che la generazione non ha a che fare né con un
cedevole sentimento da romanzetto rosa, né con
esperimenti da piccolo chimico, rimarrà solo quello
stretto rapporto circolare che c'è tra l'amore e la
vita. Insomma, si tratta semplicemente di amore.
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La Stampa, Sabato 4 Marzo 2000