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Angela Pellicciari
LA LEGGE
RATTAZZI, LE BASTONATE ALL’ONOREVOLE DON MARGOTTI E LE ELEZIONI ANNULLATE
PER INFLUENZA DEL CLERO
Déjà vu
L'affaire Buttiglione l'abbiamo già vissuto. In Italia. Anzi, nel cattolico
e liberale Piemonte. Era il 1857 e nel Regno di Sardegna erano state indette
le prime elezioni da quando, nel 1854-55, il governo del connubio
Cavour-Rattazzi aveva sferrato un attacco frontale alla chiesa ed alla
popolazione, tutta cattolica. A quell'epoca Cavour, che aveva bisogno
dell'appoggio delle potenze liberali (protestanti e massoniche) per
unificare l'Italia sotto i Savoia, per compiacere gli alleati non aveva
esitato ad affrontare una durissima battaglia parlamentare mettendo a
repentaglio la stessa poltrona di primo ministro.
La battaglia era stata vinta e l'opinione pubblica aveva assistito ad uno
spettacolo strabiliante: il Piemonte, che dipingeva sé stesso come unico
stato "morale" della penisola perché costituzionale e liberale, aveva tolto
la libertà ad alcuni fra i più prestigiosi ordini religiosi della chiesa
cattolica che il primo articolo dello Statuto definiva "unica religione di
stato".
Il 29 maggio del 1855 il parlamento subalpino aveva sottratto la personalità
giuridica agli ordini religiosi contemplativi e mendicanti. Cavour aveva
difeso il provvedimento argomentando che monache di clausura, domenicani e
francescani, un tempo benemeriti, erano diventati dannosi perché contrari al
progresso economico, scientifico, scolastico, artistico e perfino religioso.
Rattazzi, dal canto suo, ritenendo ovvia l'equazione inutile-dannoso, non
riusciva a capire quali impedimenti potessero contrastare la soppressione di
comunità che santificavano l'accattonaggio.
Monaci, frati e monache, cacciati dai propri conventi in nome del progresso
e della libertà, furono privati di tutto quello che avevano per vivere.
Privati anche di tutte le biblioteche, degli archivi, degli oggetti di culto
e artistici di enorme valore: il patrimonio accumulato nei secoli dall'
Italia cattolica che, quando non semplicemente distrutto, andò ad arricchire
e ad abbellire le case dell'élite liberale.
Le prime elezioni politiche dopo la legge anticattolica del 1855 furono
indette nel Regno di Sardegna dal 15 al 18 novembre del 1857: erano chiamati
a votare 107.324 elettori, pari al 2,40% della popolazione. Cavour dava per
scontato un parziale arretramento del consenso, ma non immaginava la serietà
della sconfitta politica: "Le parti clerical a agi avec un ensemble et une
intelligence étonnante [...] je ne croyais pas que ses adeptes eussent à
dépasser la chiffre de 30. Au contraire il y en aura près de 60 », scriveva
ad Emanuele D'Azeglio. Di fatto i cattolici erano raddoppiati passando dal
20,4% al 40,2%. Non basta. Fra i cattolici eletti c'erano alcuni preti noti,
coraggiosi, stimati, che non avrebbero tanto facilmente permesso a Cavour di
continuare a praticare quella che è stata definita una "dittatura
parlamentare". Per organizzare l'annessione al Piemonte dei regni italiani
il conte aveva bisogno delle mani completamente libere, non di un'
opposizione parlamentare degna di questo nome. Il pericolo era serio ed
andava scongiurato. Le scomode elezioni andavano annullate.
E' quanto Cavour fece ricorrendo ad un'allegra e spensierata motivazione: il
clero aveva abusato del diritto di parola. Detto altrimenti, il clero aveva
abusato delle armi spirituali: "Si denunzia l'uso dei mezzi spirituali nella
lotta elettorale; io desidero che di queste accuse il clero intero sia
purgato", così alla Camera il 30 dicembre 1857.
Uno dei preti eletti nelle elezioni fatte per finta si chiamava Giacomo
Margotti. Un uomo che il partito liberale aveva provato a togliere di mezzo
con una bastonata in testa. E' dalla penna di Margotti, nel 1861, che viene
lanciato il motto né eletti è elettori, ripreso da Pio IX nel non expedit.
Il papa ed i cattolici prendevano atto che, per loro, nel liberale Regno d'
Italia non c'era programmaticamente posto. Tanto valeva non offrire alibi di
legittimità costituzionale al sopruso e alla menzogna.
Déjà vu. Il cattolico Buttiglione pensa che l'omosessualità sia peccato? Il
cattolico Buttiglione non deve far parte del governo della "democratica"
Europa. I cattolici possono essere accettati solo se non parlano. Solo se
muti. Solo se non mettono in discussione l'ordine nuovo che sta prendendo
corpo nell'Europa del futuro senza passato. Risorgimento-unità europea: i
punti di contatto rischiano di essere più d' uno. Allora l'élite liberale,
disprezzando l'identità della popolazione italiana, cattolica, ha provato a
calare sugli italiani una nuova identità, modellata su quella dei paesi
protestanti e massonici: "l'Italia è fatta, dobbiamo fare gli italiani". Un
progetto violento e dissennato che privava gli italiani dell'orgoglio
sacrosanto di essere tali e li rendeva succubi esecutori di volontà di
potere decise altrove.
Ora l'élite radical socialista, certa di incanrnare la verità, certa,
quindi, che non ci sia bisogno di nessun altro allinfuori di sé, toglie il
diritto di parola non ai soli cattolici ma a tutti i cristiani: è la Bibbia
che deve tacere. Oggi c'è un nuovo credo e un nuovo dogma: non c'è limite
alla volontà di potenza del singolo uomo (o della singola copppia). Non c'è
limite al desiderio. E, per converso, c'è un limite strettissimo per la
sofferenza. Che non si deve vedere né accettare. Questo democratico dogma è
imposto con pugno di ferro. E comporta, in nome della non discriminazione,
una rigida discriminazione di tutti coloro che la pensano diversamente: i
cristiani per l'appunto.
E' dell'estate scorsa la decisione svedese di condannare ad un mese di
carcere il pastore protestante Ake Green reo di aver ricordato cosa dice la
Bibbia sull'omosessualità. Il reverendo si era espresso contro i "matrimoni"
fra omosessuali e per questo è incorso nella legge garantista che tutela
dallo "odio" e dalla "discriminazione" la minoranza omosessuale, privando la
maggioranza eterosessuale di qualsiasi tipo di garanzia, compreso
l'elementare diritto di parola.
Se numerose sono le analogie fra l'Ottocento italiano e l'Europa del terzo
millennio, c'è però una differenza che potrebbe esserci letale. Mentre
allora le potenze liberali che Cavour emulava andavano, superbe, alla
conquista del mondo, ora l'Occidente di cui facciamo parte sta sulla
difensiva. Mentre l'America ha un presidente che non perde occasione per
proclamarsi "salvato" da Cristo, l'Europa ha completamente apostatato le
proprie radici tornando pagana. Al punto che non riesce nemmeno a
pronunciare il nome che tanto odia. Un elemento accomuna da est ad ovest, da
nord a sud, le nazioni europee: i campanili delle chiese. Tutto, in Europa,
ha radici cristiane. Eppure nella costituzione che dovrebbe caratterizzarla
non si è nemmeno riusciti a ricordare il fatto che differenzia dalle altre
la nostra identità: l'essere frutto della cristianizzazione e romanizzazione
che la chiesa, attraverso i suoi ordini religiosi, ha operato nei confronti
dei barbari invasori.
Alle porte di casa c'è una civiltà diversa dalla nostra che preme per
imporsi. Una civiltà che conosce benissimo la propria identità e ne va
fiera. Fino all'assedio di Vienna del 1863 è il papato a promuovere ed
organizzare la difesa della civiltà cristiana. Il parlamento europeo - se
non punta alla semplice scomparsa dell'Europa e della sua tradizione- ha
evidentemente un asso nella manica da giocare. Un asso la cui identità non è
stata ancora svelata.
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