Europa:

La nuova
Costituzione
europea
 

Cerchiobottismo, debole parzialità

Europa, compromesso al ribasso
 

 

di Giuseppe Dalla Torre


Le radici cristiane nella Costituzione europea? Sì, era parso dire Ernesto Galli della Loggia, che in un commento sul "Corriere della sera" si è interrogato, e giustamente, sullo strano silenzio della «cultura laico-progressista italiana» a proposito delle omissioni della bozza di Giscard. No dice, viceversa, Massimo Cacciari che, intervenendo sullo stesso quotidiano, parlava di «appello ipocrita a Dio», ma per lamentare - e questa volta giustamente - l'analfabetismo totale sul cristianesimo nei nostri licei e nelle nostre università.

Sta di fatto che nell'ultimo compromesso, pur di non recuperare il reclamato riferimento al fattore cristiano dell'identità europea, si è preferito rinunciare ad espliciti riferimenti alla civiltà greca e romana, nonché all'illuminismo, espressi invece nella bozza di Costituzione. Rinuncia peraltro indolore, a differenza della prima, perché non offende nessuno. Infatti, la volontà di apparire equanimi, di dare cioè un colpo al cerchio ed uno alla botte, in realtà nasconde la parzialità, giacché uno solo dei colpi ferisce.

Dicono che la preoccupazione, alla fine, è stata quella di far salva la laicità. Ma quale laicità? Laicità non è certo, come insegnava Jemolo, nascondere ai giocatori qualche carta del mazzo. Fuor di metafora, laicità non significa celare questo o quel fatto, questo o quel fenomeno una volta accaduti. E quindi neppure la vicenda storica, incontrovertibile, che l'identità europea è stata forgiata dal cristianesimo. I greci, i romani non si sentivano europei. Prima della grande epopea medievale, l'Europa era davvero una mera espressione geografica. Perciò "non possiamo non dirci cristiani", dovrebbero coralmente ripetere gli europei, parafrasando una famosa espressione di Benedetto Croce.

Viceversa giova ricordare che, nonostante le diversità di tradizioni politiche e giuridiche, tra i diversi Stati europei c'è un principio che accomuna tutti: Stati formalmente ancora confessionisti come quelli protestanti del nord Europa, Stati laici come l'Italia, la Spagna o la Germania, Stati inclinanti a forme di laicismo come la Francia, con la sua rocciosa tradizione di laicité de combat. Si tratta del principio di distinzione dell'ordine politico, e quindi anche dell'ordine giuridico, rispetto all'ordine religioso e spirituale, e quindi della coscienza.

E' questa distinzione che fonda la laicità, la sana laicità. E' questa distinzione che, a ben vedere, fonda i diritti di libertà, a cominciare dalla libertà religiosa e di coscienza. Senza quella distinzione la stessa tematica dei diritti fondamentali, intesi quale ambito sottratto alla sovranità di Cesare, verrebbe ad essere fortemente indebolita.

Meriterà allora tener presente che l'origine storica di quel principio sta nel cristianesimo, con la nota distinzione fra Cesare e Dio sancita nella celebre pagina evangelica del tributo. Come dire che la laicità dello Stato nasce dal pensiero cristiano; è - stando alle parole di Paolo VI nella "Evangelii nuntiandi" - un frutto positivo di secolarizzazione (non di secolarismo), in quanto principio evangelico che, nella storia, si è incarnato al punto che ai più ne sfugge ormai la consapevolezza delle origini cristiane.

Ma se laicità è frutto del cristianesimo, è assai difficile poterla pensare fuori o a prescindere da esso. Tanto meno è possibile realizzarla senza di esso. Lo stanno bene a dimostrare i fondamentalismi che agitano, oggi, i nostri sonni. Lo hanno tragicamente dimostrato le grandi dittature, dal nazismo allo stalinismo, che proprio l'Europa ha generato quando ha obliato le sue origini; quando cioè ha permesso che Cesare potesse arrogarsi nuovamente ciò che è di Dio.
Possibile che la storia non debba mai essere maestra di vita?
 
 

Europa: «Cerchiobottismo, debole parzialità. Europa, compromesso al ribasso», Giuseppe Dalla Torre, Avvenire 15.6.2003

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