Europa: |
Pellicciari risponde a
Galli Della Loggia
La storica Angela
Pellicciari
replica all’intervento
radiofonico di Ernesto
Galli della
Loggia (e
pubblicata per intero su 'Il Foglio' di sabato 7 giugno) sul
totalitarismo e l’identità europea,
cita l'anticristianesimo
di Hitler e il disprezzo dell'altro proprio dei Lumi. |
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di
Angela Pellicciari “L’avvenimento sensazionale del mondo antico fu la mobilitazione della delinquenza contro l’ordine stabilito”: detto in due parole, “l’impresa del cristianesimo”. A pensarla così è Adolf Hitler (“Idee sul destino del mondo”, a cura di Martin Bormann). Il Führer è convinto che “Le nozioni rappresentate dal cristianesimo ebraico erano rigorosamente impensabili per dei cervelli romani” e che l’ordine e la pace mondiali siano state compromesse dal mondo ebraico”, promotore dell’innaturale “rivolta del debole contro il forte, della bestialità contro l’intelligenza, della quantità contro la qualità”. Hitler, ritenendo il cristianesimo responsabile del “peggiore dei regressi che l’umanità abbia mai potuto subire”, avanza una profezia: “La nostra epoca vedrà indubbiamente la fine della malattia cristiana […] Noi entriamo in una concezione del mondo che sarà un’era soleggiata, un’era di tolleranza”. Perché citare Hitler? Per suggerire un’analisi diversa da quella proposta da Ernesto Galli della Loggia su Il Foglio del 7 giugno. Parlando di identità europea e riferendosi allo sterminio degli ebrei, il professore ne mostra l’unicità collegandola, anche, al “fatto che lo sterminio sia avvenuto nel cuore dell’Europa cristiana, a opera di un popolo, come quello tedesco, di tradizione cristiana e con la collaborazione più o meno volontaria di altri popoli della medesima tradizione”. A nostro modo di vedere lo sterminio degli ebrei è il frutto avvelenato e perverso non dell’Europa cristiana, ma di quella, tornata pagana, che Hitler così bene rappresenta. Hitler non è il primo a battere questo sentiero criminale. Sorvolando sul Lutero di “Contro gli Ebrei” (ripetutamente ristampato in epoca nazista) e sull’idealismo, è con l’illuminismo che si compie in Europa – per lo meno a livello divulgativo – una radicale svolta anticristiana e antiebraica. La posizione di Hitler non è che una delle propaggini di quella violenta apostasia che va sotto il nome di filosofia dei Lumi. Voltaire, tanto per citare l’illuminato per eccellenza, non si limita a seminare odio, calunnie e disprezzo contro i cristiani e la Chiesa (écraser l’infame), ma risale – proprio come Hitler – alle radici ebraiche del pensiero cristiano. Nel suo “Dizionario filosofico” parla degli ebrei come del “più abominevole popolo del mondo”, e così li definisce: “Non troverete in loro che un popolo ignorante e barbaro, che unisce da tempo la più sordida avarizia alla più detestabile superstizione e al più invincibile odio per tutti i popoli che li tollerano e li arricchiscono”. Il filosofo dei Lumi, chissà perché tanto spesso ritenuto paladino della tolleranza, condivide con Hitler il credo razzista. L’apostolo della ragione pensa che i negri siano probabilmente frutto di bestiali amori fra donne e scimmie, li definisce “animali”, e, nel “Saggio sui costumi” scrive: “I negri sono, per natura, gli schiavi degli altri uomini. Essi vengono dunque acquistati come bestie sulle coste dell’Africa”. Sembra proprio che, se si prescinde dal dettato biblico che definisce l’uomo, ogni uomo, creato a “immagine e somiglianza di Dio”, sia difficile non ricadere nella “schiavitù per natura” di aristotelica memoria. Per spiegare come l’Europa “cristiana” abbia potuto spingersi fino all’olocausto, Galli della Loggia scrive: gli ebrei in Europa “hanno rappresentato come nessun altro la dimensione della minoranza, la diversità per eccellenza costituita dalla diversità religiosa. Si tratta di una diversità religiosa inquietante per il cristianesimo europeo”. Galli della Loggia affronta il problema, cruciale, dell’Altro. Del diverso. Eppure, anche su questo terreno, quello dell’Altro non è stato tanto un problema per i cristiani quanto, ancora una volta, per gli illuminati e i rivoluzionari. Il totalitarismo originato dal pensiero giacobino non può “tollerare” la presenza dell’Altro. Ecco come lo storico della rivoluzione francese Jules Michelet parla dei vandeani, di quanti cioè, all’epoca, erano “altri” per eccellenza: “Ci imbattiamo in un popolo sì stranamente cieco e sì bizzarramente sviato che si arma contro la Rivoluzione, sua madre […] Scoppia nell’Ovest la guerra empia dei preti”. Varrà la pena di ricordare che i vandeani sono stati sterminati con metodi non dissimili da quelli hitleriani. L’intervento di Galli della Loggia è di stretta attualità perché affronta il delicato tema dell’identità europea. A questo riguardo ci sembra che abbia ragione il Papa, quando insistentemente propone, nella futura Costituzione dell’Unione, l’esplicito riferimento alle radici cristiane del continente.
Oltre a essere un dato di
fatto inconfutabile, il riferimento all’Europa cristiana e, quindi, al
dettato biblico, è la migliore garanzia per il futuro di tutti gli europei.
Nessuno escluso. Sarà un caso che nel Preambolo del testo presentato da
Giscard la parola cristianesimo non compaia mai? Si parla di Roma e della
Grecia, si parla dei Lumi, semplicemente si tace il nome di chi ha reso
possibile continuare a parlare sia della Grecia che di Roma: i monaci
benedettini, ovvero la Chiesa cattolica. Si tace della lingua, il latino,
che, grazie alla Chiesa che evangelizzava romanizzando, è divenuta la lingua
comune europea per più di un millennio.
Di chi non si
riesce nemmeno a pronunciare il nome? Di chi si odia. Di chi si disprezza.
E’ successo così (forse in alcuni casi inconsciamente) anche agli autori del
Preambolo? Citando i Lumi, ma non la Chiesa, ci si è voluti implicitamente
collegare alla tradizione anticristiana del totalitarismo moderno? Se così
fosse, non è difficile profetizzare che per l’Altro di turno si
avanzerebbero tempi amari. |
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Europa: «Pellicciari risponde a Galli Della Loggia. Cristiane le radici del totalitarismo antiebraico? No, pagane» di Angela Pellicciari, Il Foglio 10.6.2003 |