Europa: |
Da Parigi:
"Speriamo che adesso non
voglia cancellare anche le cattedrali dal biglietto da 20 euro." Ma
nessuno solleverà in pubblico il tema: "Ci accuserebbero di essere
reazionari clericali" |
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di
Luigi Geninazzi C'è una Francia che non si riconosce nel preambolo della Costituzione europea messo a punto da Valéry Giscard d'Estaing. Una Francia che ritiene "assurda e ridicola" l'omissione deliberata del cristianesimo in un testo che vorrebbe definire l'Europa. E non si tratta solo dell'episcopato o dei "cathos", come vengono definiti i cattolici d'Oltralpe. È la Francia laica, spesso fieramente atea, comunque sempre orgogliosa della propria tradizione illuministica e voltairiana. Bernard Guetta, editorialista del settimanale L'Express e di Radio France-Nanterre, commentatore politico noto per la sua vis polemica, ha seguito con interesse i lavori della Convenzione. "Quando è iniziato il dibattito sulle radici cristiane dell'Europa ho detto subito che la Carta costituzionale della Ue avrebbe dovuto contenere anche un riferimento all'eredità laica dei Lumi. Ero pronto a scendere in piazza per questo!". Chissà, avrebbe forse inscenato una manifestazione proprio qui, nel luogo simbolo della contestazione, nella mitica piazza di Saint-Germain des Près dove ci siamo dati appuntamento. Ma adesso è sconcertato: "Vedo che nel preambolo ci sono i Lumi e manca il cristianesimo. E da ateo impenitente dico che non mi va bene: è un insulto all'intelligenza. Non citare l'eredità cristiana dell'Europa significa negare un'evidenza storica". Bernard Guetta si considera intellettualmente un nipotino di Eugenio Scalfari, cui è legato da una grande amicizia. Il suo parere dovrebbe far riflettere coloro che si richiamano alla laicità, a cominciare dal presidente della Convenzione, il supremo Vge. "Ridicolo. Sì, su questo problema Valéry Giscard d'Estaing si è comportato in modo assolutamente ridicolo", è il giudizio dello storico Emmanuel Le Roy Ladurie. Per uno studioso come lui, ai quali tutti riconoscono d'aver gettato nuova luce sul medioevo e sull'età moderna, "è evidente che l'Europa sia legata al cristianesimo, anzi nelle sue origini è tout-court il cristianesimo". Nel suo ufficio, al secondo piano del Collège de France, Le Roy Ladurie rilegge alcune pagine di un suo famoso libro, Il secolo dei Platter. Spiega: "Ecco qui, ho compiuto una ricerca sulla famiglia Platter, famosi viaggiatori del Cinquecento. Nei loro appunti compare il termine Europa come sinonimo di cristianesimo". Le Roy Ladurie estrae dal portafoglio un biglietto da 20 euro. "Guardi, vi è raffigurata la finestra gotica di una cattedrale. Speriamo che Giscard d'Estaing non la faccia togliere sostituendola con un disegno più vago...". Professore, se tutto è così ovvio, perché viene sottaciuto? Lo storico allarga le braccia: "Che cosa possiamo fare contro l'imbecillità dei laici puri e duri? Sono dei dinosauri che vivono nel mondo dell'altro ieri, speriamo che una meteorite li spazzi via", conclude ironico. Ma sulla laicità la Francia in genere non ama scherzare. "Il mio Paese è governato dal dogma della laicità, visto come garanzia di pace civile - dice il direttore del quotidiano Le Figaro, Jean De Belot -. L'hanno sempre innalzato come un muro contro i cattolici. Solo che ora si accorgono che la laicità è minacciata non dalla Chiesa ma dall'islam. È un vero choc". Un secolo dopo la separazione tra Chiesa e Stato sui giornali infuria di nuovo il dibattito, con titoli allarmanti sulla "laicità in pericolo". La Francia sta cambiando pelle, c'è lo scontro sulle riforme che paralizza i servizi pubblici con uno sciopero ad oltranza e c'è l'inquietudine per un sistema scolastico messo alla prova dal boom demografico dei musulmani. "Non dobbiamo continuare ad opporre abusivamente la laicità al cristianesimo - scrive l'accademico di Francia Jean-Marie Rouart -. La separazione tra potere temporale e religione non cancella la storia, il peso della tradizione, la sensibilità. Nel suo patrimonio genetico la Francia ha tracce religiose che ci hanno impregnato ben più di quanto immaginiamo ". L'esempio più clamoroso di questa riscoperta della religione è Régis Débray, l' ex gauchiste che ha legato il suo nome a Che Guevara e che recentemente ha pubblicato Le feu sacré, Il fuoco sacro. "È una cattiva laicità quella che si oppone al cattolicesimo - sentenzia -. È un dibattito vecchio, superato". Della Convenzione europea non vuole neanche sentir parlare. "Perché la Chiesa se la prende così tanto? Certo, non nominare il cristianesimo è una vera manipolazione storica. Ma è l'idea stessa della Convenzione che non regge. È un artefatto, un'illusione senza alcun rapporto con la realtà. Come dice il Vangelo, lasciate che i morti seppelliscano i loro morti". Insisto: stiamo parlando di un testo che entrerà nella futura Costituzione dell'Europa. "Amico mio, l'Europa non esiste! È un spazio geografico-economico, non è un soggetto della storia - sbotta Régis Débray con il furore del vecchio rivoluzionario -. E non diventerà mai un soggetto politico. Forse che Giscard d'Estaing ha qualcosa in comune con Thomas Jefferson?". Débray è rimasto un estremista ma sono in molti a nutrire perplessità sul lavoro della Convenzione europea. Forse lo stesso Jacques Chirac, cattolico praticante, che però si guarda bene dal criticare il testo del preambolo. Dicono che il presidente francese sia rimasto molto male per le critiche che gli furono rivolte quando, ai funerali di Mitterrand, fece la comunione. A qualcuno sembrò un vero e proprio attentato alla laicità della Repubblica. "No, nessun uomo politico di Francia prenderà mai posizione sulla mancanza di riferimento alle radici cristiane dell'Europa nel testo del preambolo. Nascerebbe un putiferio", si dice convinto Guetta. Che dunque non scenderà in piazza a protestare contro l'ingiusta esclusione. Ed anche Le Roy Ladurie ammette: "Chiunque sollevasse il problema in un dibattito pubblico, sui giornali o alla tv, sarebbe subito additato come un reazionario clericale. Il dogma della laicità non permette disquisizioni o riserve. È il dominio del pensierounico". |
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Europa: «Da Parigi: Intellettuali e commentatori criticano la scelta di Giscard d'Estaing», di Luigi Geninazzi, Avvenire - 10 Giugno 2003 |