Europa |
«L'Europa alla carta» |
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di Rino Cammilleri
La
cosiddetta Carta dei diritti fondamentali sancita a Nizza il 7
dicembre 2000 dovrà diventare parte integrante dei Trattati istitutivi
dell'Unione europea o dovrà limitarsi a rimanere una generica
dichiarazione di princìpi, quasi un preambolo? E' quanto si sta
discutendo a Bruxelles in sede di Convenzione europea (brutto nome:
ricorda la Rivoluzione francese), tanto per cambiare senza adeguata
copertura mediatica. Così, gli europei rischiano ancora una volta di
vedersi calare dall'alto una specie di Costituzione prêt à porter che
ha tutte le chances per trasformarsi nell'ennesima camicia di forza
(tra parentesi, sarebbe curioso sapere, tramite sondaggio, quanti sono Ora il vento è cambiato e comandano quelli a cui il tema "identità europa" sta davvero a cuore. Se ci fosse oggi una Nizza-due, sicuramente la Carta avrebbe ben altra fisionomia. Il che significa che quella non è una Carta "per tutte le stagioni" e che sicuramente la stragrande maggioranza degli europei così com'è non la vuole. Allora, che senso ha discutere se inserirla nei Trattati? Certo, è comprensibile che non si voglia far la figuraccia di una marcia indietro, né si può mettersi a compilare Carte fondamentali un giorno sì e uno no. Solo che, a questo punto, le domande sono due. La prima è: che fretta c'era di farne una? La seconda: le Carte dei diritti e le monete uniche devono seguire o precedere le unioni di popoli? L'elettorato europeo si è ben accorto che da diverso tempo gli si sta forzando la mano con la tattica dei fatti compiuti, ma le recenti sorprese elettorali francesi e olandesi dovrebbero pur far capire a chi di dovere che la gente sta cominciando a stufarsi. Si risponderà che, a questo punto, una Carta ci vuole proprio per almeno fissare dei paletti di riferimento. Va bene, ma l'argomento "caldo", quello che ha ribaltato e sta ribaltando elettoralmente i governi europei è l'immigrazione, in particolare l'islamica. Se un paletto è necessario, e giusto nella Carta, riguarda dunque la definizione una volta per tutte dell'identità europea. Ebbene, la Carta di Nizza si esibisce in dettaglio anche nei diritti sindacali e perfino in quelli riguardanti gli "orientamenti sessuali", ma vi fa vistosissima mancanza proprio il cosiddetto diritto comune, cioè il diritto naturale e cristiano che, piaccia o no, è l'unico fondamento, la sola cosa che fa degli europei un popolo. Ma se è quel "cristiano" che dà fastidio ai dibattitori di Bruxelles, tanto vale che trasformino la Carta in un più utile e concreto vademecum di regole operative istituzionali comuni.
Sì,
perché una Carta improntata a un laicismo radicale che pretende di
relegare il fatto religioso a una questione privata (come il tifo per
la squadra di calcio del cuore, tanto per intendersi) non solo lascia
pericolosamente irrisolta la questione dell'integrazione degli
immigrati, ma finisce per non essere rappresentativa per nessuno. Un
sondaggio, per esempio, rivelerebbe che la massima parte degli europei
non è affatto indifferente al tema della rilevanza sociale del
cristianesimo e che, magari, non è per niente contenta di vedersi
arrivare tra capo e collo una Carta ispirata a superati e stantii
modelli laicistico-giacobini cui, soli ormai, si ispirano attardati
nostalgici delle ideologie del secolo scorso. |
Europa: «L'Europa alla carta», di Rino Cammilleri, Il Giornale, 17.07.02