Europa |
«Europa
al completo»
L’esclusione dalla
Costituzione europea delle “comuni radici cristiane”. Il richiamo del
Papa. L’omicidio di Fortuyn in Olanda. I cambiamenti politici di
Francia e Germania. «I cristiani sono tornati alla condizione della
Chiesa primitiva, quando il cristianesimo era giovane e
quantitativamente esiguo» |
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di
Maurizio Crippa
Quelli a proposito E in ballo non c’è solo l’etica, ma anche altri capisaldi dell’Europa moderna ugualmente cari al Papa, come la dignità del lavoro o la giustizia sociale, abbondantemente scombussolati dal neoliberismo galoppante. Difendere con un minimo di lungimiranza strategica le radici cristiane all’interno di un contesto ormai largamente incristiano è una sfida per tutta l’Europa. Come ha ricordato il cardinale di Utrecht, Adrianus Simonis, in un’intervista ricca di prudenza e di sfumature al settimanale Tempi: «L’Europa Occidentale ha oggi quasi completamente dimenticato le proprie radici giudeo-cristiane e così resta solo il deserto! I cattolici sono una minoranza nella minoranza».
Quelli a sproposito Tornando a Fortuyn, una delle sue idee vincenti era la chiusura nei confronti dell’immigrazione (idea un po’ isterica, dati alla mano: l’Olanda ha meno extracomunitari di altri Paesi europei, come Germania o Svizzera) e soprattutto dell’islam, considerato religione e cultura non solo diversa e più arretrata di quelle europee, ma tout-court “nemica”. Il suo slogan preferito stava a metà strada tra il minaccioso e l’alberghiero: «L’Olanda è al completo». Tanto è bastato perché Pim Fortuyn venisse canonizzato sul letto di morte come protomartire dei valori europei, e al gioco ha giocato anche qualche cattolico: finalmente un vero olandese pronto a erigere un muro contro l’islam. Peccato che i “valori europei” per cui si batteva Fortuyn - gay dichiarato e dandy nichilista, uno che suggeriva di “offrire un’overdose ai drogati” - fossero più o meno questi: aborto, eutanasia, famiglie di fatto, matrimoni omosessuali. Insomma proprio quelle cose che il Papa chiede di vietare in nome dei “comuni valori cristiani europei”. Un bel pasticcio, no? A complicare le cose, ci sono le statistiche: la maggior parte dell’opinione pubblica europea dimostra di essere sensibilissima alle posizioni “alla Fortuyn” (una ricerca pubblicata in maggio dall’Osservatorio europeo sul razzismo e la xenofobia di Vienna afferma che, dopo l’11 settembre, i cittadini dell’Ue sono diventati più razzisti nei confronti dei musulmani). Mentre lo è assai meno a quelle del Papa (la settimana dopo l’omicidio di Fortuyn, il Belgio ha legalizzato l’eutanasia).
Intermezzo: le piccole patrie Di tutt’altro avviso (Il Giornale del 3 giugno) è però un intellettuale di destra come Marcello Veneziani, contento del rilancio dell’amor di patria inteso come «rispetto dell’Italia, della sua integrità territoriale, del suo paesaggio e del suo linguaggio, delle sue culture…». Nel suo articolo, Veneziani mette a confronto destra e sinistra sul tema della patria e formula un’ipotesi interessante. E cioè che «le culture di sinistra ritengono che l’amor patrio sia fondato sul patto costituzionale», mentre quelle di destra «ritengono che prima della costituzione formale, sancita da una carta, vi sia una costituzione reale o materiale che nasce o si forma nel corso della storia e della vita di una comunità». Insomma viva le radici. (Ma ci salveranno le piccole patrie? Tutta la sanguinosa storia d’Europa sembrerebbe dire il contrario).
Gli strumenti e gli strumentali Forse sarebbe più logico procedere in modo pragmatico. E riconoscere la verità di quanto ha scritto Angelo Panebianco (Corriere della Sera del 3 giugno) a proposito del fallimento della cultura “aperturista” di un’Europa guidata per anni dagli «spensierati fautori di un mondo sans frontieres». In effetti persino in Inghilterra, secondo uno studio di Johnatan Stevenson dell’Istituto di Studi Strategici, il multiculturalismo inteso come «lasciare a tutti la libertà di stare nel proprio brodo», senza imparare lingua e tradizioni del Paese ospitante, ha favorito non l’integrazione, ma l’auto-isolamento e la radicalizzazione della popolazione islamica. Come reagire a questa situazione? Panebianco ha buon gioco quando dice che la sinistra è «prigioniera di un’ideologia che tratta da xenofobi tutti coloro che mostrano apprensione per i disagi causati dall’immigrazione». Ma la formula di Fortuyn, “siamo al completo”, non è neppure l’unica ragionevolmente sperimentabile. La Francia recentemente passata a destra e la Germania (che lo farà forse tra poco) stanno provando altre strade, come rendere obbligatori per gli immigrati corsi di lingua, cultura e diritto del Paese in cui hanno accettato di vivere (“accettati”, devono dunque “accettarne” le regole).
Da ultimo. Marcello Veneziani, nell’articolo sopra
citato, sostiene che per la cultura di sinistra l’amor patrio coincide
«con la cittadinanza e le sue regole», mentre per la destra «è legato
all’appartenenza e all’identità». Lo stesso giudizio si può applicare
anche all’Europa in cerca di radici. Una ricerca, si è visto,
complicata e piena di sfaccettature. Augurandosi che, laicamente,
nella futura Unione possano avere “cittadinanza” anche le “identità”
che dell’Europa fanno parte. Come i cristiani che, per dirla con il
cardinale Simonis, «sono tornati alla condizione della Chiesa
primitiva, quando il cristianesimo era giovane e quantitativamente
esiguo». |
Europa: «Europa al completo», di Maurizio Crippa, Tracce, Luglio 2002