Europa |
Rapporto, sulla realizzazione per fasi dell'unione economica e monetaria della Comunità Il testo della relazione
di Werner del 1970. L'allora primo
ministro lussemburghese Pierre Werner
era stato incaricato di redigere uno studio sulle
prospettive concrete degli ulteriori passi della Comunità. |
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di Pierre Werner
I. Introduzione Sulla base delle direttive date dalla Conferenza dei capi di Stato e di governo che ha avuto luogo all'Aia il 1° e il 2 dicembre 1969 e sulla base del mandato che gli è stato affidato con la decisione del Consiglio dei ministri del 6 marzo 1970, il Gruppo, sotto la presidenza del signor Pierre Werner, presidente e ministro delle Finanze del governo lussemburghese, ha l'onore di presentare un primo rapporto. Questo rapporto si sforza di mettere in luce le opzioni fondamentali da assumere in vista di una realizzazione per fasi successive dell'unione economica e monetaria nel senso della Comunità, a cominciare dall'analisi dei suggerimenti formulati dai governi e della comunicazione della Commissione al Consiglio. Il presente rapporto non esprime le preferenze isolate dei membri del Gruppo; esso si sforza piuttosto di formulare una risposta comune anche se su certi punti sussistono ancora delle opinioni divergenti. I membri del Gruppo sono i soli responsabili delle idee espresse nel presente rapporto. L'elaborazione del Piano a scadenze presuppone che si proceda prima di tutto a un esame della situazione attuale, tale da permettere una definizione precisa del punto di partenza e che siano sviluppate delle concezioni comuni sulla situazione dell'unione economica e monetaria alla fine del piano a scadenze. In tal forma, dopo aver meglio precisato i termini estremi dell'evoluzione, il rapporto enuncia dei principi fondamentali e certe proposte concrete per iniziare, durante una prima fase, il processo che deve condurre gli Stati membri all'unione economica e monetaria. I successivi lavori del Gruppo dovrebbero permettere di precisare la prima fase, di completare il Piano e di assolvere in tal maniera, nel corso dei prossimi mesi, il mandato ricevuto.
II punto di partenza Dalla firma del Trattato di Roma a oggi, la Comunità economica europea ha superato differenti fasi di capitale importanza sul cammino dell'integrazione economica. Il compimento dell'unione doganale e la definizione di una politica agricola comune ne costituiscono i punti di riferimento più significativi. Tuttavia, i progressi verso l'integrazione hanno come conseguenza di far ripercuotere gli squilibri generali dei Paesi membri in modo diretto e rapido sulla evoluzione globale della Comunità. L'esperienza degli ultimi anni ha chiaramente messo in luce il fatto che tali squilibri possono seriamente compromettere l'integrazione realizzata nei campi della liberalizzazione dei movimenti delle merci, dei servizi e dei capitali. Ciò vale in modo particolare per il Mercato comune agricolo. Tenuto conto delle divergenze che tuttora sussistono tra i Paesi membri circa la realizzazione degli obiettivi di crescita nella stabilità, sussiste il rischio che tali squilibri si manifestino se non si giunge ad armonizzare in maniera effettiva la politica economica. La crescente interpenetrazione delle economie ha indebolito l'autonomia delle politiche nazionali di congiuntura. Il controllo della politica economica si è fatto tanto più difficile in quanto questa perdita di autonomia a livello nazionale non è stata controbilanciata dall'instaurazione di politiche comunitarie. Ciò pone in evidenza l'insufficienza e lo squilibrio del processo di attuazione del Mercato comune. Le azioni intraprese hanno permesso di realizzare progressi parziali, ma in realtà non hanno condotto a un efficace coordinamento, o armonizzazione, delle politiche economiche nella Comunità, che pur nondimeno avrebbe corrisposto allo spirito del Trattato di Roma ed avrebbe potuto essere conseguito applicando le disposizioni fondamentali del Trattato, in particolare gli articoli concernenti le politiche economico- monetarie. I due primi programmi a medio termine non hanno presentato obiettivi quantitativi sufficientemente armonizzati, condizione primordiale di un efficace coordinamento. Gli esami della situazione congiunturale nella Comunità spesso hanno soltanto condotto a raccomandazioni formulate in termini assai generici, anche quando l'interesse comunitario avrebbe richiesto prese di posizione più concrete. In generale, le procedure di consultazione non hanno dato i risultati attesi, sia perché hanno avuto un carattere puramente formale, sia perché gli Stati membri vi si sono sottratti ricorrendo a clausole di eccezione. Insufficienti sono stati i progressi realizzati nel settore della liberalizzazione dei movimenti di capitali e nell'attuare il diritto di stabilimento delle aziende bancarie e finanziarie. Cause di tale ritardo sono la mancanza di un sufficiente coordinamento al livello delle politiche economico-monetarie nonché alcune particolarità di diritto e di fatto. La libera circolazione delle persone non è ancora stata realizzata in modo del tutto soddisfacente e non vi sono stati progressi sostanziali in materia di armonizzazione delle politiche sociali. Nelle relazioni esterne, specie in quelle monetarie internazionali, la Comunità non è riuscita ad affermare sufficientemente la sua personalità mediante l'adozione di posizioni comuni, e ciò, secondo i casi, a causa di divergenze politiche o di concezione. Mentre queste insufficienze si andavano manifestando, gli operatori economici si sono adattati alle nuove condizioni di mercato. Si è così assistito allo sviluppo delle società multinazionali nonché alla nascita ed al notevole ampliamento dei mercati delle eurodivise e delle euro-emissioni. I movimenti speculativi di capitali, d'altro canto, si sono considerevolmente accentuati. Questi sviluppi - benché alcuni di essi presentino aspetti positivi - contribuiscono a rendere ancor più difficile il controllo dell'andamento economico da parte degli Stati membri, mentre l'interdipendenza sempre più stretta delle economie industrializzate pone il problema della individualità della Comunità in termini di crescente importanza. Consapevole di questi problemi, la Commissione ha sottoposto al Consiglio, il 12 febbraio 1969, un memorandum che sottolinea la necessità di realizzare dei progressi in materia di coordinamento delle politiche economiche e di solidarietà monetaria. L'attuazione di questo memorandum può dare un nuovo impulso agli sforzi di coordinamento e armonizzazione delle politiche economico-monetarie. Essa, tuttavia, costituisce soltanto la base di partenza per la costruzione dell'unione economica e monetaria, processo, questo, che va condotto a termine entro il minor tempo possibile.
III. Il punto d'arrivo Il Gruppo non si è proposto di elaborare in astratto un sistema ideale. Esso si è preoccupato invece di definire gli elementi indispensabili per l'esistenza di un'unione economica e monetaria completa. Lo stato dell'unione, quale esso è qui descritto, rappresenta soltanto uno stadio di un'evoluzione dinamica, che la pressione dei fatti e la volontà politica potranno modellare in modo differente. L'unione economica e monetaria permetterà di realizzare una zona all'interno della quale i beni ed i servizi, le persone ed i capitali circoleranno liberamente, esenti da distorsioni di concorrenza, senza per questo generare squilibri strutturali e regionali. L'attuazione di un'unione così definita dovrà migliorare durevolmente il benessere nella Comunità e rafforzare il contributo di quest'ultima all'equilibrio economico é monetario mondiale. Essa presuppone la partecipazione dei diversi gruppi economici e sociali affinché l'effetto combinato delle forze di mercato e delle politiche concepite e consapevolmente perseguite dalle autorità responsabili permetta di conseguire uno sviluppo soddisfacente, un alto livello di occupazione, la stabilità, una riduzione delle disparità regionali e sociali, e la protezione delle condizioni ambientali. Una zona monetaria individualizzata implica all'interno la convertibilità delle monete, la fissazione irrevocabile dei rapporti di parità, l'eliminazione dei margini di fluttuazione dei cambi e la liberazione totale dei movimenti di capitali. Essa può coesistere con i diversi segni monetari nazionali ovvero consacrare l'adozione di una moneta comunitaria unica. Se da un punto di vista tecnico la scelta di una delle due soluzioni potrebbe apparire indifferente, considerazioni di natura psicologica e politica militano a favore dell'adozione di una moneta unica, che garantirebbe l'irreversibilità dell'impresa. Per assicurare una coesione dell'unione economica e monetaria esente da contraccolpi e tensioni si renderanno indispensabili trasferimenti di responsabilità dal piano nazionale al piano comunitario. Questi trasferimenti saranno mantenuti nei limiti necessari perché l'azione comunitaria sia efficace e riguarderanno essenzialmente l'insieme delle politiche che concorrono a realizzare l'equilibrio generale. A tal fine si dovrà procedere, nei diversi campi, all'armonizzazione degli strumenti di politica economica. Obiettivi quantitativi a medio termine, compatibili sia tra di loro che con le finalità del Mercato comune, dovranno essere fissati per lo sviluppo, l'occupazione, i prezzi e l'equilibrio esterno. Tali obiettivi saranno aggiornati annualmente mediante proiezioni mobili. La politica congiunturale dovrà essere decisa, nelle linee generali, a livello comunitario. A tal fine, per poter fissare e valutare le condizioni necessarie per regolare la domanda globale, in particolare mediante le politiche monetarie e di bilancio, si dovranno elaborare annualmente bilanci economici normativi e compatibili, e si dovrà controllarne l'esecuzione. E' indispensabile che le principali decisioni di politica monetaria siano centralizzate, che si tratti della liquidità, dei tassi d'interesse, dell'intervento sul mercato dei cambi, o della gestione delle riserve. La Comunità dovrà disporre di una serie completa di strumenti necessari, la cui utilizzazione potrà, eventualmente, essere differenziata per Paese. Inoltre, occorrerà assicurare una politica comune ed una rappresentanza comune nei rapporti monetari e finanziari con i Paesi terzi e con le organizzazioni internazionali di carattere economico. La politica di bilancio assume un grande significato per orientare lo sviluppo generale dell'economia. Il bilancio della Comunità all'inizio dell'unione economica e monetaria sarà, senza alcun dubbio, più importante di oggi, ma la sua importanza, dal punto di vista congiunturale, resterà minore di quella dei bilanci nazionali la cui gestione armonizzata costituirà un elemento fondamentale di coesione dell'unione. I limiti entro cui dovranno situarsi i grandi aggregati del bilancio, tanto per quello annuale quanto per la programmazione pluriennale, dovranno essere decisi a livello comunitario tenendo conto della situazione congiunturale e delle particolarità strutturali di ogni Paese. L'elemento fondamentale sarà costituito dall'importanza del saldo e dalle modalità di finanziamento del deficit o della utilizzazione di eventuali eccedenze. Per poter modificare in maniera rapida ed efficace l'evoluzione della congiuntura, bisognerà prevedere degli strumenti che possano essere gestiti con direttive comuni. Bisognerà ben guardarsi, in questa materia, da centralismi eccessivi. Il trasferimento dei poteri agli organi comunitari dovrà essere assicurato in maniera tale da permettere il buon funzionamento dell'unione rispettando, allo stesso tempo, la struttura differenziata di bilancio che sarà fissata a diversi livelli, comunitari, nazionali, ecc. Occorrerà realizzare un certo grado di armonizzazione fiscale per evitare delle distorsioni della concorrenza, in particolare per quanto riguarda la tassa sul valore aggiunto, le imposte che possono esercitare una certa influenza sui movimenti di capitali e certe imposte di consumo. Questa armonizzazione, pur permettendo l'abolizione delle frontiere fiscali, dovrà mantenere un'elasticità tale che la politica fiscale possa esercitare le sue funzioni a diversi livelli. La realizzazione di un equilibrio economico globale può essere minacciata gravemente da differenze di struttura. La cooperazione tra i membri della Comunità in materia di politica strutturale contribuirà a sormontare queste difficoltà e, allo stesso tempo, permetterà di eliminare le distorsioni della concorrenza. La soluzione dei grandi problemi in questa materia sarà facilitata da misure finanziarie di compensazione. Infatti le politiche strutturali e regionali non possono essere esclusivamente di competenza dei bilanci nazionali. D'altra parte i problemi delle condizioni ambientali, che pongono lo sviluppo industriale ed urbano, dovranno essere trattati, sotto i loro diversi aspetti tecnici, finanziari e sociali, a livello comunitario. La coesione dell'unione economica e monetaria potrà essere assicurata solamente nel caso in cui l'evoluzione dei redditi negli Stati membri non condurrà a delle eccessive divergenze. L'evoluzione dei redditi dovrà dunque essere controllata e discussa al livello comunitario con la partecipazione delle parti sociali. In generale occorre associare strettamente le parti sociali all'elaborazione e all'applicazione della politica comunitaria per assicurare un migliore successo delle azioni intraprese in comune. Sul piano delle riforme istituzionali la realizzazione dell'unione economica e monetaria esige la creazione o la trasformazione di un certo numero di organi comunitari ai quali dovranno essere trasferiti i poteri fino ad allora esercitati dalle autorità nazionali. Questi trasferimenti di responsabilità rappresentano un processo di fondamentale significato politico che implica il progressivo sviluppo della cooperazione politica nelle differenti materie. Il Gruppo non ritiene, allo stato attuale, dover formulare delle proposte dettagliate sull'aspetto da dare ai diversi organi comunitari. Ritiene comunque che questi dovranno potere adempiere alle loro funzioni, in un modo efficace e nel rispetto delle regole democratiche, con delle responsabilità ben definite e con un potere effettivo di decisione. Le riforme istituzionali necessarie presuppongono una modifica delle disposizioni del Trattato di Roma; fin dalla prima fase, pertanto, occorre condurre a termine i relativi lavori preparatori. Tuttavia, le disposizioni attuali permettono, fin d'adesso, dei progressi sostanziali verso l'unione economica e monetaria. Il Gruppo ritiene che quest'ultima è un obiettivo realizzabile durante l'attuale decennio data la volontà politica degli Stati membri, espressa solennemente alla Conferenza dell'Aia.
IV. I principi per realizzare il piano per fasi Nel definire il punto di arrivo il Gruppo voleva stabilire, in modo chiaro e preciso, l'obiettivo finale da raggiungere. Occorre che non ci sia alcun dubbio in proposito; infatti l'unificazione economica e monetaria è un processo irreversibile nel quale bisogna impegnarsi con ferma volontà di condurla a termine, accettando tutte le conseguenze che ne possono derivare sul piano economico e politico. Il Gruppo non desidera assolutamente suggerire che l'unione economica e monetaria sia realizzabile senza un periodo di transizione; essa deve, al contrario, svilupparsi in maniera progressiva sulla traccia delle azioni già intraprese per rafforzare il coordinamento delle politiche economiche e la cooperazione monetaria. Tra il punto di partenza e quello di arrivo si dovranno compiere delle azioni in parecchie direzioni: fissare gli orientamenti globali economici, coordinare le politiche congiunturali tramite la moneta, il credito, il bilancio, la fiscalità, la politica dei redditi, adottare le politiche comunitarie in materia di strutture, eliminare le fluttuazioni di cambio tra le monete della Comunità, determinare una più grande stabilità nei rapporti di parità, armonizzare la politica monetaria estera, integrare i mercati finanziari, ecc. Queste azioni implicheranno: in primo luogo un migliore coordinamento delle politiche nazionali, in seguito la loro armonizzazione con l'adozione di direttive comuni, ed infine il trasferimento delle responsabilità dalle autorità nazionali a quelle comunitarie. A mano a mano che dei progressi saranno realizzati, occorrerà che siano creati degli strumenti comunitari per sostituire o completare l'azione degli strumenti nazionali. In tutte le materie, le azioni da compiere sono interdipendenti e si rinforzano vicendevolmente; in particolare lo sviluppo dell'unificazione monetaria deve essere articolato su dei progressi sostanziali, nel coordinamento e nell'unificazione delle politiche economiche. Pur proseguendo nella sua unificazione economica e monetaria la Comunità dovrà affermare, nei confronti del mondo esterno, i nuovi obiettivi di politica economica internazionale. Occorre che, organizzando le sue strutture interne, la Comunità continui a partecipare direttamente o tramite i Paesi membri alle azioni che si decidono a livello mondiale e che concernono la liberazione degli scambi, la cooperazione economica e monetaria e l'aiuto ai Paesi in via di sviluppo. In queste condizioni l'unione economica e monetaria avrà contribuito a rinforzare la divisione internazionale del lavoro e non a stabilire, in seno all'economia mondiale, un nuovo blocco autarchico. Il comunicato dell'Aia prevede che il piano per fasi per l'unione economica e monetaria sia elaborato sulla base del memorandum presentato dalla Commissione il 12 febbraio 1969. Inoltre il Gruppo ha giudicato che le azioni previste da questo memorandum costituivano il punto di partenza; di conseguenza è importante che il Consiglio decida prima della fine del 1970 sui soli elementi che sono ancora in sospeso in questo memorandum: cioè la determinazione degli obiettivi quantitativi del terzo programma di politica economica a medio termine e l'applicazione del concorso finanziario a medio termine. Sulla base di questi principi, il Gruppo si è impegnato a chiarire le principali azioni che devono essere esaminate durante la prima fase destinata a rinforzare le abitudini di lavoro in comune delle autorità nazionali e a realizzare le strutture e i meccanismi indispensabili. Queste azioni devono costituire le basi fondamentali dei compiti da intraprendere e la dimostrazione della volontà politica degli Stati membri di impegnarsi in maniera irreversibile nella realizzazione dell'unione economica e monetaria. Durante questa prima fase bisognerà portare a termine i lavori preparatori che tendono ad adattare e completare il Trattato affinché, in uno stadio ulteriore, possano essere assunte delle obbligazioni sempre più impegnative e possano essere realizzate delle istituzioni e degli strumenti comunitari che controllino l'evoluzione economica nella Comunità. Il collegamento necessario per la realizzazione completa dell'unione economica e monetaria sarà in questa maniera realizzato.
V. La prima fase Le azioni proposte per la prima fase necessitano di uno sforzo importante da parte degli Stati membri e della Comunità. Bisognerà astenersi da ogni precipitazione eccessiva, infatti la credibilità e il buon andamento dell'impresa richiedono la determinazione di un limite di tempo ben determinato. Sul piano tecnico il Gruppo ritiene che sia necessaria una durata di tre anni.
Disposizioni generali Il carattere preliminare e obbligatorio delle procedure di consultazione sarà rinforzato utilizzando totalmente le responsabilità riconosciute agli organi comunitari. Queste consultazioni comprenderanno la politica economica a medio termine, la politica congiunturale, di bilancio, monetaria e utilizzeranno altri strumenti di politica economica; queste consultazioni dovranno condurre alla formazione di decisioni nazionali conformi ai punti trattati in comune. Il Gruppo si riserva di precisare ulteriormente i metodi pratici con i quali sarà assicurata l'efficacia di queste consultazioni. Si fisseranno, per quanto riguarda la politica economica a medio termine, degli obiettivi quantitativi sotto forma di limiti massimi e minimi per gli Stati membri e la Comunità, per quanto concerne l'incremento del Pnl, l'occupazione, i prezzi ed i conti con l'estero. Essi dovranno essere aggiornati periodicamente per servire come base di partenza a delle proiezioni mobili. La realizzazione di questi obiettivi dovrà essere accompagnata dal coordinamento delle politiche congiunturali. Nel quadro dell'articolo 103 bisognerà prevedere degli esami periodici della situazione congiunturale nella Comunità, l'istituzione, a livello comunitario, di bilanci economici annuali compatibili fra loro e l'instaurazione di un sistema di "segnali d'allarme". I grandi orientamenti della politica economica e in particolare della politica dei redditi saranno approvati dopo consultazione con le parti sociali.
In materia di bilancio Uno sforzo importante di coordinamento e di armonizzazione delle politiche di bilancio dovrà essere compiuto. A tal proposito i modi di finanziamento dei deficit o d'impiego delle eccedenze rivestono un'importanza capitale. In funzione della situazione economica di ciascun Paese, degli orientamenti quantitativi saranno fissati per le principali voci dei bilanci nazionali ed in particolare per le entrate e le spese globali,la ripartizione di queste ultime fra investimento e consumo, così come l'ammontare positivo o negativo del saldo. Al fine di attribuire un carattere sufficientemente obbligatorio, sul piano politico, a questi orientamenti, sarà adottata una nuova procedura; essa consisterà in una discussione preliminare al livello comunitario degli orientamenti globali dei bilanci nazionali, poi in un esame degli aggregati più importanti di bilancio in seno al Consiglio dei ministri seguito da una raccomandazione che sarebbe unita ai progetti di bilancio trasmessi dai governi ai Parlamenti nazionali. Questa procedura sarà ugualmente utilizzata per le modifiche importanti dei bilanci. Inoltre l'esecuzione dei bilanci dovrà essere sorvegliata dal Consiglio dei ministri. Allo scopo di facilitare questi differenti compiti occorre intraprendere subito i primi lavori per un'armonizzazione e sincronizzazione delle procedure di bilancio nazionali.
In materia fiscale Attualmente nel Mercato comune la libera concorrenza delle imprese è ancora ostacolata dall'esistenza di legislazioni fiscali nazionali differenti. A tal proposito è necessario far progredire l'armonizzazione della fiscalità indiretta, delle imposte di consumo e dell'imposizione diretta che ha un'incidenza importante sui movimenti dei capitali.
La politica interna della moneta e del credito. L'interesse della Comunità e dei suoi Stati membri esige una comune definizione degli orientamenti generali delle politiche della moneta e del credito specie per quanto riguarda la liquidità, i crediti al settore pubblico e privato e il livello dei tassi d'interesse. A tale proposito è necessario che progressivamente siano resi coerenti fra loro gli strumenti della politica della moneta e del credito a disposizione degli Stati membri. Le autorità monetarie dovranno consultarsi ogni volta che uno Stato membro prevede di adottare misure importanti di politica interna oppure appaiono nella Comunità difficoltà finanziarie o monetarie. Queste consultazioni saranno seguite da un parere o da una raccomandazione. Sarà opportuno assicurare, a livello comunitario, la collaborazione fra le autorità responsabili della politica economica generale e le autorità monetarie.
La politica monetaria esterna È opportuno che, sin dalla prima fase, la solidarietà degli Stati membri nella determinazione delle loro parità di cambio sia concretizzata da un rafforzamento delle procedure di consultazione in materia. Il mantenimento di una situazione di stabilità all'interno della Comunità contribuirà particolarmente al buon funzionamento del sistema monetario internazionale. La solidarietà tra Stati membri dovrà ugualmente manifestarsi nel caso in cui il Fondo monetario internazionale autorizzasse una maggiore ampiezza dei margini di fluttuazione dei corsi di cambio. Ove occorresse, gli Stati membri dovranno adottare le misure necessarie per mantenere le fluttuazioni dei corsi intracomunitari nei loro limiti attuali. Il rafforzamento della
concertazione in materia di politica monetaria dovrà ugualmente concernere l'utilizzo
e la concessione dei crediti, come per esempio i prelievi presso il Fondo monetario internazionale ed i crediti
swap, la creazione di nuova liquidità sotto forma di aumento di quote o di uno sviluppo ulteriore dei diritti speciali di prelievo come pure la posizione in cambi delle banche.
Sarà necessario compiere un primo passo verso l'istituzione progressiva di una entità rappresentativa della Cee presso il
Fmi ed altri organismi finanziari internazionali. Il vasto grado d'accordo menzionato qui sopra permette la scelta di certe opzioni. A. Certi membri del Gruppo ritengono che in tutti i casi è opportuno, oltre alle azioni già preconizzate, dotare la Comunità fin dalla prima fase, di un regime autonomo dei cambi destinato ad affermare la personalità di questa nei confronti del resto del mondo. Tale regime potrà basarsi su una prima riduzione dei margini di fluttuazione dei corsi fra monete dei Paesi membri i quali raggiungono attualmente il doppio dei margini sul dollaro. Se questa riduzione resta limitata essa non influenzerà sensibilmente la flessibilità degli strumenti di politica monetaria ma permetterà di attenuare il trattamento preferenziale attualmente riservato al dollaro. Un primo passo sarà così fatto sulla via di una politica monetaria esterna comune. I membri preconizzano l'istituzione di un Fondo di stabilizzazione dei cambi allo scopo di rinforzare la coesione dei Paesi membri nell'atteggiamento dei loro rapporti monetari e di facilitare il percorso delle differenti fasi dell'unificazione in un equilibrio armonioso fra i progressi monetari ed economici. Il Fondo costituirà un importante elemento aggiuntivo per la cooperazione indispensabile tra banche centrali. Contribuirà ad armonizzare le loro politiche d'intervento sui mercati dei cambi, come pure le loro politiche di gestione delle riserve. Permetterà di ridurre la eccessiva dipendenza dei Paesi membri nei confronti del dollaro sia facilitando il regolamento in monete comunitarie degli squilibri di pagamenti nel senso della Comunità, che favorendo l'adozione di attitudini comuni nei rapporti monetari con gli Stati Uniti. Inoltre il Fondo eserciterà una sorveglianza immediata e costante sulla situazione dei pagamenti esterni dei Paesi membri e sull'adozione di politiche appropriate al mantenimento dell'equilibrio. I progressi della convergenza delle politiche economiche permetteranno, al di là della prima fase, di adattare le modalità di funzionamento del Fondo alla riduzione ed all'abolizione dei margini di fluttuazione dei corsi fra monete comunitarie. Alla fine del processo di unificazione, il Fondo si troverà già in possesso dell'esperienza necessaria per il governo della politica di cambi unificati della Comunità e per la sua trasformazione in un Fondo comune di riserva. Al di là dei vantaggi tecnici che sono relativi all'istituzione del Fondo, questo presenta un interesse evidente dal punto di vista politico e psicologico. Il suo funzionamento tradurrà in maniera tangibile le intenzioni espresse alla Conferenza dell'Aia dotando la Comunità di un mezzo efficace per lo sviluppo equilibrato dell'unione economica e monetaria. La riduzione dei margini di fluttuazione fra monete dei Paesi membri suppone in ogni caso il ricorso a tecniche appropriate d'intervento sul mercato dei cambi. Un tale compito potrebbe essere attribuito al Fondo di stabilizzazione dei cambi. In attesa della creazione di quest'ultimo che potrebbe avere luogo nel corso della seconda parte della prima fase, si dovrebbe fare ricorso a una tecnica provvisoria. Essa consiste in interventi permanenti e coordinati delle banche centrali al fine di determinare in ogni momento il corso di cambio europeo medio ponderato nei confronti del dollaro all'interno dei margini di fluttuazione autorizzati su piano internazionale e a mantenere uno scarto ridotto fra le monete dei Paesi membri tramite acquisti o vendite di queste monete da parte delle differenti banche centrali interessate. Tale procedere simbolizzerà la volontà dei Paesi membri a realizzare, quando sarà il momento, la loro unità monetaria. Inoltre esso creerà attraverso il funzionamento di un meccanismo di credito paragonabile a quello dell'Uep, un interesse comune suscettibile di favorire l'armonizzazione economica e infine permetterà di prepararsi all'eventualità di un allargamento dei margini di fluttuazione del sistema monetario internazionale. B. Gli altri membri del Gruppo sono del parere che nel corso della prima fase non è desiderabile né una riduzione istituzionale dei margini, né la creazione di un Fondo di stabilizzazione dei cambi. Secondo il loro parere potranno prevedersi misure importanti di politica monetaria comunitaria solamente se in dipendenza dei progressi effettivi nell'armonizzazione della politica economica saranno state create certe condizioni che permettano di assicurare l'equilibrio dell'insieme dell'economia in tutta la Comunità. Questi membri del Gruppo sono d'accordo ugualmente a pervenire rapidamente a una soppressione dei margini e a dei corsi di cambio garantiti e fissi. Essi sono del parere che corsi di cambio garantiti, senza margini, costituiscono un obiettivo importante dell'unione economica e monetaria, ma ritengono che questo fine non possa essere raggiunto e assicurato in modo duraturo se non sulla base di una reale politica di equilibrio in tutta la Comunità e che l'azione essenziale che deve assicurare la coesione della Comunità durante la prima fase risieda nel rafforzamento dell'armonizzazione delle politiche economiche. Questa convergenza delle politiche economiche comporterà la limitazione delle variazioni dei corsi fra le monete europee. Questi membri si domandano se la creazione di un Fondo di stabilizzazione dei cambi sia opportuno nel corso della prima fase poiché non ritengono che sia il metodo migliore per raggiungere l'obiettivo finale di una Banca centrale europea. Non vi è dubbio alcuno che nella fase finale la Comunità dovrà essere dotata di un organo centrale autonomo paragonabile alla Federal Reserve Board degli Stati Uniti; inoltre appare loro opportuno preparare, durante la prima fase, una revisione del Trattato necessaria a rendere possibile la creazione di una tale istituzione.
Il mercato dei capitali La liberalizzazione dei movimenti di capitali all'interno del Mercato comune è attualmente in ritardo in rapporto a quella degli altri fattori di produzione. Occorre, dunque, prendere delle nuove misure e in particolare, come primo passo, fissare un limite di liberalizzazione per le emissioni dei valori mobiliari da parte dei residenti degli altri Paesi membri. Allo stesso tempo sarebbe opportuno intraprendere un'azione di armonizzazione nei settori più tecnici, in particolare per quanto concerne le norme che regolano gli intermediari finanziari, le condizioni di finanziamento delle borse, gli strumenti giuridici delle transazioni finanziarie, l'incoraggiamento al risparmio, la realizzazione del diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi per le banche e gli istituti finanziari. Gli Stati membri dovranno procedere, in questa prospettiva, a delle consultazioni regolari sui movimenti di capitali all'interno della Comunità e nei confronti dei Paesi terzi e iniziare una concertazione delle politiche nazionali in questa materia.
Gli altri settori È indispensabile continuare l'azione intrapresa nei diversi settori, ad esempio: la soppressione degli ultimi ostacoli agli scambi comunitari, un inventario degli aiuti e sovvenzioni la cui armonizzazione è necessaria per una libera concorrenza, il confronto dei criteri per la concessione delle sovvenzioni destinate a favorire certe regioni o industrie, l'applicazione di una politica commerciale comune conforme al Trattato, la messa a punto e l'adozione dello statuto di una società europea.
VI. Conclusioni Il Gruppo sottolinea che le scadenze fissate per la presentazione di questo primo rapporto non gli hanno permesso di definire la sua posizione su tutti gli aspetti dell'elaborazione di un piano a scadenze. Il Gruppo è d'accordo nel ritenere che il punto di partenza del processo da avviare va ricercato nel completamento delle azioni indicate nel memorandum della Commissione trasmesso al Consiglio il 12 febbraio 1969. Ciò implica che il Consiglio deliberi, prima della fine del 1970, sulla definizione di orientamenti quantitativi a medio termine e sull'istituzione del concorso finanziario a medio termine. L'obiettivo finale, fissato dalla Conferenza dei capi di Stato e di governo, è apparso come un obiettivo realizzabile nel decennio in corso, purché riceva un appoggio politico permanente da parte dei governi. L'unione economica e monetaria significa che le principali decisioni di politica economica saranno prese a livello comunitario e che quindi i poteri necessari saranno trasferiti dal piano nazionale a quello comunitario. Essa potrà condurre all'adozione di una moneta unica, che garantirà l'irreversibilità dell'impresa. Fra il punto di partenza e quello d'arrivo, numerose sono le azioni che dovranno essere svolte parallelamente e progressivamente su diversi fronti. Talune azioni implicano una modifica del Trattato di Roma, i cui lavori preparatori occorre siano terminati con esito positivo sin dalla prima fase. Le disposizioni attuali, tuttavia, già permettono progressi sostanziali. La prima fase dovrà iniziare il 1 ° gennaio 1971 ed essere realizzata entro un determinato periodo di tempo; da un punto di vista tecnico, il Gruppo ritiene appropriata una durata triennale. Questa fase sarà destinata a conferire un'operatività crescente agli strumenti comunitari e a segnare un inizio d'individualità della Comunità nell'ambito del sistema monetario internazionale. La prima fase non può essere considerata di per se stessa come un obiettivo. Essa è indissociabile dall'intero processo d'integrazione economica e monetaria e deve pertanto essere avviata con la determinazione di raggiungere l'obiettivo finale. Il Gruppo è unanime nel raccomandare per questa prima fase un rafforzamento delle procedure di consultazione, secondo metodi che sono ancora da determinare. Esso raccomanda inoltre che le politiche di bilancio degli Stati membri siano attuate in funzione degli obiettivi comunitari, che si proceda a una certa armonizzazione della fiscalità, che le politiche della moneta e del credito siano fortemente coordinate e che sia intensificata l'integrazione dei mercati finanziari. La Comunità dovrà progressivamente adottare posizioni comuni nelle relazioni monetarie con i Paesi terzi e con le organizzazioni internazionali; in particolare, essa non dovrà avvalersi, nelle relazioni di cambio fra Paesi membri, di eventuali disposizioni che permettano una maggiore elasticità del sistema internazionale dei cambi. Circa l'opportunità di dotare la Comunità, già nella prima fase, di un regime specifico di cambi e circa i mezzi da adottare a tale effetto, le scelte restano aperte. Taluni membri del Gruppo sono favorevoli a una riduzione, anche limitata, delle fluttuazioni di cambi fra monete della Comunità. Essi ritengono che questo obiettivo potrà essere raggiunto mediante la creazione di un Fondo di stabilizzazione dei cambi ovvero grazie a interventi coordinati delle banche centrali sul mercato dei cambi. La creazione di tale Fondo avrebbe una sua giustificazione anche qualora i margini di fluttuazione non fossero ridotti. Altri membri ritengono invece che la solidarietà monetaria debba seguire l'armonizzazione delle politiche e delle situazioni economiche e non risultare quindi da azioni monetarie specifiche, da essi considerate, nella prima fase, premature e troppo rischiose. In conclusione,
il Gruppo suggerisce che le linee direttrici dinanzi esposte siano approvate, che le scelte fondamentali ancora da effettuare siano esaminate e che il Consiglio gli dia gli orientamenti necessari per il proseguimento dei suoi lavori. |
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Europa: « Rapporto, sulla realizzazione per fasi dell'unione economica e monetaria della Comunità», di Pierre Werner, 30Giorni, N.5 - Maggio 1998