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di
Vincenzo La Gamba
A
volte scrivere sul Natale appare scontato. Rivivere
invece l'essenza della Festa del Natale è tutta un'altra
cosa. Umberto Di Stilo, giornalista professionista, ce la
racconta con un intreccio di ricordi che poi diventano un
segmento di vita concreta. Di Stilo, nativo di Galatro
(Reggio Calabria) lo fa con stile sobrio, lucidità di
linguaggio e profondo sentimento.
L'autore
fa diventare il Natale di ieri, fatto di tradizioni
popolari, di spensieratezza, di devozione e fede, il Natale
di oggi (che, ahinoi!, è oggetti di sfarzi e sprechi
dell'odierna società consumistica) con acume e slancio
umano. Di Stilo racconta, attraverso l'arco di mezzo secolo,
diverse festività del Natale da un mosaico di storie in
"un mare incantato di ricordi" della sua Galatro.
Del suo mosaico natalizio fanno parte: l'allestimento del
presepe, come intima partecipazione e devozione verso Gesù
Bambino; la cena di Vigilia, come riunione familiare festosa
ed allegra, a base di pesce, stoccafisso, baccalà, zeppole,
cavolfiore e tredici varietà di frutta sul tavolo; la
tombola, come gioco e svago attorno a cui si formano grandi
comitive di amici e parenti; torrone, sussumelle, necatuli,
pitte di San Martino, pane (il "Natalino" fatto
con le mani da sua madre) come vuole la tradizione dopo il
pranzo di Natale; il vecchio "pasturaru" di
Seminara che a 92 anni suonati modella i pastorelli del
presepe, inteso come sublime tradizione folkloristica
calabrese; il valore dell'amicizia, inteso come sentimento
genuino rafforzato dalla ricorrenza della festività; le
nenie natalizie, come mezzo portatore di pace e letizia,
attraverso i suoni dello zampognaro "Cicciuni" e
del suonatore di zufolo ('a pipita); la Messa dell'aurora
con il "Tu scendi dalle stelle" e "Nella
notte placida", come ringraziamento al Salvatore che
della Festa del Natale è l'assoluto protagonista (anche se
oggi non è così) nelle sembianze di ambasciatore di pace e
serenità nei cuori dei "Galatresi".
Ma
una storia emerge su tutte. Quella del "Giovane
dagli occhi di cielo", ambientata magistralmente nella
bottega del padre calzolaio, Mastro Ciccio, artista della
scarpa su misura che nel lontano 1925 creò e realizzò un
paio di scarpe per la Regina Elena di Savoia.
Di
Stilo racconta di una vigilia di Natale. Le commesse del
padre superavano di gran lunga quelle di tutti gli altri
anni, tanto che gli erano rimaste tre consegne incomplete.
Sul tardi un giovane forestiero si presenta per farsi
aggiustare la scarpa destra. Mastro Ciccio prima rifiuta,
poi ripara la scarpa al giovane dicendo: "Appena vai in
chiesa prega Gesù Bambino che mi dia l'aiuto necessario per
completare le mie consegne…".
Trascorsi
alcuni minuti, Mastro Ciccio riprende il lavoro e si
accorge che le tre paia di scarpe da consegnare erano già
belle e pronte; perfino lucidate. Si reca in chiesa per la
Messa. Cerca del giovane. Non lo trova. Quando il prete
adagia la statua di Gesù Bambino in un cestino di vimini,
pieno di paglia, Mastro Ciccio, frastornato e con il cuore
in tumulto, si inginocchia e, istintivamente, alza la mano
destra a segnarsi il petto. A fargli visita non era stato un
giovane forestiero con gli occhi di cielo ma Gesù Bambino
dal volto radioso e bello, con l'espressione sorridente e
con i capelli color dell'oro.
I
racconti teneramente espressivi hanno una carica
umana e fanno rivivere inconsciamente, a chi risiede negli
Stati Uniti, ricordi di Calabria sopiti, ma mai dimenticati.
"Il
mio Natale" (pp.204, Edizioni Proposte, Nicotera,
2001, Lire 25.000), piccolo gioiello letterario che brilla
di luce propria, è soprattutto il testamento di Umberto Di
Stilo alle tre figlie Tiziana, Nadya, Sabrina, a cui egli ha
dedicato il libro, che del suo "sentire Natale saranno
le continuatrici".
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