Arnold e il ritorno di Hillary |
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di
Lorenzo Albacete L’elezione a governatore di Arnold Schwarzenegger (viene da chiedersi quanti californiani riusciranno mai a scrivere correttamente il suo nome) disturba tanto i democratici quanto i repubblicani. Disturba i repubblicani perché Schwarzenegger sembra incarnare la sintesi tra le due grandi componenti della attuale coalizione di governo, cosa che ne mette in pericolo l’influenza. Il partito repubblicano è oggi costituito da una difficile coalizione tra i repubblicani “tradizionali” (ricchi direttori esecutivi provenienti da grandi famiglie impegnate nella politica per proteggere i loro interessi ma anche in nome della virtù civica), i cristiani conservatori disgustati dai programmi culturali della sinistra (femminismo radicale, diritti degli omosessuali, aborto, etc.) e i famosi “neocon” (perlopiù ebrei e cattolici) interessati in particolare alla politica estera. Il presidente Bush rappresenta il punto di intersezione di queste componenti: legato alla nobiltà repubblicana tradizionalista attraverso suo padre, fedele alla politica estera dei neocons, e d’accordo, grazie alla sua fede, con l’opposizione dei cristiani al liberalismo culturale. Come si inserisce Terminator in questo quadro? Non è membro di una tradizionale famiglia americana, la sua ricchezza non deriva dal “vecchio denaro”, è favorevole al programma culturale liberal, e sembra non avere alcun interesse per la politica estera. Le sue armi sono lo star power, la popolarità, un’immagine aggressiva e il riconoscimento nazionale. Ma allora, cosa significa essere repubblicano? Disturba i democratici perché è un governatore repubblicano in uno Stato democratico e potrebbe spingere la tradizionale base elettorale democratica a pensare che essere governati dai repubblicani non sia poi tanto male. Dato che i dieci candidati presidenziali del partito democratico non sono capaci di attirare l’interesse del pubblico (una buona parte di democratici non conosce nemmeno i loro nomi), la vittoria di Arnold gli ricorda che soltanto un candidato dotato dello stesso star power potrà sconfiggere il presidente Bush il prossimo anno. Se questa diventerà la tesi dominante all’interno del partito democratico, rimane un solo candidato possibile: Hillary Clinton. La quale sta aspettando il 2008 prima di candidarsi alla presidenza perché ritiene che non sia possibile battere Bush nel 2004. Ma se viene invocata per “salvare il partito”, può anche rischiare di candidarsi per il 2004 perché, se dovesse perdere, potrà semplicemente dire di essere stata chiamata troppo tardi. |
Lo spirito della democrazia: «Arnold e il ritorno di Hillary» di Albacete Lorenzo, New York Times - Tempi, Numero: 42 - 16 Ottobre 2003