L’americanismo contemporaneo di Bush |
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di
Lorenzo Albacete Senza dubbio, l’evento che ha catalizzato l’attenzione di milioni di americani la settimana scorsa è stato lo spettacolare atterraggio del presidente Bush sulla portaerei Abraham Lincoln per annunciare alla Nazione la fine delle “operazioni militari” in Irak. Non so quale uomo politico non avrebbe pagato milioni di dollari pur di essere visto da milioni di persone come Bush, mentre co-pilotava l’aereo che è atterrato sulla nave americana, ancora vestito con la tuta da pilota, in mezzo a ufficiali e marinai che tornavano a casa dal fronte dopo dieci mesi di assenza. A sera, sullo sfondo del tramonto sul Pacifico e con più di cinquemila fra marinai ed ufficiali in divisa sull’attenti (che applaudivano entusiasticamente ad ogni pausa), il Presidente ha trasmesso il suo discorso al popolo americano, insistendo sul fatto che la guerra in Irak è stata solo «una battaglia» della guerra contro il terrorismo. Altre seguiranno. Benché il presidente abbia fatto appello alla sicurezza nazionale e alla difesa quali ragioni della guerra, egli ha reso abbondantemente chiaro che il cambiamento di cui gli Stati Uniti avevano bisogno per sentirsi sicuri, il cambiamento che la sua politica militare doveva servire, era ad un livello molto più profondo di quello militare. «La libertà per la quale gli americani combatteranno» ha detto, «è la libertà per la quale Dio ha fatto il cuore di ogni singolo essere umano sulla Terra». L’occasione e il discorso si sono rivelati “americanismo contemporaneo” al suo stato più puro. C’è stato l’onnipresente linguaggio religioso misto a forti emozioni patriottiche messi al servizio di una teoria politica di origine interamente secolare. I consiglieri “intellettuali” dell’amministrazione sono i seguaci del filosofo Leo Strauss, un ebreo immigrato dalla Gemania nel 1938, forte sionista, professore all’Università di Chicago, morto nel 1973. Egli pensò al modo di evitare i “rischi della storia” - quali la minaccia di sterminio del suo popolo - che gli intellettuali occidentali non avevano saputo riconoscere. «Per rendere il mondo sicuro per le democrazie occidentali», scriveva, «occorre renderlo tutto democratico». Le sue teorie sono state politicizzate dai discepoli del filosofo Alan Bloom, i cui discepoli sono tra i più influenti consiglieri dell’amministrazione Bush. Di conseguenza, l’attuale politica estera americana è sostenuta da una convinzione filosofica rivestita di linguaggio religioso, e appoggiata da gente di fede, fortemente devota, che non ha però la minima idea delle origini non cristiane della politica che sostiene. |
Lo spirito della democrazia: «L’americanismo contemporaneo di Bush» di Albacete Lorenzo, New York Times - Tempi, Numero: 19 - 8 Maggio 2003