Lo spirito
della
democrazia

«La war fever confonde gli Usa»

 
di Albacete Lorenzo


Questi i risultati degli ultimi sondaggi: il 66% degli americani è a favore di un’azione militare in Irak per togliere il potere a Saddam Hussein; il 29% non è d’accordo con la politica di Bush. Fra quelli a favore, il 90% è di repubblicani e il 46% di democratici, mentre fra chi è contro, un altro 46% è di democratici e solo il 7% è repubblicano. È interessante notare che i democratici si sono spaccati esattamente a metà, cosa che sembra impedire ai loro politici di prendere una chiara, concreta posizione sulla guerra, ed esercitare così un’effettiva pressione politica sul presidente. Fra quelli che appoggiano il presidente, 72% sono uomini, 60% donne, mentre quelli contro sono il 25% uomini e il 33% donne. Questo non è considerato un problema per il presidente, che anche in altri ambiti è più popolare tra gli uomini che tra le donne. Curiosamente, a dispetto di questo deciso appoggio agli obiettivi dell’amministrazione governativa, il 59% della popolazione pensa che gli Usa dovrebbero dare più tempo alla diplomazia per trovare una soluzione per evitare la guerra, mentre solo il 37% vuole che l’azione militare cominci il prima possibile. Fra quelli che vogliono aspettare ancora, il 79% sono democratici (non sorprende) mentre il 38% sono repubblicani (un po’ di più di quanto ci si aspettasse) Questi ultimi sono infatti quei repubblicani che temono le conseguenze economiche della guerra, ed i conservatori che rifuggono qualsiasi coinvolgimento in affari stranieri. Quando è stata ventilata la possibilità di cospicue perdite civili irakene, la percentuale di persone a favore dell’azione militare è caduta dal 66% al 46% mentre quella di chi è contro è salita dal 40 al 45%. Da qui le frequenti rassicurazioni dell’amministrazione sul fatto che le nuove tecnologie riducono significativamente la possibilità di vittime civili. Infine, alla domanda se le armi di distruzione di massa irakene rappresentino così una minaccia da ritenere assolutamente necessaria un’immediata azione militare, solo il 46% pensa di sì, mentre circa lo stesso numero (44%) ritiene che il pericolo possa essere contenuto, almeno per ora, con continue ispezioni Onu. Il Presidente dice che lui non attribuisce valore ai sondaggi, ma i suoi consiglieri politici sì, e questo dimostra loro che non c’è una “febbre della guerra” negli Stati Uniti, e che se l’azione militare avesse immediato successo, Bush avrebbe dei seri problemi di ri-elezione. Nel frattempo, qualche osservatore si domanda anche se (almeno parzialmente) gli imminenti messaggi televisivi (previsti per questa settimana dal nuovo Dipartimento per la Sicurezza della Patria) con le indicazioni di come prepararsi per eventuali attacchi terroristici, non facciano parte della propaganda domestica pro-guerra. E tutto ciò rende il popolo americano sempre più confuso.
 
 

Lo spirito della democrazia: «La war fever confonde gli Usa» di Albacete Lorenzo, New York Times - Tempi, Numero: 9 - 27 Febbraio 2003