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di Albacete
Lorenzo
Continua
la discussione sullo scandalo degli abusi sessuali ai danni
di minori compiuti da alcuni preti cattolici americani.
L’ala “liberal” della Chiesa vive questo momento come
la grande occasione per promuovere un’agenda
progressista, basata su
quattro proposte: l’eliminazione del celibato,
l’ordinazione sacerdotale delle donne, l’accettazione
dell’omosessualità, l’abbraccio del diritto
all’aborto e della contraccezione. Un
programma che impone il completo ripensamento del ruolo
dell’autorità all’interno della Chiesa.
L’insabbiamento delle responsabilità ordinato dai
vescovi, più ancora della cattiva condotta dei preti, ha
scioccato e indignato i fedeli cattolici. E oggi il
problema reale della gerarchia non è quello di difendere le
proprie posizioni sulla dottrina, ma di trovare il modo per
riconquistare un’autorità ormai perduta. I vescovi
cattolici statunitensi sono diventati credibili quanto i
politici.
Poi ci sono i cattolici “conservatori”. Per loro,
questo scandalo si deve ad una e ad una sola causa:
l’influenza omosessuale all’interno del clero. Molti
invocano perciò una crociata contro preti e seminaristi
presunti omosessuali, fino al punto da mettere in
discussione la validità della loro ordinazione. D’altra
parte poche voci laiche (tra le poche, Kenneth Woodward, il
commentatore di argomenti religiosi del settimanale Newsweek)
hanno messo in guardia l’America dal pericolo di una
nuova ondata di pregiudizio anticattolico. Alla quale
potrebbe contribuire anche chi, cattolico, strumentalizza
questa crisi per affermare una propria concezione della
Chiesa. In effetti, alcuni giornalisti miei amici sono
persuasi che restino ancora da portare a galla certi aspetti
della vicenda capaci di coinvolgere uomini molto in alto
nella gerarchia. E non escludono la possibilità di un
vescovo o un cardinale condotto in galera. Fino a poco tempo
fa, per un politico che avesse fatto arrestare un cardinale
o anche un vescovo sarebbe stato impensabile avere un
futuro. Ora non lo è più.
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