Lo spirito
della
democrazia

Bush meno bipartisan (e con Israele)


Sta crescendo l’opposizione dei conservatori alla politica di George W. Bush.

di Albacete Lorenzo



Sta crescendo l’opposizione dei conservatori alla politica di George W. Bush. In effetti, i conservatori del Partito Repubblicano non si sono mai fidati fino in fondo della famiglia del Presidente. A dispetto del legame col Texas, la sensazione è che il cuore dei Bush batta per quella finanza Repubblicana del Nord Est che non condivide né la riscoperta della morale oggettiva, né il programma antistatalista. Se i finanzieri Repubblicani sono sostanzialmente internazionalisti, i conservatori sembrano piuttosto isolazionisti. E hanno deciso di appoggiare Bush II nella speranza che fosse un uomo diverso dal padre (ma certamente anche come il minore di due mali rispetto ad Al Gore). Durante la campagna elettorale, George W. Bush ha fatto di tutto per convincerli di essere uno di loro e molti gli hanno creduto. Oggi quei conservatori che non l’hanno votato dicono: “Ve lo avevamo detto”.


Il disappunto nasce dalla politica interna del Presidente, che sembra cedere al programma del Partito Democratico e appare troppo incline al compromesso. L’aumento dei finanziamenti federali per l’educazione, la firma della “legge sulla riforma della campagna elettorale” (che fissa un limite ai contributi dei “comitati di azione politica” per quei candidati che si dimostrano disposti a promuovere i loro programmi), l’istituzione di un nuovo ente burocratico federale, quello per la sicurezza negli aeroporti, sono questi i provvedimenti che – almeno a detta di alcuni – hanno svelato i veri interessi del Presidente.


Anche in politica estera, se la maggioranza degli americani è soddisfatta del Presidente-Comandante supremo nella guerra contro il terrorismo, c’è preoccupazione per l’apparente incoerenza di Bush quando si oppone ad un Israele che vuole combattere la propria battaglia contro i terroristi senza alcun compromesso. I discorsi presidenziali di questa settimana che invocano, con eloquenza e fermezza, la messa al bando della clonazione umana in tutte le sue forme, costituiscono invece quel genere di iniziative capaci di convincere i conservatori che, in fondo, il Presidente è ancora “uno di loro”. Tuttavia quegli stessi conservatori ammoniscono Bush perché non dia per scontato il loro appoggio e le loro critiche sono assai più rumorose. Intanto è tornato a galla Gore che, viaggiando per il Paese, critica il Presidente, ma i Democratici – perlomeno fino ad oggi – non hanno dato ancora alcun segnale di volerlo come loro leader. Anche Clinton è tornato sulla scena, facendo capolino qua e là, tanto per tastare le acque, smanioso di venir accettato e perdonato, ma i cittadini americani mostrano di non volerlo prendere in considerazione, se non nelle battute di spirito.

di Albacete Lorenzo, New York
Tempi, Numero: 16 - 18 Aprile 2002