Lo spirito
della
democrazia

I conservatori e il Presidente


Uno dei barometri più indicativi dell’opinione pubblica statunitense è il gran numero di talk show radiofonici nazionali e locali. Il più popolare è quello condotto da Rush Limbaugh

di Albacete Lorenzo



Uno dei barometri più indicativi dell’opinione pubblica statunitense è il gran numero di talk show radiofonici nazionali e locali. Il più popolare è quello condotto da Rush Limbaugh, un conservatore che si è assunto il compito di educare gli statunitensi ai princìpi della tradizione conservatrice. Umorista, Limbaugh stigmatizza tutti i giorni e in tutto il Paese gli errori e i peccati di quei Democratici e di quei progressisti che letteralmente lo odiano. Eppure non è affatto un ideologo fanatico; anzi, ha ben presente la necessità della tattica politica e a volte addirittura dei compromessi. «Ciò che importa è vincere le elezioni», afferma. «Senza vittoria non c’è potere, e quindi, ancorché giusti, senza potere i princìpi che si professano risultano inservibili». Per questo Rush difende energicamente il presidente George W. Bush dai sospetti di quel gran numero di conservatori che non lo reputano uno di loro e che lo definiscono mero strumento della camarilla Repubblicana fra ricchi e potenti. È quindi interessante prestare attenzione ai sentimenti di preoccupazione espressi da Limbaugh nelle scorse settimane circa la fedeltà al programma conservatore mostrata dal presidente e alle sue affermazioni circa il fatto che quanto i partigiani di Bush definiscono in termini di necessario compromesso sia solo una vera e propria capitolazione nei confronti di progressisti e Democratici.


Grande supporter del modo in cui Bush sta conducendo la guerra al terrorismo (una causa trasversale a tutto lo spettro politico statunitense), Limbaugh ritiene che il presidente non voglia sacrificare parte della sua popolarità per difendere l’agenda conservatrice in politica interna. Qualche esempio? L’appoggio presidenziale alla legge sulla scuola che ha aumentato sia la spesa sia l’interferenza governativa nel comparto educativo; l’avere accettato la creazione di una nuova burocrazia federale di agenti addetti alla sicurezza aeroportuale; la volontà di stimolare l’economia attraverso l’aumento della spesa nazionale; e la debole opposizione alla riforma della legge elettorale varata dal Congresso, che riduce in modo drastico la possibilità dei vari gruppi d’interesse di finanziare l’elezione di candidati politici graditi.


È chiaro che, avvicinandosi le elezioni per il rinnovo del Congresso, i conservatori sono preoccupati che la popolarità di Bush possa non tradursi in voti per i loro candidati. Invece di cercare di dimostrare che i Democratici si sbagliano quando lo giudicano sì un grande leader in guerra, ma un uomo assolutamente incapace di risolvere i problemi interni, i conservatori pensano che Bush dovrebbe opporsi ai suoi avversari scendendo sul campo della politica nazionale onde dimostrare come la loro sia una condotta irresponsabile e di fatto incoerente con gli sforzi bellici profusi oggi dalla nazione. Ai conservatori i Bush non sono mai piaciuti, radicati come sono (nonostante tutte le loro pretese di essere texani) nel sistema di potere Repubblicano del Nordest. E oggi si stanno chiedendo se l’attuale presidente Bush non sia semplicemente solo un altro Bush.

di Albacete Lorenzo, New York
Tempi, Numero: 12 - 21 Marzo 2002