Giuseppe
Blasi:

La Divina Commedia

Alighieri parla calabrese

Il poema dantesco tradotto in dialetto da Giuseppe Blasi e curato da U. Di Stilo, verrà presentato sabato (20 aprile 2002) a Laureana.



Anche la Calabria, ha la 'sua' versione dialettale della Divina Commedia. L'ha scritta negli anni trenta il sacerdote-poeta di Bellantone Giuseppe Blasi e, rimasta inedita fino ad oggi, è stata recentemente pubblicata grazie alla caparbietà di Umberto Di Stilo che, ultimo alunno del Poeta, per circa trent'anni è andato alla ricerca del prezioso dattiloscritto, e quando finalmente l'ha trovato, ha provveduto ad annotarlo (poco meno di seimila note rendono l'opera un valido sussidio anche per gli studenti delle scuole superiori) e attraverso la sua pubblicazione (Pellegrini Editore, Cosenza) l'ha consegnato alla cultura calabrese. L'opera, pubblicata col patrocinio del Comune di Laureana che ha inteso, così,  onorare la figura del sacerdote-poeta Blasi, uno dei suoi figli migliori, sarà presentata sabato pomeriggio nei locali del "Cinema Aurora".


Il programma prevede il saluto introduttivo della dott.ssa Maria Adele Maio, Commissario straordinario al Comune e, dopo l'intervento dell'editore Walter Pellegrini, le relazioni del curatore Umberto Di Stilo (che riferirà su Blasi sulla sua produzione poetica e, nello specifico, sulla Divina Commedia) e dei due professori universitari che nel volume "firmano"  rispettivamente la "nota critica" e la "nota linguistica": il prof. Ugo Vignuzzi docente di Dialettologia italiana alla "Sapienza" di Roma (che soffermerà la sua attenzione sulla liricità della Divina Commedia del poeta di Laureana) e il prof. Paolo Martino dell'università LUMSA di Roma (che relazionerà sugli aspetti linguistici dell'opera di Blasi).  Presenzierà ai lavori l'assessore regionale alla cultura on.le Saverio Zavettieri.


Giuseppe Blasi, sacerdote-poeta di Bellantone di Laureana di Borrello (1881 - 1954) pur avendo scritto migliaia di componimenti in lingua ed in vernacolo, è ancora conosciuto solo negli ambienti degli "addetti ai lavori" perché la sua produzione letteraria è rimasta quasi completamente inedita. Anche la Divina Commedia sarebbe rimasta seppellita nei cassetti se Umberto Di Stilo, con decisione e caparbietà, per diversi anni non fosse andato alla ricerca del prezioso dattiloscritto e non avesse ottenuto dagli eredi la necessaria autorizzazione a pubblicarla. Ne è venuto fuori un volume elegante nell'aspetto (è rilegato in tela e pelle con caratteri impressi in oro) e prezioso nei suoi contenuti. Scrive il Curatore che "la versione che di quest'opera immortale ci ha lasciato il sacerdote-poeta di Bellantone non è il risultato di un esercizio del solito abile verseggiatore; è, piuttosto, l'interpretazione fedele che del Poema dantesco, attraverso i suoi fluidi e musicali endecasillabi, ha voluto offrire ai suoi concittadini (e corregionali) un poeta dotato di grande sensibilità artistica. E molti brani - nella sua versione dialettale - acquistano una tale efficacia ed espressività da superare l'originale dantesco. Inoltre, la sua traduzione-interpretazione è fedele al testo italiano perché - pur conoscendo il pensiero del Monti, secondo il quale bisognava «sempre accordare ad un traduttore la libertà di allontanarsi dal rigore del testo, fuorché dalle idee fondamentali» - Blasi non si è mai abbandonato ad interpretazioni personali ed arbitrarie come, invece, aveva fatto qualche altro che, per schivare i passi difficili ha rischiato di trascurare o di alterare le idee di Dante".


Questa di Blasi e' la prima, completa e fedele "traduzione" del poema dantesco nel dialetto calabrese della provincia reggina (nel dialetto cosentino c'è quella di Salvatore Scervini) e la sua pubblicazione, come evidenziato dal Curatore nell'Introduzione, oltre a rappresentare un evento per la poesia dialettale calabrese, costituisce una inesauribile ed importantissima fonte di studio per i glottologi e per i dialettologi. Di Stilo, sottolinea, infatti, che la lingua usata da Blasi è quella parlata dal popolo negli anni trenta, ricca di sfumature lessicali e di lemmi ormai quasi del tutto scomparsi e finora sconosciuti alla lessicografia calabrese e, come tali, dallo stesso puntualmente segnalati nelle interessanti note linguistiche, morfosintattiche, storiche ed etimologiche che arricchiscono la pubblicazione e che la rendono prezioso ed insostituibile libro di testo per gli studenti calabresi.


Così facendo Di Stilo ha assecondato e favorito
la volontà di Blasi che ha reso in dialetto l'opera pensando agli "umili popolani che conoscono bene solo il proprio dialetto e, pur avendo ingegno per l'Arte, non assimilerebbero mai altrimenti quel gran tesoro di dottrina morale che è nella Divina Commedia" ma anche agli studenti ai quali sarebbe stata probabilmente utile "una versione dialettale scrupolosamente fedele, anche nelle sfumature, del pensiero dantesco".


Va doverosamente evidenziato, inoltre, che il volume è stato corredato di un "lessico" curato dal prof. Paolo Martino, docente di Linguistica e Glottologia presso l'Università "LUMSA" di Roma, che favorisce l'approccio al poema dantesco anche a chi ha poca dimestichezza col dialetto usato da Blasi.


Il volume è, inoltre, arricchito di una 'nota critica' scritta da Ugo Vignuzzi, dell'Università "La Sapienza" di Roma.


Un'opera, dunque, questa di Blasi, che mancava alla cultura calabrese e la cui pubblicazione rende merito all'Autore che ad essa dedicò diversi anni di lavoro (ininterrottamente dal 1930 al 1938), e che - meritatamente - lo inserisce nel ristretto novero dei grandi poeti calabresi accanto al Conia ed al Martino, ad Ammirà ed a Butera, a Mastru Brunu ed a Nicola Giunta.

il Quotidiano della Calabria, pag. 48 (Cultura)
giovedì 18 aprile 2002

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