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Note di viaggio di un devoto gagliatese

al Frate taumaturgo del Gargano

Quei giorni in cui conobbi

San Pio da Pietrelcina

 

di Grazio Pitaro

 

Nel dicembre del 1950, approfittando della pausa natalizia, poiché insegnavo, decisi di recarmi nelle Puglie e precisamente a San Giovanni Rotondo in quel di Foggia, presso il convento dei frati cappuccini sul Gargano.

Partii dal mio paese (Gagliato) che era passato da poco Natale, e, dopo un viaggio estenuante, scesi dal treno alla stazione di Foggia; qui noleggiai un taxi che mi condusse a destinazione.

Giunto al convento, una folla si assiepava attorno. Dopo aver dato di sfuggita un'occhiata al grandioso ospedale «Casa Sollievo della Sofferenza» costruito con il contributo dei fedeli di tutto il mondo, e che allora ospitava circa seicento degenti, entrai in chiesa per pregare; quindi mi recai in albergo per prenotare una stanza. A dire il vero, trascorsi una notte insonne subendo i rigori dell'inverno, e, impaziente, ero in attesa che sorgesse l'alba per assistere alla messa di Padre Pio.

Erano le cinque del mattino, e, ancora tra il lusco e il brusco, mi diressi al convento; fui subito in chiesa, la quale era già gremita di fedeli in devoto raccoglimento ed in un contegno edificante.

Padre Pio, dal volto prettamente ieratico, rigato di lacrime e con i segni tangibili della sofferenza, si accinse a celebrare la messa che durò due ore: dalle cinque alle sette. La fronte imperlata di sudore e rigata da solchi profondi, con il viso coperto di grinze. Egli sembra va rapito in estasi; soprattutto al momento della consacrazione della specie eucaristica, e pareva avesse un abboccamento con Dio. Furono momenti di commozione e di riflessione.

Terminata la messa, impartì la benedizione e, provato dalla sofferenza per le stigmate alle mani, al costato ed ai piedi, a stento si avviò in sacrestia ed ivi depose i paramenti sacri. Feci di tutto per avvicinarlo, e fu proprio in sacrestia che ebbi la possibilità, da me tanto agognata, di rivolgergli un'invocazione: «Padre, datemi la santa benedizione prima che io riparta alla volta della Calabria» gli chiesi. Ed Egli, ponendomi una mano sulla spalla: «Dio ti benedica!».

Rimasi un po' esterrefatto, perplesso, perché me lo disse con un tono che io credetti fosse venato di qualche allusione, e mi lambiccai il cervello per carpirne il vero significato. Mi rasserenai però all'istante, poiché intuii subito che Padre Pio volle farmi intendere il suo disappunto per il fatto che non avevo chiesto di confessarmi. Pur consapevole di ciò, dovetti disdire la prenotazione, assalito dalla fretta di ritornare a casa per essere puntuale il 7 gennaio, giorno della riapertura delle scuole.

Lasciai San Giovanni Rotondo, oasi di pace e di serenità di spirito, con l'intenzione di ritornarvi. Anni dopo, ed esattamente nell'agosto del '65, decisi di rivedere Padre Pio, viepiù ispirato da quella fede che animò San Paolo convertitosi sulle vie di Damasco: «Sine fide impossibile est piacere Deo». Intrapresi il viaggio con un caldo asfissiante, sotto la sferza implacabile della canicola e del sole torrido d'agosto. Arrivato che fui a destinazione, stanco dal viaggio, per fortuna trovai una stanza vuota in albergo. Non un alito di vento che potesse smorzare la calura ed apportare un che di refrigerio si udiva dintorno. La mattina, svegliatomi di soprassalto allo squittio indiscreto degli uccelli, mentre una nuvolaccia apparsa improvvisa si accingeva ad offuscare il cielo, ebbi la sensazione di trovarmi in un paradiso terrestre. Mi diressi al convento dove Padre Pio stava celebrando la messa assai per tempo, come di consueto.

Nel pomeriggio riuscii, tramite una persona alquando influente in convento e che ebbi modo di conoscere, ad ottenere un biglietto di prenotazione; la qualcosa mi permise di confessarmi. Dopodiché vincendo autosuggestione ed emotività, effettuai una breve passeggiata nel cortile circostante il convento con alcuni amici colà conosciuti.

Terminata la Santa Messa e ricevuto che ebbi la Comunione, intravedendo Padre Pio che stava per raggiungere la sua cella, mi intrufolai, non si sa come, in un varco inspiegabilmente apertosi fra due ali di folla che si agitava dattorno. Mi fu consentito, così, di conferire con Lui, consegnarGli due lettere e porGli alcune domande le cui risposte mi consolarono. A San Giovanni Rotondo, durante la mia permanenza, vissi momenti di paradiso e di tranquillità intcriore; mi sentii in tutto trasformato nel seguire le messe del Frate del Gargano. Chi ebbe modo di recarsi colà non rimase certamente deluso nel vedere Padre Pio, il grande Taumaturgo dalle stigmate, che sempre affascinò attirando a sé la folla, infondendo negli animi una ineffabile pace interiore. Padre Pio, al secolo Francesco Forgione, nacque a Pietrelcina (BN) nella vecchia casa di vico Storto 27, umile dimora di contadini, alle cinque del matttino del 25 maggio 1887, un mercoledì. Il giorno successivo il padre Grazio, «zi' Grazio», e la madre Maria Giuseppa De Nunzio, si recarono al comune per registrare il neonato.

Al fonte battesimale gli imposero il nome di Francesco. Solo allorquando divenne sacerdote dell'ordine dei minori adottò il nome di Padre Pio da Pietralcina; quest'ultima annotazione fin a qualche tempo fa era obbligatoria aggiungerla al proprio nome, poiché così prescriveva la regola monastica. Quella mattina in cui Francesco Forgione vide la luce, la levatrice Grazia Formichelli sollevandolo per aria esclamò: «Giuseppa, il bimbo è nato in velo bianco ed è un buon segno; egli sarà grande e fortunato». Già d'allora sembrò che lo Spirito Santo avesse voluto dare un segno tangibile dei suoi alti criteri, ponendo sulla bocca di quella umile levatrice un così veritiero vaticinio. Padre Pio ricevette le stigmate il 20 settembre del 1918 mentre nel coro recitava l'Ufficio con gli altri confratelli.

Egli operò un'infinità di miracoli a persone presenti e lontane, tramite la bilocazione ed il suo flusso di asceta. Fu il «burbero benefico» che sotto modi apparentemente scontrosi e bruschi, celò bontà e gentilezza d'animo, avendo avuto per tutti una parola di conforto, di sprone, ma anche di ammonimento. Lenì il dolore di tanti derelitti, diseredati, e terse le loro lacrime. Padre Pio non è morto, come non muoiono i martiri e gli eroi. Per Lui non giunse l'ora del tramonto, ma sorse l'alba dell'eternità. Fu, e continua ad esserlo, sempre una sorgente di acqua viva dove si dissetarono quelli che erano avidi di affetto, di pace spirituale e di verità. Fu un lavacro costante e salutare che purificò radicalmente le coscienze.

Da Lui si recarono uomini illustri, increduli, atei, curiosi, che facendosi scudo della loro megalomania, pensavano di poterla impattare, ma non poterono che arrendersi umiliati e confusi. Dovettero inchinarsi riverenti e timorosi deponendo ai suoi piedi la loro superbia ed il loro scetticismo. Fu, il Nostro, l'intermediario, l'anello di congiunzione tra la terra e il cielo; risolvette casi insperati con guarigioni di malattie ribelli ad ogni terapia. grande dolore per il mondo cattolico.

Si spense alle 2,30 del 23 settembre del 1968, mentre invocava flebilmente il nome di Gesù e della Madonna.

Egli ci guidi, ci protegga e ci benedica dal cielo dove si canta eternamente il peana della gloria e dell'amore.

Lasciai per sempre San Giovanni Rotondo con nostalgia, mentre il cielo andava coprendosi di nubi plumbee, con immagini e sensazioni che resteranno scolpite nel mio cuore a caratteri aurei e indelebili.

 

Considerazioni

 

Durante il viaggio di ritorno da San Giovanni Rotondo, mentre scendevano le ombre della sera e le brume estive offuscavano l'orizzonte, dopo aver riflettuto a lungo e ricordando, come sempre, la netta differenza tra fumano e il divino, mi venne fatto di pensare che navighiamo in un mare travagliato dalla tempesta ed in cui imperversa la bufera della malignità.

Viviamo in un mondo sconvolto dal male, dall'odio, dalla violenza, dal malcostume, m cui l'ingiustizia tende ad avere piena supremazia ed eccellere, sovrana, sulla dignità umana.

Viene derisa la morale e si allarga viepiù la cerchia della malvagità con il boicottaggio di tutte le iniziative, con cinismo e sadismo.

Il tempo, però, mitigherà i dolori o li fa dimenticare; ristabilirà la verità, riparerà i torti, porrà un freno alla corruzione che contagia, senza tregua ed in modo invadente, gli animi; ridimensionerà i problemi.

«Tempus omnia medetur»: il tempo rimedia a ogni cosa. Ci sono fattori imponderabili, imprevedibili che modificano anche radicalmente lo svolgimento ed i risultati dei nostri progetti.

I sentimenti non prendono ordini e non c'è evento, sia pur minimo, che esca dal regolato ordine dell'universo.

Oggi, come sempre, si misconosce Dio, si mette in gioco la Sua divina esistenza da parte di gente pusillanime e che si pavoneggia di se stessa, cullandosi sugli allori, della sua gloria, della sua giustizia.

«Beati qui credunt et non vident».

Un giorno il Signore Dio scenderà dal ciclo, Giudice supremo e severo con la Sua Croce, testimone oculare delle sofferenze, con quella Croce sulla quale si consumò il più grande dramma della storia e in nome suo a Costantino arrivò la vittoria su Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio.

E sarà proprio nel giorno del Giudizio Universale che il Signore Dio pronunzierà il Suo famoso ed inconfutabile verdetto.

Concludendo queste considerazioni, non posso non convenire che la vita quaggiù è una prova, un sillogismo la cui conclusione è il Cielo. Tutto tramonta nell'oblio della terra, nel silenzio dei secoli! Perciò, niente odio né cattiveria, ma bontà, sincerità e schiettezza d'animo, con tutti.

 

1986 © Copyright by Grazio Pitaro

 

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